Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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L'età pensionabile nella prospettiva previdenziale (di Guido Canavesi (Prof. associato di diritto del lavoro dell’Università di Macerata))


Il saggio analizza l’età pensionabile nella sua funzione di requisito di accesso al trattamento pensionistico. L’autore ricostruisce l’evoluzione legislativa, distinguendola in tre fasi temporali: la prima precedente le riforme dei primi anni ’90, la seconda compresa tra il d.lgs. n. 503 del 1992 e il d.l. n. 201 del 2011 e l’ultima successiva a tale anno. L’indagine evidenzia le tecniche normative utilizzate per aumentare il requisito anagrafico e sottolinea le molteplici differenze tra lavoro dipendente privato e pubblico e con il lavoro autonomo. Si sofferma, inoltre, sulla trasformazione della pensione di anzianità in pensione di vecchiaia anticipata e si interroga, infine, su alcuni rilevanti problemi giuridici, non ultimo la legittimità di una progressione indefinita dell’età pensionabile.

The pension age in the social security perspective

The article analyses the issue of pension age as a requisite to receive a pension. The author draws a framework of the Italian legislation in three acts: the first is the moment before the reforms of the early ‘90; the second is the period between the legislative decree no. 503 of 1992 and the decree-law no. 201 of 2011; the last is after 2011. The study conducted shows the peculiar legislative drafting used to increase the age requisite and underlines the various differences between the legal status of an employee and a self-employed worker. The article then analyses the transformation of early pension in old age pension and the lawfulness (constitutionality) of and indefinite increase of pension age.

1. Premessa Nel sistema pensionistico, l’età pensionabile segna tradizionalmente il momento d’insorgenza della vecchiaia, evento protetto dalla garanzia costituzionale di cui all’art. 38, co. 2, Cost., ancorché si tratti di momento presuntivo o convenzionale, anzi a volte neppure tale, come da tempo avvertito dalla migliore dottrina, secondo cui «il concetto di età pensionabile … non può essere apprezzato come un concetto univoco, né come un momento rigorosamente predefinito, anche perché, a rigore, rapportabile al tipo, più o meno gravoso, di attività lavorativa concretamente svolta» [1]. Del resto, è un dato irrefutabile che a lungo l’ordinamento previdenziale abbia conosciuto ed in parte ancora conosca, differenziazioni nella soglia anagrafica di accesso alla pensione, a volte anche nominalmente declinate, alla classica pensione di vecchiaia affiancandosi allora una pensione di vecchiaia anticipata, cui, tuttavia, diversità di requisiti e funzioni impedivano di assurgere ad organica tipologia di trattamento [2]. Si tratta, comunque, di prestazioni che potremmo definire “ordinarie” quanto alla funzione, diversamente dalla pensione anticipata di anzianità o, più genericamente, al pensionamento anticipato, sintetizzabili nella più nota formula prepensionamenti, che alludono al fenomeno dell’utilizzo dei trattamenti pensionistici con finalità di gestione delle situazioni di crisi occupazionali [3], mentre altri profili di diversificazione si presenterebbero a considerare la pensione anticipata o anticipata di anzianità nel settore del pubblico impiego [4]. Con una sistematizzazione tendenzialmente omnicomprensiva, anche sul piano nominale, ai trattamenti di vecchiaia, vecchiaia anticipata e di anzianità, l’art. 24, d.l. n. 201/2011, ha sostituito la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata (co. 3), prevedendo per queste, rispetto a quelle, un deciso incremento delle soglie d’accesso anagrafiche, al punto di prospettare lo scenario di una vecchiaia laboriosa fino e oltre i settant’anni [5]. Il decreto legge è di dicembre e col passaggio all’anno nuovo (2012) ha determinato, rispetto ai requisiti precedenti, un innalzamento dell’età pensionabile pari a due anni per le lavoratrici dipendenti del settore privato (da 60 a 62), ad un anno per i lavoratori dipendenti pubblici e privati (da 65 a 66), mentre per le lavoratrici del settore pubblico l’incremento è formalmente di cinque anni (da 61 a 66), ma si riduce in sostanza ad uno (da 65 a 66), ché a decorrere dal 1° gennaio 2012 sarebbe comunque scattata la soglia dei sessantacinque anni prevista [continua..]

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