Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Stabilità del rapporto di lavoro, licenziamento disciplinare e valutazione della proporzionalità (di Pasqualino Albi (Prof. Associato di diritto del lavoro dell’Università di Pisa))


Il saggio muove dall’indagine sulla nozione di stabilità del rapporto di lavoro e sul principio di conservazione del rapporto di lavoro che ha radici profonde nel diritto del lavoro e nel diritto civile, radici che l’autore non ritiene rimosse dal sistema giuslavoristico per effetto delle riforme che hanno interessato l’art. 18 stat. lav. Con questa premessa il saggio esamina il quadro normativo attuale in tema di licenziamento disciplinare ritenendo, alla luce della regola generale della non scarsa importanza dell’inadempimento che legittima la risoluzione del rapporto, da ritenersi operante nel diritto del lavoro per mezzo della sua traduzione nel principio di proporzionalità fra infrazione e sanzione disciplinare, che si possa dubitare della legittimità costituzionale dell’art. 3 d.lgs. n. 23/2015.

Stability of employment, disciplinary dismissal and evaluation of proportionality

This article analysis the notion of stability of employment and of the job retention, for stating that their deep root in labour and civil law will remain even after the reform to article 18 of the workers'statute.

The author examines the current legislative framework on disciplinary dismissal questioning the constitutionality of the article 3 of the legislative decree no. 23/2015. The author’s arguments are based on the principle of proportionality between disciplinary sanction and violation and the general rule that the dismissal as a disciplinary measure is justified only when the violation is so serious that it becomes incompatible with the employee’s with the employee’s remaining in the workplace.

1. Stabilità del rapporto di lavoro e disciplina dei licenziamenti Chi scrive ha la profonda convinzione che il nesso fra stabilità del rapporto di lavoro ed effettività dei diritti del lavoratore coltivato nella dottrina giurislavoristica nella riflessione maturata intorno al paradigma dell’art. 18 stat. lav. non ha affrontato due fondamentali nodi critici. In primo luogo l’effettività piena (o alta) dei diritti del lavoratore non può essere garantita solo nei rapporti di lavoro assistiti da stabilità reale, dovendo altrimenti assumersi un contrasto palese con il principio di eguaglianza: un conto è infatti differenziare la tutela contro i licenziamenti avuto riguardo ai requisiti dimensionali dell’organizzazione datoriale, come è storicamente avvenuto, altro conto è sostenere che i diritti del lavoratore nel rapporto debbano rispondere ad un diverso grado di intensità in ragione di diversi requisiti dimensionali dell’organizzazione datoriale: tale considerazione è fattuale e non giuridica, è una presa d’atto che tuttavia non indica un percorso ermeneutico soddisfacente. In secondo luogo, considerata l’acquisizione, esplicitata dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui, la reintegrazione non è costituzionalmente imposta [1], occorre fare i conti con l’ipotesi, tutt’altro che remota, che, per via normativa, si realizzi il superamento, l’eliminazione o la residualità della tutela reintegratoria. In questa ipotesi e alla luce del nesso sopra ricordato ne dovrebbe derivare la compromissione dell’effettività dei diritti dei lavoratori: se così fosse l’intera storia del diritto del lavoro e la sua evoluzione futura dovrebbero essere affidate alle sorti della tutela reintegratoria contro i licenziamenti illegittimi, che, dunque, invece di essere regola confermativa della trama giuslavoristica sull’effettività dei diritti, sarebbe una sorta di anomalia sistematica che, da sola, ha retto, come una sorta di ponteggio precario, l’intero impianto di garanzie dei diritti del lavoratore (e solo per i rapporti di lavoro attratti nel campo di applicazione dell’art. 18 St. lav.) e che, una volta rimossa dall’ordinamento, lo lascerebbe precipitare al suolo. Occorre dunque prendere atto della debolezza e dell’ambiguità dell’assunto secondo cui l’effettività dei diritti del lavoratore trova il proprio fondamento nella stabilità del rapporto di lavoro. Queste considerazioni non hanno certo lo scopo di sminuire il senso ultimo della tutela reintegratoria ma, al contrario: (a) di prendere atto che il processo di indebolimento del terribile rimedio è il frutto di una accezione debole del rapporto di lavoro che ha finito per contaminare di sé la ratio originaria della [continua..]

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