Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

08/12/2018 - Il cantiere, l’esplosione e l’applicazione dell’art. 2051 cod. civ. al datore di lavoro e agli infortuni sul lavoro

argomento: Editoriale

Nel caso in cui un danno sia stato causato al lavoratore da cosa che il datore di lavoro ha in custodia, con il correlato obbligo di vigilanza e di controllo, qualora sia accertato il nesso eziologico tra il danno stesso e l’ambiente e i luoghi di lavoro, sussiste ai sensi del combinato disposto degli artt. 2051 e 2087 cod. civ. una responsabilità del datore di lavoro, salva la prova del caso fortuito (principio di diritto desunto dalla sentenza). In particolare, è cosa in custodia ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. il cantiere, qualora il lavoratore subisca un infortunio per l’esplosione di materiale presente nel cantiere stesso, dopo la sua consegna al datore di lavoro, che vi doveva eseguire attività edile.

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Il principio di diritto trova riscontro nella giurisprudenza, per cui, “qualora il dipendente di una società, appaltatrice di lavori da eseguire in una area in proprietà del committente, riporti un infortunio, dei danni risponde la società medesima, a cui la consegna dell'area è di regola sufficiente a trasferirne la custodia esclusiva” (v. Cass. 22 gennaio 2015, n. 1146). Anzi, “ai fini della configurabilità della responsabilità del datore di lavoro, ai sensi dell'art. 2087 cod. civ., nell'ipotesi in cui il danno sia stato causato al lavoratore da cose che il datore di lavoro aveva in custodia e, a maggiore ragione, in quella in cui lo stesso datore, in ragione dell'attività da lui esercitata, abbia ricevuto in consegna un oggetto che il lavoratore sia stato incaricato di elaborare, sussiste a carico del datore di lavoro (sempre che siano certi l'esistenza del danno e il rapporto di causalità con l'ambiente lavorativo) una presunzione di colpa, derivante dalla concorrente applicabilità degli artt. 2051 e 2087 cod. civ., presunzione che può essere superata solo dalla dimostrazione dell'avvenuta adozione delle cautele antinfortunistiche e della natura imprevedibile e inevitabile del fatto dannoso (nella specie, la sentenza di merito, confermata, aveva affermato la responsabilità di una impresa di riparazione di pneumatici in relazione all'infortunio occorso a un suo dipendente che, mentre era intento al gonfiaggio di un pneumatico, era rimasto colpito in viso dal cerchione sganciatosi per il cedimento dei bulloni causato dallo stato di usura dello stesso pneumatico)” (v. Cass. 14 agosto 2004, n. 15919).

Perciò, “per quanto l'art. 2087 cod. civ. non configuri una ipotesi di responsabilità oggettiva, ai fini dell'accertamento della responsabilità del datore di lavoro, al lavoratore che lamenti di avere subìto, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute incombe l'onere di provare l'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro e il nesso causale fra questi due elementi; quando il lavoratore abbia provato tali circostanze, grava sul datore di lavoro l'onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verìficarsi del danno; ove poi il danno derivi da un macchinario che il lavoratore aveva il compito di manovrare, è applicabile, in via residuale, l'art. 2051 cod. civ., allorché il danno sia stato prodotto da un comportamento delle cose anzidette anomalo e in nessun modo influenzato dall'uso fattone per l'esecuzione della prestazione lavorativa, atteso che, in tale ipotesi, il lavoratore, pure in immediato contatto con la cosa produttiva del danno, si trova, rispetto alla medesima (quanto alla genesi e alle conseguenze del fatto dannoso) in una relazione di sostanziale estraneità, non dissimile da quella di un soggetto non impegnato nell'attività lavorativa trovatosi casualmente nelle vicinanze della cosa, con la differenza che il lavoratore, cui dal datore di lavoro sia assegnato l'uso del macchinario, deve utilizzarlo come strumento di lavoro e per obbligo contrattuale e che il datore di lavoro non può evitare la propria responsabilità se non provando, a prescindere dalla violazione di specifici obblighi normativi, la causale connessione del danno con un comportamento anomalo del lavoratore, che di questo sia stato la causa esclusiva” (v. Cass. 20 giugno 2003, n. 9909).