Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Crisi del contratto e nullità di protezione (di Massimo Proto (Prof. Ordinario di Diritto privato nell’Università di Roma Link Campus University))


Lo scritto è destinato agli Studî in onore di Pasquale Stanzione.

A partire dagli anni novanta del secolo scorso sono state introdotte e diffuse, nel nostro ordinamento, nuove ipotesi di nullità, di derivazione comunitaria; le quali, per un verso, si mostrano lontane rispetto a quelle previste dal codice civile e, per altro verso, presentano alcuni tratti comuni alla disciplina codicistica in tema di annullamento del contratto.

Sono le così dette nullità di protezione, pensate dal legislatore con l’intento di riequilibrare la posizione di relativa debolezza che soffrono innanzitutto i consumatori. Sul piano della disciplina, le nuove nullità si collocano in una zona intermedia tra le due forme classiche di invalidità (nullità e annullamento), presentando sovente caratteristiche dell’una (come la rilevabilità d’ufficio del vizio e la imprescrittibilità dell’azione) e dell’altra (come la legittimazione limitata soltanto alla parte così detta ‘debole’).

In questo àmbito, particolare rilievo assume la questione se il carattere relativo della nullità possa predicarsi anche in mancanza di una deroga espressa all’art. 1421 cod. civ.: se, cioè, la regola della legittimazione relativa risulti applicabile, al di là delle ipotesi espressamente previste dalla legge, ogni qual volta tra i contraenti si dia un posizione ‘asimmetrica’. La nullità protettiva, in tal modo, estenderebbe la propria sfera di applicazione oltre l’atto di consumo, interessando anche l’atto civile e l’atto di commercio.

Contract crisis and nullity of protection

Since the Nineties of the last century, new cases of nullity of EU origin have been introduced into our system which, on the one hand, are different in comparison with those provided by the Civil Code and, on the other hand, have some common elements with the cancellation of the contract provided by the same Code.

These are the so-called nullities of protection, conceived by the legislator with the aim of rebalancing the position of relative weakness concerning consumers in the first place. According to the civil law, such new nullities are in an intermediate area between the two classic forms of invalidity (nullity and voidability), since they often have common features with one (such as the ex officio detection of defects and the lack of the limitation period for an action) or the other (such as the legitimacy limited only the so-called 'weak' part).

In this context, particularly important is the question of whether the relative nature of the nullity can prevail even in the absence of a derogation under art. 1421 of the Civil Code. That is, if the rule of relative legitimation is applicable, except for the hypotheses expressly provided for by law, whenever the contracting parties have an 'asymmetrical' position. Protective nullity, in this way, would extend its sphere of application beyond the act of consumption, including the civil and trade act.

1. Statuti della invalidità Da ormai più di un trentennio la civilistica italiana denuncia la crisi di alcune delle categorie concettuali tradizionali su cui è fondato il nostro ordinamento civile: crisi che affonda le sue radici nel mutato assetto politico e istituzionale (nazionale e, soprattutto, europeo), nella trasformazione e frammentazione del sistema delle fonti, nella perdita di centralità del codice civile. Una delle categorie che risente maggiormente di tali mutamenti è quella della invalidità contrattuale, che il codice del 1942 ha disegnato intorno a due istituti fondamentali, “nullità” e “annullabilità”, disciplinati secondo regole e princìpî non omogenei. Nullità e annullabilità, nel sistema codicistico, attuano una netta bipartizione delle ipotesi di patologia negoziale [1]. Un’argomentazione fondata su criterî empirici – priva di utilità sul piano concettuale, ma alla quale sovente è fatto ricorso – distingue tra casi più e meno gravi. Negli uni, è compromessa la completezza o la liceità del contratto, sicché l’ordinamento ne svolge una valutazione radicalmente negativa, rifiutandogli validità e, tendenzialmente, efficacia [2]. Negli altri, la patologia insiste sulla formazione o sulla manifestazione della volontà negoziale; e l’ordinamento riconosce all’atto, prodotto di tale volontà alterata, una efficacia interinale e provvisoria, che può venire meno esclusivamente su iniziativa della parte nel cui interesse sia prevista la causa di caducazione del rapporto: sono queste le ipotesi di annullabilità. Secondo un’opinione, assai diffusa e generalmente condivisa, l’ordinamento sanzionerebbe con la nullità quei contratti che, se lasciati liberi di spiegare i propri effetti, determinerebbero la lesione di interessi generali della collettività; l’annullamento avrebbe luogo, invece, nei casi in cui la stipulazione del contratto integri la violazione di regole poste a tutela di interessi meramente individuali. Questa veduta funzionalistica troverebbe conferma nella disciplina positiva dei due istituti. Il contratto nullo è affetto da un vizio non sanabile (art. 1423 cod. civ.); la legittimazione processuale a fare valere la nullità del contratto, mediante esercizio di un’azione imprescrittibile (art. 1422 cod. civ.), è riconosciuta a “chiunque vi abbia interesse”, potendo il vizio essere rilevato anche d’ufficio dal giudice, mediante pronuncia meramente dichiarativa (art. 1421 cod. civ.). Per altro verso, giacché il vizio colpisce il momento relativo alla formazione o alla manifestazione della volontà negoziale, soltanto il soggetto nel cui interesse è prevista la causa di annullamento [continua..]

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