Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Lo status costituzionale del militare in ottica comparata. Il caso della libertà sindacale (di Agostino Araneo, Dottorando Università degli Studi di Teramo)


L’articolo affronta la complessa sfida di classificare gli statuti militari oggi esistenti. Classificare gli ordinamenti militari contemporanei è una sfida ardua e complessa dal momento che il funzionamento e la struttura del singolo ordinamento dipendono da innumerevoli fattori. Tuttavia, in tutti i sistemi oggi esistenti è riscontrabile una costante comune: l’attri­buzione al militare di uno status giuridico particolare e differenziato rispetto a quello generalmente previsto per gli altri consociati. Con l’intento di indagare lo status del militare in ottica comparata, al fine di proporre un’utile indagine comparativa, l’articolo si sofferma sulla libertà sindacale riconosciuta agli appartenenti alle Forze Armate in ordinamenti quali quello tedesco, quello spagnolo e quello francese.

Military’s constitutional status from a comparative perspective. The case of trade union Freedom

This article addresses the intricate challenge of classifying existing military statutes. Classifying contemporary military systems is a daunting and complex task, given that the functioning and structure of each system depend on numerous factors. However, a common thread emerges across all present systems: the attribution of a distinct and differentiated legal status to military personnel compared to that generally afforded to other citizens. With the aim of investigating the military status in a comparative perspective and providing a valuable comparative study, the article focuses on trade union freedom granted to members of the Armed Forces in legal frameworks such as those of Germany, Spain, and France.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Prospettive di classificazione - 3. L’individuazione di un ulteriore parametro: lo status giuridico del militare - 4. La specificazione del parametro selezionato: la libertà sindacale - 4.1. Il diritto sindacale militare tedesco - 4.2. L’associazionismo sindacale in Spagna - 4.3. La libertà sindacale del militare in Francia - 5. Brevi riflessioni conclusive - NOTE


1. Introduzione

Il “mondo” militare, mondo tanto noto quanto ignoto, invero alquanto trascurato nei discorsi accademici e dottrinali, negli ordinamenti contemporanei è quasi ovunque soggetto ad una disciplina unica e specifica, diversa rispetto a quella prevista per il resto del panorama costituzionale. Per gli interessi di rango super-primario e, invero, spesso finanche attinenti allo stesso concetto di Stato che il militare è chiamato a proteggere e tutelare, l’ordinamento di ciascun paese tende a riconosce all’organizzazione militare una certa e più o meno ampia autonomia, oltre che una propria indipendente organizzazione [1]. La struttura dell’apparato militare varia sensibilmente da paese a paese e neppure focalizzando l’indagine sulle sole principali democrazie europee pare, in realtà, possibile ricondurre a sistema gli ordinamenti militari attualmente esistenti, incasellando rigidamente ciascun modello all’interno delle poco elastiche categorie tassonomiche proposte dalla manualistica classica [2]. In ciascun contesto, l’organizzazione dell’assetto militare è riconducibile ad una scelta politica del Legislatore, scelta legata, in particolare, al substrato storico-politico di ogni paese. Le regole e i principi fondamentali che regolano l’organizzazione, le competenze, il funzionamento e il ruolo delle Forze Armate all’interno del contesto nazionale sono il frutto di vicissitudini storiche e politiche che caratterizzano nel profondo ogni singolo ordinamento. In tale settore, la globalizzazione pare non aver influito più di tanto: le tradizioni giuridiche nazionali continuano a dispiegare grande peso e, di conseguenza, si osserva una diversificazione marcata tra i diversi paesi. Pressoché ovunque, almeno in Europa, lo statuto militare, ovvero l’insieme delle disposizioni relative al ruolo, alle competenze e ai diritti delle Forze Armate, è sancito e disciplinato a livello costituzionale, quasi a voler sottolineare l’importanza, oltre che l’opportunità, di sottoporre l’uso della forza bellica ad un adeguato controllo, garantendo al contempo la difesa nazionale e la sicurezza [3]. Le disposizioni relative al framework delle Forze Armate disciplinano una serie di eterogenee questioni (tra cui la struttura organizzativa, i poteri del comandante in capo, il controllo parlamentare, la legge marziale, i [continua ..]


