Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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I criteri di scelta nel licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo (di Paola Mazzeo, Magistrato presso la Corte d'Appello di Firenze, Sezione lavoro)


La relazione tratta il problema, pratico, se i criteri di scelta nel licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo rientrano nel “fatto” di cui all’art. 18, comma 7, legge n. 300/1970, o se invece la loro violazione rientra nelle “altre ipotesi” di cui allo stesso comma, con le conseguenti differenze di tutela.

The selection criteria in individual dismissal for justified objective reason

The report deals with the practical problem of whether the criteria for choosing the worker to be dismissed – in dismissal for economic reasons – are part of the “fact” referred to in art. 18 of law no. 300/1970, or if their violation falls within the “other hypotheses” referred to in the same paragraph. The consequences are different.

SOMMARIO:

1. Delimitazione dell’argomento - 2. Collocazione dei criteri di scelta all’interno del giustificato motivo oggettivo - 3. Incidenza della sentenza della Corte costituzionale n. 125/2022 - NOTE


1. Delimitazione dell’argomento

L’argomento, in apparenza limitato, è interessante perché tocca molti a­spetti problematici del licenziamento per g.m.o. Per la verità, l’argomento era forse più attuale qualche anno fa, quando la crisi economica iniziata nel 2008 e divenuta poi strutturale aveva comportato il ridimensionamento di molte imprese; si poneva così il problema di stabilire, appunto, quali fossero i limiti al potere datoriale di scegliere, in un insieme di lavoratori sostanzialmente fungibili, quello/i da licenziare e quello/i, invece, da mantenere in organico. Oggi, dopo la pandemia, nel contenzioso giudiziario – per quello che mi è dato osservare – si notano invece, prevalentemente, riduzioni del personale derivanti dall’innovazione tecnologica, che fa venir meno vere e proprie mansioni, non solo dei posti; sicché il problema ora più frequente è, piuttosto, quello della riutilizzabilità o meno dei dipendenti addetti a quelle mansioni. La relazione del collega dott. Marangoni è stata molto esaustiva, ma cerco ugualmente di aggiungere qualche elemento, iniziando dall’importanza di delimitare il problema dei criteri di scelta nel licenziamento individuale, rispetto ad altre tematiche. Esso presuppone una contrazione dell’attività produttiva (p.es. un magazzino di logistica che perde dei clienti; un negozio che registra un calo delle vendite; un call center che non ottiene il rinnovo di un appalto). Se invece non vi è un calo, ed il datore intende semplicemente redistribuire il lavoro tra un numero più ristretto di dipendenti, non si può parlare di giustificato motivo oggettivo: questo deve sempre comportare una riorganizzazione, quale non può essere semplicemente un aumento dei carichi individuali (a meno che non si accompagni alla dotazione di nuovi strumenti che rendono più produttivo il lavoro di ciascuno). Solo in presenza, quindi, del duplice presupposto del calo oggettivo del­l’attività aziendale e della pluralità di lavoratori fungibili ci si deve occupare del rispetto dei limiti alla scelta, limiti individuati dalla Corte di Cassazione in mancanza di norme in materia. Di ciò ha già trattato la relazione del dott. Marangoni; vorrei solo aggiungere, alla sua rassegna, che anche riguardo al criterio dell’anzianità di servizio si pone un problema di [continua ..]


