Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Licenziamento, inidoneità sopravvenuta e ragionevole accomodamento (di Susanna Palladini, Professoressa associata di Diritto del lavoro, Università degli Studi di Parma)


Il saggio, dopo aver tracciato una breve ricostruzione delle fonti, sovranazionali e interne, che forniscono la definizione di “disabilità” e di “accomodamento ragionevole”, analizza i due temi nella correlazione che la norma individua in caso di licenziamento, nel tentativo di far emergere più chiaramente quali siano gli oneri riorganizzativi che si impongono al datore di lavoro per evitare il licenziamento o, al contrario, per rendere legittimo il recesso nei confronti del lavoratore non più idoneo alle mansioni in precedenza assegnate.

Dismissal, supervening unsuitability and reasonable accommodation

The essay, after having traced a summary of laws, supranational and internal, about definition of “disability” and “reasonable accommodation”, analyzes that rules at the moment of dismissal, to emerge more clearly what the reorganization costs are, and in which form they are imposed on the employer to avoid dismissal or, contrariwise, to make the dismissal legitimate in case the worker is no longer suitable for previously assigned tasks.

SOMMARIO:

1. Introduzione e delimitazione del tema - 2. Accomodamento ragionevole e confini dell’insindacabilità delle scelte imprenditoriali - 3. Le clausole (aperte) di “proporzionalità” e ragionevolezza - 4. Brevi conclusioni - NOTE


1. Introduzione e delimitazione del tema

Con la sopravvenuta inidoneità alle mansioni, si realizza una modifica alla condizione psico-fisica del lavoratore, rispetto allo stato iniziale del rapporto, tale da determinare, sulla singola relazione lavorativa, una necessaria variazione di contenuto che segnala un ulteriore aspetto della «perenne tensione tra libertà di iniziativa economica e interesse alla stabilità del lavoro» [1]: questo perché, esclusa l’automatica risoluzione del rapporto quando l’inidoneità non azzeri, ma riduca solamente la capacità lavorativa, è ormai consolidato il principio, affermatosi nel diritto vivente, che la tutela del posto di lavoro richieda il rispetto dell’onere di repêchage a carico del datore, che va però a connotarsi di particolari sfumature, nel caso della sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, a seguito del complesso quadro normativo, e giurisprudenziale [2], che interessa la materia. L’inidoneità sopravvenuta alle mansioni è infatti ormai definitivamente ancorata alla valutazione degli “accomodamenti ragionevoli” che il datore di lavoro deve approntare – o perlomeno verificare se in grado di approntare – per scongiurare il licenziamento, che rimane dunque quell’extrema ratio che accomuna questo tipo di recesso a quello per giustificato motivo oggettivo, di cui è, in sostanza, una costola [3]. Preliminare ad ogni possibile valutazione critica dell’impianto di tutela costruito attorno al lavoratore divenuto inabile alle mansioni è dunque la ricostruzione dell’inquadramento generale che prende avvio dalla definizione dell’accomodamento ragionevole, e delle sue implicazioni interpretative, che consentono di distinguere gli elementi contenutistici e di sistema, da quelli concreti e casistici che provengono dal “diritto vivente”, quindi dalla giurisprudenza. Più di un autore, nel presentare la formula “accomodamento ragionevole” all’interno del processo che può condurre al licenziamento, si rifà all’imma­gine del “prisma” [4], dunque ad un elemento capace di produrre un effetto di “scomposizione” dell’operato che, nella visione sfaccettata e molteplice che può generare, ne richiede un’accurata valutazione, per scongiurare il rischio di [continua ..]


2. Accomodamento ragionevole e confini dell’insindacabilità delle scelte imprenditoriali

La pur sintetica rassegna normativa consente di apprezzare l’intenzione sottesa ai diversi riferimenti agli accomodamenti ragionevoli che, per quanto caratterizzati da alcune differenze terminologiche, segnalano la formazione di onus “in progress” per il datore di lavoro quando si trovi di fronte ad esigenze di gestione del personale divenuto inabile, o aggravato nella pregressa condizione di inabilità parziale al lavoro: il proposito comune, ai diversi livelli, è quello di diffondere maggiormente le tutele in tutti gli snodi della relazione negoziale, non solo per evitare iniquità, ma soprattutto per creare condizioni di promozione e di garanzia al lavoro quale fattore di inclusione, laddove al contrario potrebbero annidarsi rischi di una incolpevole emarginazione. Permangono tuttavia, almeno nel diritto interno, alcune rilevanti differenze nell’applicazione dell’accomodamento ragionevole, a seconda che questo si debba realizzare nella fase iniziale del rapporto, quindi “in ingresso”, oppure in momenti successivi come, per quanto qui di interesse, nel momento estintivo. L’obbligo di adottare soluzioni ragionevoli che precedano l’inserimento lavorativo del disabile è tutelato legislativamente per coloro che risultino tali sulla base di una valutazione medica ed accedano, per questo, al sistema di collocamento mirato di cui alla legge n. 68/1999: per quanto distante nell’im­postazione dal vecchio collocamento obbligatorio, la legge di fatto ancora “costringe” i datori al vincolo di solidarietà sociale attraverso l’assunzione in percentuale, a seconda della dimensione dell’organico, di lavoratori appartenenti alle diverse categorie elencate, “censiti” e presi in carico dai servizi per l’impiego. L’acco­modamento ragionevole, qui, per quanto non espressamente definito in questi termini dal legislatore, appare intrinseco alla modalità di avviamento “mirato”; ma, diversamente da quanto vedremo per la fase estintiva (dove l’accomo­damento ragionevole è limite all’esercizio di un diritto), si ricollega all’adem­pimento di un dovere, cui il datore è sì strettamente vincolato, ma anche coadiuvato, da una precisa serie di interventi di profilazione e di supporto offerti dai servizi per l’impiego, così da individuare in modo collaborativo [continua ..]


