Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Le cooperative sociali. Profili giuslavoristici (di Alessandra Sartori (Ricercatore di diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Milano))


Il saggio esamina la disciplina delle cooperative sociali, soffermandosi, in particolare, sui profili giuslavoristici. Dopo l’inquadramento dell’istituto nell’ambito della legge n. 381/1991, con la distinzione tra cooperative di tipo a) e di tipo b), l’autrice si occupa delle relazioni giuridiche che tali enti instaurano con i differenti soggetti in essi coinvolti. Viene, dunque, considerata la posizione dei soci lavoratori ordinari, anche alla luce della legge n. 142/2001, dei soci persone svantaggiate, dei soci volontari e dei lavoratori non soci. Il saggio passa quindi ad analizzare i profili collettivi della disciplina, toccando gli aspetti relativi ai diritti sindacali, alla contrattazione collettiva e alla partecipazione nell’ambito delle imprese sociali (legge n. 155/2006). L’ultima parte del contributo si focalizza sulle cooperative di tipo b) e sulla loro attività volta al reinserimento di soggetti svantaggiati e disabili, in particolare attraverso gli strumenti convenzionali offerti dagli artt. 11-12-bis, legge n. 68/1999 e dell’art. 14, d.lgs. n. 276/2003. L’autrice, dopo aver valutato nel complesso positivamente l’esperienza, richiama talune incongruenze incontrate nell’analisi della disciplina e suggerisce un restyling, sfruttando l’occasione della delega aperta nella legge per la riforma del cd. “terzo settore” (legge n. 106/2016).

Social Cooperatives. Labour Law Aspects

The essay deals with the regulation of social cooperatives, and in particular with labour law aspects. After examining the institution in the frame of the law n. 381/1991, with the distinction between cooperatives type a) and b), the author investigates the juridical relationships which bind these entities with the different individuals involved in them. So, the essay analyses the position of ordinary members, also in the light of law n. 142/2001, of disadvantaged members, voluntary members and workers who are not members. Then, the contribution goes on by describing collective aspects of the regulation, i. e. trade union rights, collective bargaining and worker participation in social enterprises (law n. 155/2006). The last section of the essay focuses upon social cooperatives type b) and their activity aimed at labour market integration of disadvantaged and disabled people, namely through the agreements provided by sect. 11-12-bis, law n. 68/1999 and sect. 14, legislative decree n. 276/2003. The author, after assessing positively the experience, points out some shortcomings in the regulation and suggests a restyling of the relevant law, profiting from the delegation law for the reform of the non-profit sector (law n. 106/2016).

1. Le cooperative sociali: genesi e inquadramento generale Le prime esperienze di ricorso al modello cooperativo al fine di erogare servizi sociali o favorire l’inserimento lavorativo di persone disabili e svantaggiate risalgono all’inizio degli anni ’70. Nel decennio successivo si assiste al loro progressivo radicamento, anche in conseguenza degli effetti della legge “Basaglia” di chiusura degli istituti psichiatrici (legge n. 180/1978). In esito a questo provvedimento erano stati immessi nella società un gran numero di soggetti marginalizzati e in grave difficoltà, bisognosi di sostegno e per lo più incapaci di inserirsi autonomamente nel mercato del lavoro [1]. L’impiego dello schema cooperativo non fu però sempre agevole: non mancarono decisioni giudiziali che negarono l’omologazione degli statuti delle costituende società cooperative per assenza del fine mutualistico, in quanto l’oggetto sociale era costituito da attività svolte prevalentemente in favore di terzi e non dei soci [2]. Le problematiche sociali e giuridiche appena accennate spinsero il legislatore ad occuparsi della materia: per circa un decennio si susseguirono disegni di legge parlamentari, infine culminati nella legge 8 novembre 1991, n. 381, che istituzionalizzò queste esperienze disciplinando le «cooperative sociali» [3]. Il provvedimento normativo interviene dunque su una realtà già sufficientemente consolidata, fornendola di veste giuridica [4]: allo stesso tempo opta per una regolazione snella, per non alterarne il carattere di spontaneità che ne alimentava lo sviluppo [5]. La legge si apre caratterizzando questo tipo di cooperative tramite lo scopo altruistico del perseguimento dell’«interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini», e individua subito dopo la summa divisio nei tipi a) e b) in relazione all’attività esercitata per conseguire tali obiettivi (attività di carattere socio-sanitario o educativo, e, rispettivamente, di inserimento lavorativo-v. infra il par. 2) (art. 1, comma 1). Detto fine è considerato in sé meritevole di tutela e promozione, tale da giustificare una disciplina di favor rispetto non soltanto alle società commerciali, ma anche alle altre cooperative [6]. Tale impianto promozionale si esplica, anzitutto, in una serie di benefici fiscali (art. 7), successivamente ulteriormente potenziati mediante l’inclusione di diritto delle cooperative sociali tra le o.n.l.u.s. (art. 10, comma 8, d.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460). Le Regioni sono inoltre chiamate a sviluppare l’attività promozionale, istituendo un albo regionale delle cooperative sociali, stabilendo forme di raccordo con i servizi socio-sanitari ed [continua..]

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