Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
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International Labour Standard e orario di lavoro: istanze tradizionali e nuovi scenari (di Carla Spinelli, Professoressa associata di diritto del lavoro nell’Università degli Studi 'Aldo Moro' di Bari)


L’orario di lavoro è stato l’oggetto del primo standard internazionale del lavoro, la convenzione 1919 (n. 1) e ha conservato nel tempo tale primaria rilevanza nell’ambito del­l’azione dell’OIL. Al mutare del contesto economico e dei modelli di organizzazione del lavoro negli ultimi decenni, tuttavia, il quadro normativo definito a livello internazionale è stato messo in discussione, evidenziandosi la necessità di un suo aggiornamento, per salvaguardare le esigenze di tutela dei lavoratori bilanciandole con quelle dell’impresa sostenibile. Il presente contributo si propone di dar conto di questa evoluzione, tuttora incompiuta

International Labour Standard and working time: traditional issues and new scenarios

Working time was the subject of the first international labor standard, the 1919 Convention (No. 1) and has maintained over time this primary relevance in the context of the ILO action. However, as the economic context and work organization models have changed over the last few decades, the regulatory framework defined at international level has been questioned, highlighting the need for it to be updated, in order to safeguard the needs of protecting workers by balancing them with that of sustainable business. The present contribution aims to give an account of this evolution, which is still unfinished.

Keywords: hours of work - working time arrangements - part-time - gig-economy - decent work

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Le convenzioni OIL sui limiti alla durata dell'orario di lavoro - 3. Le altre Convenzioni OIL in materia di orario di lavoro - 4. L'organizzazione flessibile dell'orario di lavoro - 5. Le nuove sfide del XXI secolo - NOTE


1. Introduzione

L’elaborazione e l’adozione di standard internazionali che regolano l’orario di lavoro hanno ricevuto un’attenzione prioritaria da parte dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sin dalla sua creazione nel 1919, con la finalità precipua di tutelare la salute dei lavoratori. Dalla metà del diciannovesimo secolo, la riduzione dell’orario di lavoro aveva costituito una delle rivendicazioni più pressanti del movimento operaio. Le ore di lavoro sono state, di conseguenza, progressivamente ridotte da 14-16 al giorno nella fase iniziale dell’industrializzazione a 10-12 ore giornaliere al­l’inizio della prima guerra mondiale, fino all’adozione, per legge o per contratto collettivo, della giornata di 8 ore in diversi paesi d’Europa e negli Stati Uniti, successivamente a quel conflitto bellico. L’importanza attribuita alla definizione di limiti di durata per l’orario di lavoro si evince già dalla Costituzione dell’OIL, che esorta a regolamentare l’o­rario di lavoro giornaliero e settimanale come primo passo per superare l’in­giustizia nelle condizioni di lavoro. Più precisamente, il Preambolo della Parte XIII “Lavoro” del sistema dei trattati di pace di Versailles include “la regolamentazione dell’orario di lavoro, compresa la determinazione della durata massima della giornata e della settimana lavorative” tra le misure considerate urgenti e necessarie per migliorare le condizioni dei lavoratori. Inoltre, l’a­do­zione di una giornata lavorativa della durata di otto ore o di una settimana di quarantotto ore di lavoro compare tra i Principi Generali che l’art. 427 del Trattato considera quale standard che tutte le comunità industriali devono impegnarsi ad adottare. Le due proposte formulate come alternative nel Trattato di Versailles – una giornata lavorativo di otto ore o una settimana lavorativa di quarantotto ore, appunto – furono sottoposte alla Prima Sessione della Conferenza internazionale del lavoro, tenutasi a Washington, nell’ottobre del 1919. Con l’approvazione della Hours of Work (Industry) Convention, 1919 (n. 1), i limiti di durata della prestazione pari a otto ore giornaliere e quarantotto ore settimanali sono stati individuati, invece, come cumulativi per i lavoratori della produzione industriale [continua ..]


