Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Licenziamento per giustificato motivo e criteri di scelta: sintesi delle principali questioni analizzate da dottrina e giurisprudenza (di Andrea Marangoni, Giudice del lavoro del Tribunale di Modena)


L'Autore esamina lo stato dell’arte sulla questione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare nell’ambito del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, con una chiosa sul punto della tutela applicabile.

Dismissal for justified objective reason and selection criteria: summary of the main issues analyzed by doctrine and jurisprudence

The Author examines the state of the art on the question of the criteria for choosing workers to be dismissed in the context of dismissal for justified objective reasons, with a comment on applicable remedy.

SOMMARIO:

1. I termini della questione: soluzioni dottrinali e giurisprudenziali - 2. La tutela erogabile alla luce delle recenti sentenze della Suprema Corte e della Consulta - NOTE


1. I termini della questione: soluzioni dottrinali e giurisprudenziali

In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ravvisato nella soppressione di un posto di lavoro in presenza di più posizioni fungibili perché occupate da lavoratori con professionalità sostanzialmente omogenee, si pone il problema di individuare dei criteri per selezionare i lavoratori da licenziare. Va rimarcato che, secondo l’elaborazione unanime, la questione si pone nel solo caso in cui il g.m.o. si specifichi in una volontà di riduzione del personale (in genere, in circostanze economiche sfavorevoli all’azienda), riferibile al­l’impresa nel suo complesso o a una sua articolazione, e allorché più prestatori svolgano le medesime mansioni. La fungibilità tra lavoratori può essere intesa in modi diversi: si può ritenere che un lavoratore sia fungibile rispetto a un altro soltanto quando possa essergli sostituito immediatamente, senza necessità di alcun addestramento, oppure quando la sostituzione richieda un periodo di addestramento breve, oppure anche quando essa richieda un addestramento più impegnativo e costoso; si può ritenere che un lavoratore sia fungibile rispetto a un altro soltanto quando possa sostituirlo senza alcuna perdita di produttività, oppure quando la perdita di produttività non superi un certo limite. Si è messo in evidenza in dottrina che la fungibilità cui si fa riferimento in giurisprudenza sussista solo se la somma di costi di riaddestramento e costi-opportunità non superi un certo limite. Ancora una volta, nel silenzio della legge, la determinazione di questo limite dipende dalla propensione ad attribuire maggior peso alle esigenze aziendali o al pregiudizio sofferto dal lavoratore in conseguenza del licenziamento. Così, ad esempio, sempre secondo la dottrina, l’impresa potrebbe aver interesse a licenziare il lavoratore anziano e a tenere il più giovane, in quanto – a parità di qualificazione professionale e addestramento – quest’ultimo è più produttivo e più versatile; se la differenza di produttività fra i due è dovuta soltanto all’età, essa difficilmente è di entità tale da giustificare la scelta di licenziare l’anziano; se però la differenza di produttività è aumentata dal fatto che solo il giovane possiede capacità informatiche [continua ..]


2. La tutela erogabile alla luce delle recenti sentenze della Suprema Corte e della Consulta

Prima dei recenti interventi della Corte costituzionale, la giurisprudenza (tra le ultime Cass. 19 marzo 2020, n. 7471 [29]), aveva ritenuto che la violazione dei criteri di correttezza e buona fede nella scelta tra lavoratori adibiti allo svolgimento di mansioni omogenee desse luogo alla tutela indennitaria, escludendo che ricorresse, in tal caso, la «manifesta insussistenza delle ragioni economiche poste a fondamento del recesso [30]». Specificamente, la Cassazione aveva affermato che: a) il nuovo regime sanzionatorio previsto dalla legge n. 300/1970, art. 18 come modificato dalla legge n. 92/2012, prevede di regola la corresponsione di un’indennità risarcitoria, compresa tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità, riservando il ripristino del rapporto di lavoro, con un risarcimento fino a un massimo di dodici mensilità, alle ipotesi residuali, che fungono da eccezione, nelle quali l’insussistenza del fatto posto a base del licenziamento è connotata di una particolare evidenza, sicché la violazione dei criteri di correttezza e buona fede nella scelta tra lavoratori adibiti allo svolgimento di mansioni omogenee dà luogo alla tutela indennitaria, dovendosi escludere che ricorra, in tal caso, la manifesta insussistenza delle ragioni economiche poste a fondamento del recesso (Cass. 25 luglio 2018, n. 19732[31]); b) ai fini dell’applicazione della tutela reintegratoria prevista dall’art. 18, comma 4. legge cit., il giudice è tenuto ad accertare che vi sia una evidente e facilmente verificabile assenza dei presupposti giustificativi del licenziamento e, in caso di esito positivo di tale verifica, a procedere all’ulteriore valutazione discrezionale sulla non eccessiva onerosità del rimedio, essendo altrimenti applicabile la sola tutela risarcitoria di cui all’art. 18, comma 5 (Cass. 31 gennaio 2019, n. 2930[32]); c) il requisito della «manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento» è da intendersi come chiara, evidente e facilmente verificabile assenza dei presupposti di legittimità del recesso, cui non può essere equiparata una prova meramente insufficiente (Cass. 25 giugno 2018, n. 16702). Le pronunce della Corte costituzionale n. 59/2021 e n. 125/2022 in materia di licenziamento per motivo oggettivo hanno ampliato l’area della reintegrazione del lavoratore [continua ..]


NOTE