Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Brevi riflessioni selettive sul Codice del Terzo Settore e sull´impresa sociale, sotto il profilo tributario (di Alberto Comelli, Professore associato di Diritto tributario nell’Università degli Studi di Parma)


Il saggio formula alcune riflessioni sulla riforma del Terzo Settore, che si configura, fino ad ora, come largamente incompiuta, laddove mancano ancora alcuni importanti tasselli del complesso mosaico costruito dal legislatore, tra i quali spiccano l’autorizzazione da parte della Commissione europea, secondo la procedura volta ad escludere la sussistenza in parte qua di aiuti di Stato illegittimi e l’istituzione del Registro unico nazionale del Terzo Settore. Se si esamina la riforma del Terzo Settore sotto il profilo delle imposte sui redditi, vanno segnalate la disarmonica complessità e la frammentazione della disciplina, che sembrano caratterizzare l’intero intervento legislativo, almeno sotto il profilo tributario

Brief considerations of the Code of the non-profit sector and social enterprises from the tax viewpoint

The essay makes some selective considerations on the reform of the non-profit sector, which is so far largely incomplete. Some important pieces of the complex mosaic created by the lawmaker are still missing, including the European Commission’s authorization according to the procedure aimed at excluding the existence of unlawful State aid, as well as the establishment of the national single Register of the non-profit sector. While examining the reform of the non-profit sector from the income tax viewpoint, we need to underline the disharmonious complexity and fragmentation of rules and regulations, which seem to characterize the whole legislative intervention, at least from the tax viewpoint.

Keywords: reform of the non-profit sector – non-profit associations – services of general interest – social enterprises – income taxes – transitional rules and regulations.

SOMMARIO:

1. Premessa: la multiforme attività sussidiaria espletata dagli enti del Terzo Settore, negli interstizi tra la pubblica amministrazione ed il mercato. La riforma organica della disciplina del Terzo Settore e dell'impresa sociale - 2. Gli Enti del Terzo Settore: definizione e inquadramento sistematico. Attività di interesse generale e attività secondarie e strumentali - 3. La problematica individuazione della non commercialità, con riferimento agli enti del Terzo Settore, sotto il profilo tributario - 4. La duplicità dei controlli sugli Enti del Terzo Settore da parte del­l'ufficio del registro unico nazionale del Terzo Settore e dell'uf­ficio provinciale dell'Agenzia delle entrate, territorialmente competenti - 5. Le imprese sociali e il relativo trattamento fiscale - 6. La disciplina transitoria della riforma del Terzo Settore, sotto il profilo tributario - 7. Osservazioni conclusive: una riforma, ad oggi, largamente incompiuta e, almeno sotto il profilo delle imposte sul reddito, complessa e non poco frammentata - NOTE


1. Premessa: la multiforme attività sussidiaria espletata dagli enti del Terzo Settore, negli interstizi tra la pubblica amministrazione ed il mercato. La riforma organica della disciplina del Terzo Settore e dell'impresa sociale

Il Terzo Settore trae origine, fin dal medioevo, dalle cosiddette “confraternite di beneficenza”, le quali erano enti privati con finalità di solidarietà e avevano quale scopo l’assistenza e la cura delle persone, specialmente di quelle più deboli [1]. Oggi il Terzo Settore consiste in un ambito di grande rilevanza sociale [2], economica e occupazionale, sempre più ricco di sfaccettature, che si colloca tra la pubblica amministrazione e il mercato e la cui importanza è aumentata in modo esponenziale col passare del tempo [3]. Le sue peculiarità rendono particolarmente difficoltoso tracciare con sicurezza, anche sotto il profilo giuridico, i confini che lo separano rispetto al primo e al secondo settore [4]. Fino al 2016, l’assenza di una definizione di Terzo Settore, sul piano giuridico e, soprattutto, la frammentazione della disciplina positiva applicabile in parte qua [5] non hanno certamente favorito l’attenzione dei giuristi calibrata su questo, pur fondamentale, ambito [6]. Tuttavia, il legislatore non poteva ignorare ancora l’esigenza, fortemente avvertita, di una disciplina organica e funzionale rispetto ad enti collettivi che sono suscettibili di operare al di fuori di gran parte degli schemi classici quale, ad esempio, quello delle società che sono costituite esclusivamente per produrre un profitto ed era consapevole di dover riconoscere l’importanza di tali enti sul piano dell’utilità sociale [7] delle attività da essi espletate in concreto [8]. La strumentazione giuridica, fino al 2016, era non poco limitata e circoscritta, sotto il profilo concettuale e doveva essere necessariamente aggiornata, a fronte della multiforme attività sussidiaria espletata dagli enti collettivi in questione, nonché della loro operativa vivacità, che li pone in grado di inserirsi negli interstizi di una “zona di mezzo”, tra la pubblica amministrazione e il mercato, vale a dire tra il primo e il secondo settore [9], in senso complementare e integrativo. Di certo è largamente insufficiente, rispetto all’aspirazione ad una maggiore omogeneità e sistematicità di questo fondamentale settore, la disciplina delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, introdotta dal d,lgs. n. 460/1997 [10], la quale ha previsto [continua ..]


