Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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La motivazione della sentenza (di lavoro): una vita complicata (di Luigi De Angelis (Presidente della Sezione lavoro della Corte d’Appello di Genova))


L’autore esamina l’evoluzione normativa in tema di motivazione della sentenza, in particolare di lavoro, ne indica le ragioni d’efficienza riaffermandone il ruolo di garanzia, evidenzia alcune distorsioni nella pratica giudiziaria, sostiene che la motivazione “tradizionale” abbia avuto un ruolo modesto nella crisi della giustizia.

The grounds for a (labour) judgment: a complicated life

The author examines hereto the normative evolution concerning grounds in labour judgements, shows efficiency’s grounds reaffirming the guarantee’s role of them, emphatizes some distortions in the judicial practice, claims that the traditional grounds had a modest role in the justice’s crisis.

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1. L’evoluzione normativa Può sorprendere che in una recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione [1], sulla quale si ritornerà in seguito, sia contenuta la ricostruzione dell’evoluzione culturale, normativa e giurisprudenziale della motivazione della sentenza con uno spazio ed un’insistenza abbastanza inusuali per una decisione giudiziale sia pure del massimo organo di nomofilachìa. Il fatto è, però, che l’attenzione del legislatore nei confronti della sentenza è stata negli ultimi anni particolarmente accentuata [2]: nel 2009 si è soppresso lo svolgimento del processo (v. art. 132 n. 4 c.p.c.) e si è modificato l’art. 118 disp. att. c.p.c. prevedendo che la esposizione dei fatti rilevanti e delle ragioni giuridiche della decisione debba essere succinta e che possa essere fatta anche con riferimento a precedenti conformi. Nel 2013 si è andati oltre, limitandosi, con l’art. 79 del d.l. n. 69, la concisa esposizione ai fatti decisivi e ai principi di diritto su cui si è fondata la decisione e prevedendo il rinvio anche al contenuto specifico degli atti delle parti, il tutto però soppresso nella legge di conversione n. 98 del medesimo anno. Per il d.d.l. delega (poi superato) presentato alla Camera dei deputati il 12 febbraio 2014 il giudice poteva limitarsi a pronunciare il dispositivo corredato dei fatti e delle norme fondanti la decisione e delimitanti l’oggetto dell’accertamento, salva la richiesta di motivazione preceduta dal versamento di una quota di contributo unificato. Ci si rifaceva così alla nota e discussa proposta, avanzata molti anni fa e poi successivamente ripresa in dottrina [3], della c.d. motivazione a richiesta. In precedenza, per il rito del lavoro di cui qui ci si occupa, nel 2008 si è introdotta la c.d. motivazione contestuale, salvo eccezioni. Il d.d.l. n. 2953/C/XVII presentato dal Governo alla Ca­mera dei deputati l’11 marzo 2015 si infine è interessato alla motivazione con riguardo alle impugnazioni, prevedendo che «il giudice di appello potrebbe motivare nel modo sommario di sempre, ovvero anche richiamando la motivazione adottata dal primo grado quando essa risulti avere superato le doglianze» (pag. 5, seconda colonna); – nel giudizio di appello «strutturato in forma impugnatoria» si dovrebbe pre­vedere «l’ampliamento dell’utilizzo del provvedimento dell’ordinanza (soggetta a ricorso per cassazione) in funzione decisoria» (pag. 20, seconda colonna); – la sentenza della Suprema Corte dev’essere «atto di autorità motivata anche solo con riferimento ai propri indirizzi e, comunque, secondo un’assoluta esigenza di sintesi» (p. 23, seconda colonna). La logica è di [continua..]

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