Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

05/10/2022 - Gli infortuni sul lavoro oggi in Italia. Dati ufficiali e situazione effettiva.

argomento: Editoriale

Abstract: L’articolo approfondisce la grave tematica degli infortuni mortali in Italia connessi con l’attività lavorativa e vuol mettere in evidenza la contraddittorietà e la scarsa attendibilità dei dati ufficiali e la necessità di coordinati e sistematici controlli ispettivi, sia preventivi che successivi.

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di Piero Righetti

1. L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro – gestita dall’INAIL – è la prima assicurazione sociale introdotta nel nostro ordinamento giuridico: obbligatoria dal 1898 per l’industria (ma prevista in forma facoltativa sin dal 1883), nel 1917 è stata estesa all’agricoltura (1).

Oggetto di pochissime disposizioni di legge – circostanza questa da considerarsi quasi eccezionale per l’ordinamento giuridico italiano – è attualmente disciplinata dal T.U. DPR 30.05.1965 n. 1124, modificato in modo rilevante dal D.lgs. 23.02.2000 n. 38 ed integrato da una serie di sentenze che ne hanno completato nel tempo campo e modalità di applicazione.

Scopo di questa assicurazione è tutelare i lavoratori dipendenti dai danni patrimoniali e biologici che possono derivare da un infortunio o da una malattia professionale, tutela che è stata estesa all’infortunio in itinere e a quello delle casalinghe e delle persone che si infortunano in famiglia svolgendo attività non retribuite.

Questo articolo ha lo scopo di analizzare il fenomeno “infortuni sul lavoro oggi” mettendone in evidenza sia gli eventuali aspetti positivi sia quelli negativi o comunque migliorabili; a cominciare dalla completezza e dalla attendibilità dei dati per così dire “ufficiali” che lo stesso INAIL invita a valutare con la necessaria cautela e prudenza e tenendo conto del fatto che “nel numero complessivo degli infortuni sono comprese anche le comunicazioni obbligatorie effettuate ai soli fini statistici e informativi da tutti i datori di lavoro e i loro intermediari – compresi i datori di lavoro privati di lavoratori assicurati presso altri enti o con polizze private – degli infortuni che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento” (2).

E questo è proprio il cuore del problema che l’articolo intende affrontare e valutare alla luce in particolare del fatto che – come in seguito vedremo – i dati INAIL appaiono secondo molti osservatori e analizzatori di questo fenomeno “poco attendibili e comunque incompleti e con numeri inferiori a quelli reali”.

La disciplina legislativa e regolamentare in vigore, come integrata dalla giurisprudenza, può dirsi comunque sin d’ora non pienamente esaustiva del fenomeno infortunistico e tale da “coprire” spesso in ritardo la realtà quotidiana (3).

 

2. I dati sugli infortuni mortali.

2.1. I dati ufficiali.

Secondo quanto comunicato dall’INAIL “salgono nei primi sette mesi del 2022 le denunce di infortunio sul lavoro presentate dall’Istituto: sono state 441.451 e cioè il 41,1% in più rispetto allo stesso periodo del 2021”. In calo sarebbero invece gli infortuni con esito mortale (detti comunemente morti bianche), che sarebbero 569 e cioè il 16% in meno. Lo stesso INAIL precisa nel proprio comunicato stampa che “il confronto con i dati degli anni precedenti va fatto comunque con cautela” perché proprio gli infortuni mortali in particolare “sono soggetti all’effetto distorsivo di punte occasionali e dei tempi di trattazione delle pratiche”.

Tanta cautela dunque nel valutare questi dati ufficiali, dati che sarebbero nettamente inferiori a quelli reali, come risultanti ad alcune organizzazioni private che si occupano da tempo dei dati infortunistici.

2.2. I dati non ufficiali e quelli di EUROSTAT.

Secondo ITALIA DATI il fenomeno delle morti bianche “accompagna tragicamente lo sviluppo di molti Paesi europei, compresa l’Italia… Agli elevati livelli di benessere e qualità della vita raggiunti nell’Unione Europea continua a contrapporsi il perpetrarsi nel tempo del fenomeno delle morti bianche… Una delle maggiori problematiche riguardanti le piaghe delle morti e degli infortuni sul lavoro – in Italia e non – è quella relativa alla misurazione del fenomeno… La probabilità di andare incontro ad un infortunio (fatale o non) è correlata all’attività lavorativa svolta… Il numero di infortuni tra i lavoratori in nero è particolarmente difficile da stimare: questi ultimi, non godendo di certe tutele, sfuggono ad ogni statistica.