3. Le clausole (aperte) di “proporzionalità” e ragionevolezza

La sopravvenuta inidoneità alle mansioni si allontana dunque ulteriormente dal motivo “oggettivo” di licenziamento, poiché qui la “pretesa” alla verifica di un possibile accomodamento ragionevole di fatto trasforma il consueto obbligo di repêchage in un repêchage “qualificato e rafforzato” [26], andando a trasformare in qualcosa di significativamente diverso il semplice (si fa per dire) onere di ricollocazione del prestatore in esubero per «ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa» (art. 3, comma 1, legge 15 luglio 1966, n. 604). Il punto di rottura tra le due fattispecie [27] è sia genetico, che funzionale: sotto il primo profilo, l’ordinario licenziamento per giustificato motivo oggettivo origina dalla soppressione della posizione di lavoro per iniziativa del datore, per ragioni che possono ricondursi genericamente ad un motivo “economico”, di riduzione di attività ma anche di profitto. Al contrario, nel caso di inidoneità sopravvenuta, il datore di lavoro deve affrontare una criticità organizzativa che muove da una condizione del lavoratore, incolpevole certo, ma comunque personale, e non pianificata all’interno di un riassetto aziendale. Dal secondo punto di vista, invece, per quanto sia possibile rintracciare un fine comune alle due ipotesi, ovvero quello di scongiurare l’extrema ratio del licenziamento, nel caso del g.m.o. il datore, come noto, ha l’onere di verificare, previamente, che non siano disponibili altre posizioni potenzialmente vacanti, per mansioni equivalenti o anche inferiori; mentre, nell’ipotesi di inidoneità alle mansioni, l’intreccio di fonti sopra ricostruite richiede, se possibile, di apportare una revisione agli assetti organizzativi d’impresa, in modo da rendere accessibile l’ambiente di lavoro alla persona con disabilità, e così colmare il divario di tutela conseguente alla situazione di svantaggio in cui versa quest’ultima. Di fatto, mentre nel repêchage semplice non si richiede un intervento “manipolatore” sull’assetto organizzativo riconformato, e il tutto si traduce, dunque, in una verifica “statica” sulla possibile ricollocabilità del lavoratore da licenziare; in quello “qualificato e [continua ..]


4. Brevi conclusioni

Come si pongono i giudici di fronte all’interpretazione dei diversi aspetti che regolano la fattispecie, anche in riferimento al rigore probatorio, consente al ragionevole accomodamento di non sconfinare in una ipotesi di responsabilità oggettiva del datore, rendendo, di fatto, il licenziamento del disabile per sopravvenuta inidoneità alle mansioni un licenziamento “impossibile”. Possono però formularsi, in conclusione di queste brevi riflessioni sugli accomodamenti ragionevoli in caso di inidoneità sopravvenuta, alcune osservazioni di carattere generale. Una prima vuole rimarcare come l’utilizzo del criterio della ragionevolezza degli accomodamenti, che accosta questa formula a quella delle clausole generali, quali correttezza e buona fede, generi sicuramente una opportunità, perché consente di adattare le valutazioni caso per caso e quindi estendere potenzialmente le tutele; tuttavia è anche una difficoltà, che sposta sul giudice il compito di mantenere per le parti la certezza del diritto: da qui, l’esigenza che si consolidino «criteri astratti che possano contribuire a dare prevedibilità alle decisioni, quantomeno sul piano metodologico, limitando gli spazi di assoluta discrezionalità» [37]. Una seconda, in qualche modo collegata alla prima, ma di carattere più operativo: il frangente in cui si colloca la verificabilità di un accomodamento ragionevole per inidoneità sopravvenuta si accompagna il più delle volte con l’urgenza della sua risoluzione; questo dovrebbe escludere che possa richiedersi al datore una prevedibilità illimitata [38], ossia l’abilità di immaginare soluzioni organizzative estremamente elaborate e raffinate, che coinvolgano competenze specifiche non solo in campo aziendalistico, ma anche, in questo caso, medico-sociali. È vero che la materia è ormai disseminata di percorsi che agevolano il mondo del lavoro al cospetto di situazioni di disabilità, e di soggetti che possono fungere da “facilitatori” per il mantenimento del posto del disabile [39]. Tuttavia, si tratta di percorsi in larga parte rimessi all’iniziativa individuale, non sempre obbligatori, e che richiedono in alcune situazioni una progettualità complessa e prolungata (si pensi, ad esempio, alle difficoltà anche solo burocratiche per [continua ..]


NOTE