2. Collocazione dei criteri di scelta all’interno del giustificato motivo oggettivo

Importante è poi stabilire dove si collocano esattamente i criteri di scelta, all’interno dell’istituto del giustificato motivo oggettivo. Cioè: se questo è formato necessariamente da: a) la ragione produttiva/organizzativa di cui all’art. 3 legge n. 604/1966; b) il collegamento causale tra essa e la soppressione del posto di lavoro; c) l’impossibilità del repechage (ed è costante nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione che questi elementi debbano essere tutti presenti [1]), i criteri di scelta dove si inseriscono? La questione è evidentemente pratica. Sembrerebbe che rientrino nel rapporto causale tra la ragione economica ed il licenziamento del lavoratore, o dei lavoratori (licenziamento individuale plurimo). Se è così, la mancanza di un criterio ragionevole comporta la “insussistenza del fatto”, di cui all’art. 18, comma 7, dello Statuto. Ne conseguirebbe, secondo tale norma, il diritto del lavoratore alla reintegrazione, e non solo alla tutela indennitaria. La Corte di Cassazione, tuttavia, si è pronunciata in senso diverso: la mancanza di un valido criterio di scelta tra più dipendenti fungibili rientra invece nelle “altre ipotesi in cui il giudice accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo oggettivo”, nelle quali il lavoratore ha diritto al solo risarcimento del danno, sempre ai sensi del comma 7 [2]. Questo assunto desta qualche perplessità perché pare in contrasto con le numerose sentenze in cui la Suprema Corte ha affermato che la mancanza di un rapporto causale tra la decisione riorganizzativa ed il licenziamento costituisce una “manifesta insussistenza del fatto”, quindi dà luogo alla reintegrazione [3]. Forse, la Corte ritiene che il collegamento causale essenziale sia quello tra la ragione economico-produttiva e la soppressione di un posto di lavoro in quanto tale, e che non sia altrettanto importante il collegamento tra tale ragione ed il licenziamento di un certo lavoratore anziché di un altro. O forse, le predette sentenze che hanno collocato la mancanza di ragionevoli criteri di scelta nelle “altre ipotesi” dipendono dal testo originario del comma 7, che com’è noto richiedeva, ai fini della reintegrazione, che l’insussistenza del fatto fosse, appunto, “manifesta”; [continua ..]


3. Incidenza della sentenza della Corte costituzionale n. 125/2022

In ogni caso, la Corte costituzionale ha fatto propria tale posizione della giurisprudenza di legittimità: nella sentenza n. 125/2022, pur dichiarando incostituzionale il comma 7 proprio nella parte in cui richiede – ai fini della tutela reintegratoria – che l’insussistenza del fatto sia “manifesta”, ha precisato: “Rientrano nell’area della tutela indennitaria le ipotesi in cui il licenziamento è illegittimo per aspetti che, pur condizionando la legittimità del licenziamento, esulano dal fatto giuridicamente rilevante, inteso in senso stretto. In tale ambito si colloca il mancato rispetto della buona fede e della correttezza che presiedono alla scelta dei lavoratori da licenziare, quando questi appartengono a personale omogeneo e fungibile”. Dopo questa sentenza, evidentemente, appare difficile rimettere in discussione il ruolo dato dalla Corte di Cassazione ai criteri di scelta, cioè la loro collocazione al di fuori del “fatto”. Difficile e tutto sommato non necessario, considerando che il quadro complessivo della materia risultante dall’inter­vento della Corte costituzionale sul comma 7 è ben più tutelante e tranquillizzante rispetto alla situazione precedente, in cui, secondo il testo originario della norma, non solo la reintegrazione dipendeva dall’incerto requisito della manifesta insussistenza del fatto, ma il giudice pur in presenza di un’insussi­stenza particolarmente evidente poteva scegliere se applicare la tutela reale o quella solo risarcitoria (e il tutto, peraltro, sullo sfondo del principio prevalso nella giurisprudenza di legittimità per cui può procedere al licenziamento per g.m.o. anche l’impresa che produce utili). Ora invece, grazie anche alla sentenza n. 59/2021, che ha dichiarato incostituzionale la suddetta discrezionalità di scelta in capo al giudice, almeno si è riportato nella tutela reale ogni ipotesi di insussistenza del fatto, manifesta o meno, e senza alcuna discrezionalità. Tuttavia, la discussione sul punto non pare definitivamente chiusa. La Suprema Corte ha esaminato in alcune sentenze la prospettata disparità di trattamento, in caso di violazione o mancanza di criteri di scelta, tra i lavoratori colpiti da licenziamento individuale, che, come si è detto, hanno diritto solo all’indennità risarcitoria di cui al comma, ed i [continua ..]


NOTE