2. Le convenzioni OIL sui limiti alla durata dell'orario di lavoro

La convenzione OIL n. 1/1919 stabilisce la durata massima di otto ore giornaliere e quarantotto ore settimanali per la prestazione dei lavoratori del­l’industria [2], indipendentemente dallo status legale del loro datore di lavoro, pubblico o privato (art. 2). La convenzione consente, tuttavia, scostamenti dal suddetto standard e autorizza alcune eccezioni. Innanzitutto, sono esclusi dall’applicazione dei limiti giornalieri e settimanali, oltre ai familiari dell’imprenditore, i lavoratori che ricoprono posizioni di supervisione o di direzione e il personale di fiducia (art. 2, lett. a). Queste eccezioni sono giustificate sulla base dei compiti svolti dai lavoratori, che sono caratterizzati da un alto grado di autonomia, poteri decisionali e responsabilità e/o strettamente legati al rapporto fiduciario con il datore di lavoro, tutti elementi che richiedono un elevato grado di flessibilità nello svolgimento della prestazione. In questa prospettiva, per coerenza con la ratio dell’esclusione di questi lavoratori, assumono rilievo i compiti effettivamente svolti e non solo la posizione formale detenuta nell’organizzazione, poiché diversamente argomentando si legittimerebbe il potere unilaterale del datore di lavoro di sottrarsi alla regolamentazione legale. Inoltre, è consentito superare il limite orario giornaliero in alcuni giorni della settimana, purché lo prevedano la legge, le consuetudini o i contratti collettivi (art. 2, lett. b). Questa disposizione è un esempio di flessibilità riconosciuta al datore di lavoro indipendentemente da una ragione giustificatrice, ma la limitata deviazione dallo standard consentita – non più di un’ora aggiuntiva rispetto al massimo di otto – conferma l’importanza riconosciuta da parte della convenzione al limite giornaliero dell’orario di lavoro. Con riferimento al­l’obiettivo di preservare la salute e la sicurezza dei lavoratori, infatti, prevedere soli limiti settimanali di orario di lavoro è stata ritenuta una misura insufficiente, in quanto il limite settimanale non impedisce la concentrazione del numero consentito di ore settimanali in pochi giorni, che è considerata una condizione di lavoro altamente pericolosa per la tutela psico-fisica dei lavoratori. Altre eccezioni sono direttamente correlate alla forma dell’organizzazione del lavoro, [continua ..]


3. Le altre Convenzioni OIL in materia di orario di lavoro

L’impegno dell’OIL nella definizione degli standard internazionali sull’o­rario di lavoro non si è, tuttavia, esaurito con l’approvazione delle succitate convenzioni. Infatti, tra il 1919 e il 2004, sono state adottate ben 16 Convenzioni e 11 Raccomandazioni riguardanti l’orario di lavoro e il tempo di riposo per i lavoratori. In particolare, si richiamano le Convenzioni Weekly Rest (Industry), 1921 (n. 14) e Weekly Rest (Commerce and Offices), 1957 (n. 106), nonché la Raccomandazione Weekly Rest (Commerce and Offices), 1957 (n. 103) sul riposo settimanale; le Convenzioni Holidays with Pay, 1936 (n. 52), Holidays with Pay (Agriculture), 1952 (n. 101), Holidays with Pay (Revised), 1970 (n. 132) e la Raccomandazione Holidays with Pay, 1954 (n. 98) sulle ferie annuali; le Convenzioni Night Work (Women) (Revised), 1934 (n. 41), Night Work (Women) (Revised), 1948 (n. 89) e il relativo Protocollo del 1990, Night Work, 1990 (n. 171), nonché le Raccomandazioni Night Work of Women (Agriculture), 1921 (n. 13) e Night Work, 1990 (n. 178) in materia di lavoro notturno; la convenzione Part time work, 1994 (n. 175) e la Raccomandazione Part time work, 1994 (n. 182) sul lavoro a tempo parziale [6]. Inoltre, disposizioni sull’orario di lavoro sono contenute in una serie di strumenti settoriali dell’OIL, quali, ad esempio, la Hours of Work and Rest Periods (Road Transport) Convention, 1979 (n. 153), la Hours of Work and Rest Periods (Road Transport) Recommendation, 1979 (n. 161), la Seafarers’Hours of Work and the Manning of Ships Convention, 1996 (n. 180), la Domestic Workers Convention, 2011 (No. 189) e la relativa Raccomandazione 2011 (n. 201), nonché la Maritime Labour Convention, 2006. Sin dai primi anni che seguirono l’adozione della convenzione n. 1/1919, emersero difficoltà e resistenze nella ratifica e nell’applicazione degli standard sull’orario di lavoro, principalmente a causa del timore dell’impatto che avrebbero potuto avere sul piano della concorrenza internazionale [7]. Tuttavia, l’influenza generale di questi strumenti non può essere negata. Le norme internazionali sul lavoro stabilite dalle Convenzioni OIL hanno costituito la base della legislazione nazionale sull’orario di lavoro nella [continua ..]