2. Gli Enti del Terzo Settore: definizione e inquadramento sistematico. Attività di interesse generale e attività secondarie e strumentali

L’individuazione del perimetro concettuale del Terzo Settore è strettamente connessa a quella degli ETS, laddove il primo non può prescindere dai secondi, come si evince alla stregua dell’art. 1, comma 1, della legge delega n. 106/2016, nella prospettiva del quale tutta la disciplina del Terzo Settore ruota attorno all’elemento soggettivo, inteso come “complesso degli enti privati” aventi le caratteristiche tipologiche ivi precisate. La definizione degli ETS all’interno del CTS realizza un accorpamento delle diverse tipologie conosciute in precedenza e ne introduce alcune nuove, quali, ad esempio, le reti associative e gli enti filantropici. La definizione in esame implica un ente costituito allo scopo di perseguire “senza scopo di lucro” una delle finalità tipiche indicate nell’art. 4, comma 1, CTS [22] e che esercita, “in via esclusiva o principale”, una o più attività di interesse generale, tra quelle elencate nel lungo catalogo di cui all’art. 5 [23]. La compresenza di questi elementi consente all’ente di iscriversi nel Registro unico nazionale del Terzo Settore [24] e la sussistenza degli stessi dev’es­se­re garantita nel tempo, laddove, in caso contrario, l’ETS sarà cancellato dal registro e perderà la relativa qualifica. Tuttavia, tutti gli enti collettivi possono espletare le attività di interesse generale indicate nell’art. 5, anche senza essere iscritti nel registro che ne occupa, perché non possono, ovvero non vogliono iscriversi e, in questa ipotesi, a tali enti continuerà ad applicarsi la disciplina comune, stabilita in via generale dal Codice civile e non quella prevista dal CTS [25]). Gli ETS, peraltro, sono soggetti ad una disciplina speciale, contenuta nel CTS, la quale si pone come complementare e integrativa rispetto a quella prevista, in via generale, nel Codice civile. Il CTS, difatti, tiene in considerazione e valorizza le finalità e le peculiarità di questi enti, collegate, tra l’altro, allo svolgimento di una o più attività di interesse generale, “in via esclusiva o principale” [26] ed è previsto il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve, a prescindere dalla loro denominazione [27], nonché del [continua ..]


3. La problematica individuazione della non commercialità, con riferimento agli enti del Terzo Settore, sotto il profilo tributario

Alla stregua dell’art. 9, comma 1, lett. a), legge delega n. 106/2016, è prevista la “revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali”, in relazione “alle finalità di interesse generale perseguite dal­l’en­te” [42]). In sede di attuazione di questo principio e criterio direttivo, sarebbe stato necessario riformare e razionalizzare, in larga misura, il concetto di ente non commerciale, sul versante tributario [43], mentre è da escludere che esso potesse essere definitivamente superato, sotto il profilo dell’attività non commerciale, rispetto a quella commerciale, come pure, è stato auspicato in dottrina, ai fini della riforma del Terzo Settore [44]. Il CTS ha implementato la citata disposizione contenuta nella legge delega senza rivoluzionare la bipartizione incentrata sulla commercialità o meno del­l’ente. Difatti, sotto il profilo civilistico, gli ETS acquisiscono tale qualifica se soddisfano tutti i requisiti previsti dal CTS per l’iscrizione nel Runts, mentre da un punto di vista delle imposte sui redditi [45], è confermata la distinzione tra ETS commerciali ed ETS non commerciali [46]. Questa differenziazione, peraltro, non sembra esaltare sufficientemente l’espletamento di attività di interesse generale “per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”, come previsto dall’art. 5, comma 1, ben potendo tali attività essere svolte con modalità commerciali, non solamente da parte delle imprese sociali [47], ma anche da parte di tutti gli ETS [48]. La natura di ente commerciale, ovvero non commerciale dell’ETS non dipende, quindi, dalla mera qualificazione soggettiva e dall’iscrizione al Runts, bensì dall’analisi del rapporto tra i ricavi ed i costi. In virtù dell’art. 79, comma 2, CTS, le attività di interesse generale sono considerate non commerciali qualora siano effettuate a titolo gratuito, ovvero “dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi” e, a tal fine, devono essere considerati anche gli “apporti economici” da parte di amministrazioni pubbliche italiane o straniere, dell’Unione europea, ovvero di “altri organismi pubblici di diritto [continua ..]