Secondo una nota EUROSTAT del gennaio 2022 in Europa nel 2019 (ultimi dati al momento disponibili) sono stati accertati 3.408 morti sul lavoro (e cioè 76 in più rispetto al 2018) (4), con una media ogni 100.000 occupati – continua EUROSTAT – di 2,6 morti in Italia a fronte del 2,2 di quella europea, dell’1,1 della Germania, del 3,3 della Spagna e del 4,8 della Francia. Sempre nella relazione di ITALIA DATI viene sottolineato che quello delle morti bianche “riguarda in larga misura un fenomeno evitabile [almeno in parte ritengo io], spesso connesso ad una scarsa cultura della prevenzione e della sicurezza. Di tutti gli incidenti mortali sul lavoro nell’Unione Europea – continua la nota – più di 1/5 (22,2%) è avvenuto nel settore delle costruzioni, il 15% nel settore dei trasporti e del magazzinaggio, il 14,8% in quello manifatturiero e il 12,5% in quello dell’agricoltura, silvicoltura e pesca.

2.3. I dati dell’Osservatorio di Bologna.

A sua volta l’Osservatorio indipendente di Bologna “morti sul lavoro” ritiene che un alto numero di morti bianche sfugga alle statistiche sia dell’INAIL, sia dell’Osservatorio stesso che pur include nei propri dati i lavoratori in nero, le morti non denunciate e quelle che l’INAIL non ha potuto accertare.

“Dal 2016 al 2020 – precisa questo Osservatorio – all’INAIL sono pervenute mediamente 630.000 denunce l’anno e il numero reale dei morti potrebbe essere addirittura il doppio di quello comunicato dall’INAIL stesso, che esclude dalle proprie statistiche le morti non denunciate (ovviamente) e quelle dei lavoratori in nero.

Sempre secondo l’Osservatorio di Bologna – che comprende nei propri dati anche lavoratori non dipendenti come gli agricoltori, spesso già pensionati – dal 1° gennaio 2008 sarebbero addirittura più di 20.000 le persone decedute in infortuni sul luogo di lavoro o “in itinere” (6).

I dati reali sulle morti bianche sarebbero superiori a quelli dell’INAIL anche secondo l’Osservatorio sicurezza sul lavoro, Vega Engineering di Mestre, per il quale le morti sono più elevate tra i lavoratori più anziani e tra quelli più giovani e più frequenti nella giornata di martedì (7).

2.4. L’attenzione data a questi problemi.

Nonostante questi numeri davvero impressionanti durante la recente campagna elettorale nessun partito e nessun aspirante parlamentare (a quanto mi risulta) ha parlato della necessità di affrontare il problema dei morti sul lavoro, al contrario di Matteo Zuppi, nominato da poco Presidente CEI, che ha sottolineato, e non una volta soltanto, che “il lavoro è luogo di vita e non occasione di morte”.      

Ne ha parlato anche nel suo discorso di insediamento Silvana Sciarra, neo presidente della Corte Costituzionale, che, nel ricordare l’attenzione che la Corte non può non dare ai problemi del mondo del lavoro, ha sottolineato che “l’Italia ha un corpo di norme sulla tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro molto avanzato, che è studiato come modello… ma questo non ci può consolare. Ci sono errori, omissioni a monte di questi eventi drammatici, c’è bisogno di insistere utilizzando leggi che sono già molto avanzate. Ma c’è una scarsa attenzione nell’attuarle nel modo migliore”.

Scarsa è l’attenzione anche da parte della stessa Pubblica amministrazione – che dovrebbe invece assicurarne una puntuale e sistematica applicazione – come dimostrato da quanto accaduto recentemente all’interno del Ministero degli Esteri e del 2° Municipio del Comune di Roma in cui, rispettivamente, un ascensorista è morto e un operaio è rimasto gravemente ferito a causa, per quest’ultimo caso (sembrerebbe), di impalcature montate “non a norma”.

3. L’alternanza scuola-lavoro.

Alle morti bianche non sfuggono nemmeno, purtroppo, gli studenti impegnati nella cosiddetta alternanza scuola/lavoro propedeutica ad una occupazione e riguardante in particolare l’ultimo anno delle scuole professionali.

Nel 2022 ci sono già stati tre episodi mortali che hanno coinvolto un 16enne e due 18enni e per i quali sono ancora in corso i dovuti accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria, accertamenti che in casi analoghi hanno evidenziato, oltre ad una tragica fatalità, anche la mancanza delle necessarie e obbligatorie misure di prevenzione.

