argomento: Giurisprudenza - Corte di Cassazione
In tema di transazione, l’aliquid datum e l’aliquid retentum non sono da riferire agli effettivi diritti, ma alle rispettive pretese e, pertanto, non ci si deve interrogare sull’esistenza di un equilibrio economico tra le reciproche concessioni.
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Il principio è fondato; infatti, si è detto, “in riferimento in particolare alla interpretazione del contratto di transazione, per verificare se sia configurabile tale negozio, occorre indagare innanzitutto se, mediante l'accordo, le parti abbiano perseguito la finalità di porre fine allo "incertus litis eventus", senza che sia necessario che esteriorizzino il dissenso sulle contrapposte pretese, né che siano usate espressioni rivelatrici del negozio transattivo, la cui esistenza può anche essere desunta da una corresponsione di somma di denaro da parte del debitore, accettata dal creditore, il quale dichiari di essere stato soddisfatto e di null'altro avere a pretendere, se esprima la volontà di porre fine a ogni ulteriore contesa. I requisiti dello "aliquid datum" e dello "aliquid retentum", non sono da riferire agli effettivi diritti delle parti, bensì alle rispettive pretese e contestazioni e, pertanto, non è necessaria l'esistenza di un equilibrio economico tra le reciproche concessioni” (v. Cass. 15 maggio 2003, n. 7548).