4. La duplicità dei controlli sugli Enti del Terzo Settore da parte del­l'ufficio del registro unico nazionale del Terzo Settore e dell'uf­ficio provinciale dell'Agenzia delle entrate, territorialmente competenti

Sussiste una peculiare duplicità nei controlli sugli ETS, i quali sono effettuati rispettivamente dall’ufficio del Runts territorialmente competente e sono disciplinati dall’art. 93 e dall’ufficio provinciale dell’Agenzia delle entrate, alla stregua dell’art. 94. Duplici sono anche le finalità dei controlli in esame, che convergono verso la costruzione di un modello nel quale gli enti che possiedono i requisiti per essere qualificati ETS si iscrivono nel Runts e ne conservano i requisiti per restare iscritti nel registro medesimo anche nel corso del tempo, beneficiando della disciplina tributaria di favore prevista per questi particolari enti. I controlli che effettua l’ufficio competente del Runts sugli ETS sono diretti ad accertare: a) se i requisiti necessari per l’iscrizione nel Runts sussistono, al momento della prima iscrizione e permangono nel corso del tempo; b) se l’ente persegue “finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale”; c) se l’ente adempie agli obblighi che scaturiscono dall’i­scri­zione nel registro stesso; d) se sussiste il diritto in capo all’ente di avvalersi dei benefici (anche) fiscali, nonché del 5 per mille; e) se l’ente utilizza correttamente le “risorse pubbliche, finanziarie e strumentali” [69]. Una parziale sovrapposizione con i controlli di competenza dell’A­gen­zia delle entrate si realizza con riferimento alla lett. d), laddove, in relazione ai benefici fiscali e alla disciplina del 5 per mille, l’ufficio del Runts svolge tali controlli e ne comunica gli esiti all’ufficio dell’Agenzia delle entrate, il quale può assumere i conseguenti provvedimenti. Pertanto, è prevista una stretta collaborazione tra gli uffici locali del Runts e quelli dell’Agenzia delle entrate, ma i primi sembrano titolari di poteri di controllo e di indagine in materia tributaria, rispetto agli ETS, che dovrebbero essere riconosciuti esclusivamente ai secondi, creando una potenziale duplicazione che non sembra essere giustificata. Con riferimento ai controlli che possono essere svolti autonomamente dall’ufficio dell’Agenzia delle entrate, essi comprendono i requisiti per fruire del “regime tributario di vantaggio” in capo agli ETS, nonché la verifica dei [continua ..]


5. Le imprese sociali e il relativo trattamento fiscale

Tra gli ETS assumono una rilevanza particolare le imprese sociali, comprese le cooperative sociali, il cui riordino complessivo e la revisione della normativa, anche sotto il profilo fiscale [79], sono stati previsti dal combinato disposto dell’art. 1, comma 2, lett. c) e dell’art. 6 della legge delega. La disciplina delegata, con una impostazione a dir poco infelice, non è contenuta nel CTS, come sarebbe stato logico e auspicabile, trattandosi di un Codice che aspira ad una sua sistematicità strutturale, bensì nel d.lgs. n. 112/2017. Quindi, la relativa di­sciplina è stata decodificata a priori, con una scelta certamente discutibile. Senza indugiare in questa sede sui profili di diritto commerciale, che esulano da questo saggio, la qualifica di “impresa sociale” è attribuita nel solco tracciato dagli ETS, ma con alcune fondamentali differenze. Difatti, essa è riconosciuta a tutti gli enti privati, costituiti nelle forme di cui al Libro I o del Libro V c.c., che esercitano un’attività d’impresa di interesse generale, in modo stabile e in via principale, senza scopo di lucro (soggettivo) e per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale [80]. Aggiunge l’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 112/2017 che le impresse sociali devono, da un lato, adottare “modalità di gestione responsabili e trasparenti” e, dal­l’altro, favorire “il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alla loro attività”. Si tratta, pertanto, di enti privati commerciali di natura anche (ma non necessariamente) societaria e non di tipo uni­personale, pur non essendo del tutto chiara la ragione di questa e­sclusione [81]. Peraltro, sono da considerare le attività d’impresa di interesse generale, svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio, elencate nell’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 112/2017 [82], per le quali i ricavi siano superiori al settanta per cento dei ricavi complessivi dell’impresa sociale. Il catalogo di attività di interesse generale, in larga misura, è conforme a quello previsto dall’art. 5 CTS, ma non coincide con esso, essendovi alcune significative differenze. A titolo esemplificativo, sono considerate, in ogni caso, [continua ..]