2. Prospettive di classificazione

Nello studio del diritto pubblico comparato, la classificazione degli statuti costituzionali militari può essere condotta prendendo come riferimento diversi parametri, ciascuno dei quali offre in realtà una prospettiva unica sul funzionamento delle Forze Armate. Tra i vari aspetti che possono essere assunti quali metro di comparazione, la manualistica tradizionale si è concentrata essenzialmente su due aspetti. Il primo attiene al ruolo che l’ordinamento riserva al Parlamento nel procedimento finalizzato all’adozione di decisioni relative alle operazioni e, più in generale, negli ordinamenti bicamerali, alla Camera diretta espressione della volontà popolare; il secondo, invece, riguarda l’allocazione del potere militare decisionale. In base al primo parametro (ruolo del Parlamento), si distinguono in primis quegli ordinamenti in cui all’organo di legittimazione popolare compete sia la deliberazione che la formale proclamazione dello stato di guerra [1] e, in secundis, quei contesti in cui, invece, sebbene la formale dichiarazione dello stato di guerra sia considerata prerogativa esclusiva del Capo dello Stato, del Presidente della Repubblica o del Re, a seconda che si tratti di un ordinamento repubblicano o monarchico, l’organo parlamentare è generalmente coinvolto nella sola antecedente fase deliberativa [2]. La classificazione proposta, tuttavia, non rappresenta fedelmente la – ben più complessa – realtà. Se, oltre a considerare il ruolo che il Parlamento svolge nella procedura finalizzata all’adozione della formale dichiarazione di guerra, si volesse indagare più nel dettaglio il ruolo riservato all’organo legislativo sulle decisioni lato sensu militari, lo sforzo tassonomico si complica notevolmente [3]. Così, ci si imbatte (i) in contesti in cui al Parlamento è riservato un controllo sul bilancio e sulle spese destinate all’apparato militare (Regno Unito) [4]; (ii) in paesi in cui un sindacato più penetrante sulle questioni militari è esercitato da apposite commissioni parlamentari costituite in seno all’organo rappresentativo (Stati Uniti) [5]; (iii) in ordinamenti in cui al Parlamento è riconosciuto un coinvolgimento anche sulle decisioni strategiche (Francia) – invero, spesso, altrove, rimesse alla sola discrezionalità militare – e, da [continua ..]


3. L’individuazione di un ulteriore parametro: lo status giuridico del militare

Sebbene gli ordinamenti militari contemporanei si presentino, per struttura e funzionamento, tra loro alquanto diversificati, in tutte le realtà contemporanee si riscontra una costante unificante: l’attribuzione al personale in ruolo nelle Forze Armate di uno status peculiare. Il mestiere delle armi, antico come quello dei sacerdoti, dai più giustamente considerato una vera e propria missione, allontana il cittadino in uniforme dal resto dei consociati: il militare gode di uno status giuridico differente rispetto a quello riservato ai civili, status giuridico differenziato che si giustifica per i valori di rango anche costituzionale che il militare è chiamato a proteggere e tutelare. Il particolare trattamento giuridico che lo Stato tende a garantire ai militari è pratica storicamente consolidata che si afferma sin dalla nascita dei primi eserciti professionali [1]. Gli antichi romani, fin dai tempi della Repubblica e poi, successivamente, durante gli anni del Principato, erano soliti riservare al personale militare peculiari prerogative ed importanti privilegi [2]. Essi erano milites e non quirites, cioè civili, termine addirittura considerato offensivo se attribuito ad un appartenente alla legione romana. Spesso, prima di ricoprire le più alte magistrature dello Stato, si era soliti affrontare il servizio militare e proprio partendo dalle fila dell’esercito qualcuno tra loro riuscì addirittura a divenire console (tra i diversi, Publio Cornelio Scipione Emiliano, Gneo Pompeo Magno) o impetratore (Massimino) [3]. Le fonti dell’epoca, ci tramandano che al termine del servizio militare molti soldati romani ricevevano terre in assegnazione come forma di ricompensa per il servizio prestato [4] (il c.d. donativum) e i soldati non cittadini che si erano spontaneamente arruolati, al termine della campagna militare, potevano finanche vedersi attribuire la cittadinanza romana, sia per loro stessi che per le loro famiglie [5]. Ancora più significativamente, a Roma, coloro che appartenevano ad una legione godevano di immunità penale, erano spesso giudicati da tribunali militari ed erano, quindi, di fatto, soggetti ad una giurisdizione separata rispetto a quella prevista in via generale per i civili [6]. Con la caduta dell’Impero romano d’occidente, l’Europa fu invasa da numerosi popoli barbari. In questi anni, e per gran parte del [continua ..]


