Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo leggi articolo leggi fascicolo


La retribuzione del socio di cooperativa tra principi costituzionali e vincoli di sistema (di Susanna Palladini (Prof. associato di diritto del lavoro dell’Università di Parma))


L’articolo esamina la disciplina del trattamento economico del socio lavoratore di cooperativa: partendo dall’interpretazione delle diverse disposizioni contenute all’interno della legge n. 142/2001, il saggio cerca di evidenziare i punti di specialità della disciplina, mettendo in risalto le ricadute del collegamento negoziale sulla disciplina tipica del rapporto di lavoro.

The cooperative shareholder's remuneration: constitutional principles and system's constraints

This essay has the scope to examine the rules governing cooperative shareholder’s emoluments. Starting with the interpretation of various provisions contained in L. n. 142/2001, this article highlights the disciplines’ peculiarities, focusing on the implications of related agreements on the standard regulation.

1. Premessa La “specialità” del rapporto di lavoro del socio di cooperativa trova in materia di retribuzione – insieme alla inapplicabilità dell’art. 18 St. lav. ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo – una delle sue maggiori estrinsecazioni, a dimostrazione, secondo alcuni, che in base al disposto normativo di cui alla legge n. 142/2001, soprattutto all’indomani della cd. «controriforma» di cui alla legge n. 30/2003, il rapporto associativo prevarrebbe su quello di lavoro e ne giustificherebbe l’allontanamento dalla disciplina tipica di alcuni dei suoi principali istituti [1]. La portata di questa impostazione, per quanto generalmente condivisa, deve essere attentamente valutata proprio in relazione alla disciplina del trattamento economico del socio lavoratore, per verificare se effettivamente ragioni di specialità portino all’applicazione di regole sostanzialmente diverse da quelle riferibili ad un lavoratore non socio, oppure non siano piuttosto procedure diversificate per arrivare ad un risultato analogo a quello riscontrabile al di fuori di questa particolare struttura contrattuale. Del resto, lo stesso motivo trainante dell’inizia­tiva riformatrice è stato quello di legittimare l’invasione di campo del diritto del lavoro rispetto al diritto societario per offrire al socio lavoratore garanzie e tutele recuperate direttamente dalla disciplina dell’impiego privato per così dire “ordinario”, per cui, per non vanificare lo sforzo, non pare possa negarsi una geometria del collegamento tra i due contratti che sia bi-direzionale [2], per dare ingresso, con la stipulazione dell’«ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma, o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione non occasionale (…) (a)i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla legge, nonché in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte» (art. 1, comma 3, legge n. 142/2001). La “specialità” del rapporto di lavoro del socio di cooperativa deve dunque essere intesa come “reagente” del diritto del lavoro nel contatto con il contesto cooperativistico: questo determina che tra lavoratore non socio e socio lavoratore vi sia identità di contratto, ma non identità di trattamento, perlomeno non in tutte le situazioni. I due momenti maggiormente nevralgici del rapporto di lavoro, infatti, vale a dire il trattamento economico e la tutela contro il licenziamento illegittimo, sono dal legislatore disciplinati in modo da non lasciare spazio al vaglio della compatibilità, come per altri istituti, ma vengono disciplinati direttamente in base alle ripercussioni [continua..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login

inizio