6. La disciplina transitoria della riforma del Terzo Settore, sotto il profilo tributario

Le disposizioni del CTS sono sottoposte ad una disciplina transitoria e ad un regime definitivo, che costituiscono due distinte fasi dell’implementazione della riforma, sul versante tributario e impongono alcune brevi osservazioni. Sotto il primo profilo, per quanto qui interessa, è prevista una disciplina che si applica in via transitoria dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 e fino al periodo d’imposta in cui entreranno in vigore le disposizioni previste dal Titolo X, alle Onlus, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri. Le norme applicabili a questi enti nel periodo transitorio sono gli articoli che disciplinano [93]) il social bonus (art. 81), le agevolazioni in materia di imposte indirette e di tributi locali (art. 82), le detrazioni e le deduzioni per erogazioni liberali (art. 83), l’esenzione ai fini dell’ires per i redditi immobiliari da parte di organizzazioni di volontariato e di associazioni di promozione sociale (di cui, rispettivamente, agli artt. 84, comma 2 e 85, comma 7). Conseguentemente, l’iscrizione degli enti in questione in uno dei registri attualmente previsti dalle specifiche normative di settore, i quali continuano ad essere pienamente funzionanti, è un requisito per beneficiare dell’anticipata applicazione delle citate norme fiscali, fino alla data in cui, superata la fase transitoria, sarà efficace l’intera riforma, in via definitiva, a prescindere dalla successiva iscrizione (o meno) dell’ente nel Runts. In altre parole, l’appli­ca­zione delle disposizioni fiscali di cui sopra, durante la fase transitoria, non è correlata alla successiva iscrizione dell’ente nel Runts, quando questo sarà operativo e, quindi, cesserà la fase transitoria e non si verificherà una perdita dei benefici fiscali di cui l’ente ha goduto [94]), anche se dovesse scegliere, per mera ipotesi, di non iscriversi al Runts. A decorrere dal periodo d’imposta successivo alla data in cui sarà concessa l’autorizzazione da parte della Commissione europea [95]), al momento non ancora intervenuta e, in ogni, caso, non prima del periodo d’imposta successivo a quello in cui sarà operativo il Runts, le disposizioni contenute nel Titolo X, alcune delle [continua ..]


7. Osservazioni conclusive: una riforma, ad oggi, largamente incompiuta e, almeno sotto il profilo delle imposte sul reddito, complessa e non poco frammentata

La riforma del Terzo Settore si configura, ad oggi, come largamente incompiuta, laddove mancano ancora alcuni importanti tasselli del complesso mosaico costruito dal legislatore, tra i quali spiccano l’autorizzazione da parte della Commissione europea, con riferimento alla disciplina degli aiuti di Stato e l’istituzione del Runts. Tuttavia, non si può non sottolineare il positivo tentativo di razionalizzare un settore la cui importanza in Italia (e non solo) è cresciuta in modo esponenziale, negli ultimi anni, da un punto di vista del rilievo sociale, economico e occupazionale [97], con la conseguente necessità di individuare un idoneo apparato normativo in grado, almeno nelle intenzioni, di sostenere queste accresciute esigenze regolative del settore, anche in una dimensione economica sovranazionale [98], secondo un disegno complessivamente coerente e organico. Se si esamina la riforma del Terzo Settore in considerazione della disciplina delle imposte sui redditi, emerge una disarmonica complessità che caratterizza l’intero intervento legislativo, sotto il profilo tributario. Il coordinamento delle discipline di settore rispetto all’impianto complessivo della riforma, durante la fase transitoria, in attesa dell’indispensabile autorizzazione da parte della Commissione europea, secondo la procedura volta ad escludere la sussistenza in parte qua di aiuti di Stato illegittimi, complica ulteriormente il nuovo assetto ordinamentale scolpito dalla riforma in esame. Senza trascurare, poi, le diverse norme innovative, quelle meramente ricognitive di principi, quelle che abrogano disposizioni precedenti, ma con decorrenze differenti e quelle di coordinamento [99] che, nel loro insieme, rendono assai ardua la lettura del CTS e del d.lgs. n. 112/2017, in una prospettiva di sistema [100]. A prescindere dalle problematiche interpretative, poi, sono numerose le scelte operative alle quali sono (e saranno) chiamati gli ETS, con conseguenze importanti, anche sul versante tributario, come, ad esempio, quella dell’iscri­zione o meno nel Runts, quando il registro sarà istituito e reso operativo, con tutti i consequenziali effetti che scaturiscono da questa iscrizione e che sopra si è cercato di indagare, sia pure in modo sintetico.


NOTE