Nei primi mesi di quest’anno era iniziato l’esame, da parte delle Camere, di un progetto di legge di riforma dell’attuale sistema di alternanza scuola-lavoro e, più in generale, degli stage, progetto di legge – che prevedeva il diritto ad una retribuzione sia pure ridotta, maggiori controlli e particolari misure di sicurezza – che è purtroppo decaduto per l’anticipata fine della legislatura.

4. Il sistema dei controlli ispettivi.

All’elevatissimo numero di morti sul lavoro e per il lavoro contribuisce (negativamente) anche la scarsa e non coordinata attività ispettiva specifica.

Sul punto va sottolineato che, oltre che dagli ispettori dei maggiori e minori enti previdenziali, l’attività di vigilanza e di prevenzione viene svolta da un apposito Comando Carabinieri per la tutela del lavoro e dalla Guardia di Finanza e, più recentemente, dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) istituito dal decreto legislativo 149/2015 e il cui personale è stato recentemente aumentato del 65% con l’assunzione di 2.580 persone. Nel suo Rapporto Annuale 2021 l’INL – che deve ora occuparsi di controllare non più soltanto i cantieri edili ma in generale tutti i vari settori produttivi – ha comunicato che “nel 62% dei controlli effettuati sono state riscontrate numerose e gravi irregolarità soprattutto nelle attività edili, di trasporto, di ristorazione e di magazzinaggio, nonché in quelle artistiche, sportive e di intrattenimento (come lavoratori in nero o fittizi e non rispetto degli orari di lavoro e delle misure di sicurezza). Queste irregolarità riguardano per il 70% il Nord-Est e per il 60% il Sud”. Il report dell’INL sottolinea infine come proprio i controlli riescano a ridurre queste irregolarità: “più ispezioni meno lavoro nero, meno lavoro nero meno concorrenza sleale e maggior tutela dei diritti individuali e collettivi”.

Un recente studio di Confartigianato ha evidenziato che il numero dei lavoratori irregolari, maggiore nei rapporti di lavoro più brevi o precari, riguarda più di tre milioni di persone e determina un aumento dell’11,3% del PIL nazionale.

Il valore annuo dell’economia sommersa infine – per il cui maggior controllo un apposito decreto legge prevede l’istituzione presso l’INL di un Portale Nazionale in cui far confluire (finalmente!) i risultati dell’attività ispettiva in materia di lavoro svolta dall’INL stesso, dall’INPS, dall’INAIL, dagli enti previdenziali minori, dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza – è stato stimato dall’ISTAT in oltre 200 miliardi di euro.

5. Osservazioni conclusive. Possibili soluzioni.

L’aumento del numero di morti e di infortuni sul lavoro nel 2021 e nel 2022 si deve sicuramente, almeno in parte, ai tanti cantieri “improvvisati” e alle ditte di nuova costituzione che hanno voluto “approfittare” del boom edilizio dovuto all’introduzione del 110%, del cappotto termico e delle facilitazioni introdotte per favorire la ripresa di un settore in pratica bloccato dall’esplodere del Covid e dalle conseguenti necessarie limitazioni.

Ma a questa “esplosione edilizia” avrebbe dovuto seguire un aumento esponenziale dei controlli e delle ispezioni, aumento che invece non c’è stato almeno su un piano sostanziale.

La situazione è stata certamente aggravata dall’aumento dei contratti di lavoro a termine e di breve durata che hanno facilitato lavori abusivi, in nero o comunque irregolari.

S’è già detto: la nostra normativa antinfortunistica è tra le più avanzate in Europa ma molto spesso è totalmente o parzialmente ignorata sia per la necessità (o comunque per la volontà) di diminuire i costi e aumentare i profitti, sia per la quasi certezza che i controlli saranno (se ci saranno) saltuari, spesso limitati a cogliere più gli aspetti formali e “di facciata” che quelli sostanziali di non applicazione della regolamentazione antinfortunistica.

L’attuale e sempre più accentuata crisi energetica e un’inflazione galoppante ridurranno ulteriormente questo già scarso rispetto dell’attività di prevenzione e di formazione.

Di qui la necessità di avviare, da subito, un’attività ispettiva e di controllo sistematica, pressante e veramente coordinata, guidata dall’INL e basata su un efficiente e continuo scambio di dati e di notizie (il più possibile in tempi reali) tra l’INAIL, l’INL stesso, sindacati e associazioni professionali.