4. L'organizzazione flessibile dell'orario di lavoro

La questione della revisione delle norme internazionali sull’orario di lavoro ha dato luogo, dunque, negli ultimi anni, a discussioni approfondite in seno al­l’OIL, basate sul presupposto che, sebbene questi strumenti conservino inalterato il loro rilievo sotto certi aspetti, tuttavia non riflettono più adeguatamente le esigenze della contemporaneità, per altri [12]. Infatti, se limitare le ore di lavoro si conferma come un mezzo fondamentale per perseguire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, le tendenze e gli sviluppi regolativi maturati ormai da decenni nella maggior parte dei paesi riguardano più l’organiz­za­zione che la durata dell’orario di lavoro. Ed ecco che l’attenzione istituzionale si è spostata da Hours of work a Working Time Arrangements (WTA), ovvero sulle misure di flessibilità temporale – dalle più tradizionali, come il lavoro straordinario e a turni alle più innovative, quali flexi-time, annualizzazione dell’orario di lavoro, banca delle ore, ecc. – che hanno ricadute importanti sullo svolgimento della prestazione lavorativa e possono offrire potenziali vantaggi, ma anche svantaggi, a seconda di come siano concepite e orientate in relazione al soddisfacimento dell’in­teresse dei datori di lavoro e dei lavoratori. Si formulano suggerimenti, pertanto, alle sedi competenti, con riferimento ad ogni eventuale azione che l’OIL dovesse intraprendere per aggiornare le normative internazionali in materia di orario di lavoro nel corso del XXI secolo, di perseguire un equilibrio appropriato e ampiamente accettabile tra i bisogni dei lavoratori, che dovrebbero includere le tutele per quanto riguarda la salute e la sicurezza non meno che per la vita personale e familiare, e le esigenze delle imprese, in termini di salvaguardia della produttività e della competitività [13]. Disposizioni adeguate in materia di orario di lavoro costituiscono, inoltre, una parte essenziale della strategia di promozione del lavoro dignitoso [14], che, da diversi anni ormai, è al centro dei programmi e delle azioni dell’OIL. Basandosi sia sulle norme internazionali relative all’orario di lavoro che sui risultati delle più recenti ricerche in materia, di alcune delle quali si è dato sommariamente conto in precedenza, l’OIL ha identificato [continua ..]


5. Le nuove sfide del XXI secolo

Nel secondo decennio degli anni duemila, nuovi scenari reclamano l’atten­zione del legislatore internazionale, senza che peraltro si possano dire superate le problematiche tradizionalmente riconosciute e le criticità emerse sul finire del secolo scorso. La crisi economica e finanziaria globale ha avuto un profondo impatto su tutto questo. Al culmine della crisi, infatti, la riduzione dell’orario di lavoro ha costituito una soluzione ampiamente utilizzata, in chiave solidaristica, per evitare o almeno ridurre i licenziamenti e salvaguardare, per quanto possibile, i livelli occupazionali. A seguito della crisi, anche nei paesi che per primi hanno conosciuto fasi di ripresa economica, le sfide relative all’orario di lavoro si sono spostate concentrandosi principalmente su problemi di qualità del lavoro, determinati dal moltiplicarsi esponenziale di occasioni di lavoro assai precarie, caratterizzate da orari ridotti e spesso molto variabili, con tutte le conseguenze che cambiamenti imprevedibili dell’orario di lavoro possono produrre sulla salute mentale e sulla qualità della vita familiare dei lavoratori. Nella presente fase storica, si assiste, dunque, ad una polarizzazione dell’o­rario di lavoro, nel senso che la forza lavoro mondiale è divisa tra segmenti che sperimentano ancora orari eccessivamente prolungati, da una parte, e altri che hanno accesso unicamente a posizioni lavorative ad orario ridotto o variabile, dall’altra. Oltre un lavoratore su tre al mondo lavora regolarmente più di quarantotto ore settimanali [16], mentre uno su cinque è in part-time a orario ridotto. Ciò significa che una maggioranza di lavoratori (circa il 55%) non rientra nell’in­tervallo “standard” di 35-48 ore settimanali e questo è particolarmente vero nelle regioni in via di sviluppo, a causa dell’elevata percentuale di persone che lavorano regolarmente oltre le 50 e persino le 60 ore settimanali. Il lavoro part-time presenta caratteristiche assai eterogenee. Sebbene abbia il potenziale per consentire l’equilibrio tra lavoro e vita privata se accompagnato da adeguate tutele, il part-time è sempre più spesso involontario e/o marginale, nonché poco qualificato e offre, quindi, ai lavoratori autonomia limitata sul proprio tempo di lavoro. Questa polarizzazione, peraltro, è significativamente caratterizzata da [continua ..]


NOTE