argomento: Giurisprudenza - Corte di Cassazione
Il giudice civile può valutare ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, dunque, anche le prove raccolte in un processo penale, anche quando vi sia stata applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen..
» visualizza: il documento (Cass. 7 febbraio 2019, n. 3643, ord.)Articoli Correlati: efficacia probatoria - prove raccolte processo penale
Il principio è consolidato (v. Cass. 18 dicembre 2017, n. 30328). Infatti, “il giudice civile, ai fini del proprio convincimento, può valutare, nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, dunque, anche le prove raccolte in un processo penale e, come nella specie, le dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali, e ciò anche se sia mancato il vaglio critico del dibattimento in quanto il procedimento penale è stato definito ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., potendo la parte, del resto, contestare, nell'ambito del giudizio civile, i fatti così acquisiti in sede penale” (v. Cass. 30 gennaio 2013, n. 2168). Anzi, “il datore di lavoro può licenziare il lavoratore per giusta causa per fatti accertati nella sentenza di patteggiamento. La sentenza di patteggiamento presuppone una ammissione di colpevolezza dell'imputato. Il giudice è esonerato dall'onere di verificare se i fatti indicati nella sentenza di patteggiamento siano accaduti, e se siano imputabili al soggetto che ha patteggiato” (v. Cass. 29 marzo 2017, n. 8132). In particolare, “ove una disposizione del contratto collettivo faccia riferimento alla sentenza penale di condanna passata in giudicato, come atto idoneo a consentire il licenziamento senza preavviso, il giudice di merito può, nell'interpretare la volontà delle parti collettive espressa nella clausola contrattuale, ritenere che gli agenti contrattuali, nell'usare l'espressione ‘sentenza di condanna’, si siano ispirati al comune sentire che a questa associa la sentenza cosiddetta ‘di patteggiamento’ ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.” (v. Cass. 18 febbraio 2013, n. 3912).