Come già ricordato la neo presidente della Corte Costituzionale Silvana Sciarra ha evidenziato da subito che la nostra normativa sulla sicurezza nel lavoro è addirittura presa “come modello” all’estero ma “ci sono errori, omissioni a monte di questi eventi drammatici” e “c’è una scarsa attenzione nell’attuarla nel modo migliore”.

Ma è altrettanto vero che molto si potrebbe fare per ridurre la precarietà dei rapporti di lavoro, il superficialismo, la mancanza di professionalità imprenditoriale e lavorativa e per migliorare un’attività ispettiva spesso solo formale, sporadica e non coordinata.

E a tutto ciò potrebbero e dovrebbero accompagnarsi nuove intese tra Governo e organizzazioni sindacali e imprenditoriali sulla riduzione giornaliera e settimanale delle ore di “lavoro tradizionale” e sull’aumento di quelle “da remoto” (8). Misura, questa della riduzione del lavoro “fuori casa”, conseguenti all’esplodere del Covid ed utile anche per abbassare la disoccupazione in Italia, ancora troppo elevata – e certamente superiore a quella “ufficiale” – a causa anche dei tanti, giovani e meno giovani, che non si iscrivono nelle liste di disoccupazione e non cercano nemmeno privatamente un posto di lavoro.

Un altro importante problema dovrebbe essere affrontato nei prossimi mesi, e possibilmente avviato a soluzione: quello della non completezza e della contraddittorietà dei dati sugli infortuni mortali.

Non è possibile ed è davvero vergognoso che non si riesca ad avere numeri certi e sicuri su un fenomeno così grave e rilevante.

Note:

(1) 1L’assicurazione contro le malattie professionali è stata invece prevista nel 1929 ma è diventata operativa solo dal 1934, v. M. Cinelli, Diritto della Previdenza Sociale, Giappichelli, 2007, ppg. 428 e seguenti.

(2) V. la nota INAIL dal titolo “Infortuni e malattie professionali: gli open data INAIL dei primi sette mesi del 2022”, pubblicata sul suo sito ufficiale (ultimo aggiornamento 30.08.2022).

(3) Una caratteristica questa comune comunque a tutto il diritto previdenziale e del lavoro la cui prima “fonte di diritto” è chiaramente la realtà quotidiana.

(4) Sottolineo che EUROSTAT prende in considerazione solo i morti “in occasione di lavoro” e non anche i caduti “fuori dall’azienda” come quelli in itinere.

(5) Attivo dal 1° gennaio 2008, istituito e diretto da Carlo Soricelli, prende in considerazione “anche i morti sul lavoro non assicurati all’INAIL (oltre 4 milioni di lavoratori), i morti in nero, gli agricoltori spesso pensionati che continuano a lavorare e i tantissimi morti sulle strade e in itinere che non vengono riconosciuti come tali”, come si legge nel suo sito ufficiale, aggiornato quotidianamente.

(6) Il 2 ottobre u.s. sul suo sito l’Osservatorio di Bologna, che monitora i morti sul lavoro dal 1° gennaio 2008, ha comunicato che “chiuderà alla fine del 2022” e che “il numero reale di morti rilevati dall’Osservatorio stesso è stato tutti gli anni il 30% in più di quello ufficiale dell’INAIL… In questi quindici anni sono morti complessivamente per infortuni oltre 20.000 lavoratori. I morti indicati sono tutti quelli che muoiono lavorando, compresi quelli non assicurati INAIL, quelli in nero e gli agricoltori spesso già pensionati. Dall’inizio di quest’anno – conclude la nota – sono morti 1.186 lavoratori complessivi, 602 nei luoghi di lavoro, i rimanenti in itinere e sulle strade”.

(7) V. La Repubblica Economia Gedi Digital del 2 ottobre u.s.

(8) Secondo una recentissima indagine dell’Inapp, tuttavia, molti di coloro che stanno già lavorando da remoto vorrebbero ora la diminuzione dei giorni e delle ore di lavoro da casa in conseguenza del sempre più accentuato caro-bollette.

Bibliografia:

M. Cinelli, Diritto della previdenza sociale, Giappichelli, 2007: in part. ppg. 428 e seguenti.

R. Pessi, Lezioni di diritto della Previdenza Sociale, CEDAM W.K., 2016, in part. ppg. 341 e seguenti.

G. Santoro Passarelli, Diritto dei lavori e dell’Occupazione, Giappichelli, 2021.

A. Tursi-P.A. Varesi, Istituzioni di diritto del lavoro, CEDAM W.K., 2016.