4. La specificazione del parametro selezionato: la libertà sindacale

In ottica giuslavoristica, trattando dello status giuridico riconosciuto ai militari nei diversi contesti contemporanei, pare opportuno focalizzare l’attenzio­ne sull’esercizio della libertà sindacale. La scelta di trattare del diritto di associazionismo sindacale nel contesto militare si giustifica facilmente se si considera come tale libertà contribuisca in modo significativo a caratterizzare e differenziare lo status del militare all’interno del panorama giuridico. La libertà sindacale, intesa come il diritto di costituire e aderire liberamente a sindacati, è un principio basilare che trova applicazione in vari contesti sociali e professionali. Nel caso specifico del militare, tuttavia, tale diritto assume una rilevanza particolare e non è al personale delle Forze Armate garantito in modo assoluto e incondizionato. Inizio modulo I militari, in virtù della natura disciplinare dell’ordinamento militare, sono soggetti a normative rigorose che regolano il loro comportamento sia al di fuori che all’interno del contesto operativo. In questa prospettiva, il diritto alla libertà sindacale, indubbio pilastro delle democrazie occidentali ed avanzate, può, nel conteso militare, subire significative limitazioni: i militari potrebbero trovarsi soggetti a restrizioni nel formare o aderire a sindacati, in quanto tali organizzazioni potrebbero minare la gerarchia e, quindi, la coesione militare interna. Questo bilanciamento tra la libertà individuale e le esigenze di ordine e sicurezza pubblici rende l’associazione sindacale un argomento dibattuto in tutti i contesti nazionali, sia sotto il profilo dell’an – se tale libertà debba essere riconosciuta – sia, soprattutto, con riferimento alle limitazioni da imporre nel concreto all’esercizio di tale diritto [1]. In chiave sincronica, le restrizioni al diritto di libertà sindacale variano notevolmente da paese a paese. Alcune nazioni adottano un approccio più flessibile, consentendo una partecipazione sindacale limitata e circoscritta, mentre altri contesti impongono divieti più severi. Tali differenze, in realtà, risultano influenzate da fattori culturali, storici e politici specifici di ciascun ordinamento. Sulla base di tale individuato parametro pare, quindi, opportuno delineare come e con quali differenze le principali democrazie europee [continua ..]


4.1. Il diritto sindacale militare tedesco

Tra gli ordinamenti europei contemporanei, la Germania rappresenta senza dubbio il caso più particolare. Oltre che dalle disposizioni delle Legge Fondamentale, lo status giuridico del militare tedesco è principalmente delineato dal Soldatengesetz (Gesetz über die Rechtsstellung der Soldaten – SoldG) [1], normativa di rango primario che impone al personale in armi il rispetto di particolari doveri. Con il giuramento, in Germania, i soldati si impegnano a garantire e salvaguardare il mantenimento dello spirito democratico delle istituzioni (art. 8 SoldG), ad osservare il dovere di cameratismo (art. 12 SoldG), della discrezione (art. 14 SoldG), della riservatezza nell’attività politica (art. 15 SoldG) e a tenere un comportamento dignitoso (artt. 17/1 e 17/2 SoldG) che non comprometta il prestigio e l’immagine dell’istituzione militare. Il diritto di associazione è, invece, garantito al personale militare dall’art. 35 SoldG. Peculiare è il regime previsto con riferimento all’esercizio della libertà sindacale. Nell’ambito dell’ordinamento tedesco, il fondamento normativo della libertà di associazione sindacale, o “di coalizione” (Koalitionsfreiheit), si trova all’art. 9, comma 3, della Legge Fondamentale [2]. Per come disciplinata dalla Legge Fondamentale, la libertà sindacale comprende i requisiti della libertà associativa e, come indicato espressamente nel primo paragrafo del comma 3, è riconosciuta non solo a favore di impiegati, funzionari pubblici e giudici ma a vantaggio di tutti gli individui, compresi, quindi, anche i militari e gli appartenenti alle forze dell’ordine. Per quanto riguarda i militari (più precisamente, i “veri e propri” soldati), la libertà sindacale è stata formalmente riconosciuta sin dal 1966 con il c.d. Gewerkschaftserlass (Erlass über das Koalitionsrecht der Soldaten und der gewerkschaftliche Betätigung in den Kasernen), emanato dall’allora Ministro federale della difesa KaiUwe von Hassel. Il citato decreto stabilisce che, in accordo con quanto sancito dalla Legge Fondamentale e nel pieno rispetto dei doveri specifici previsti dal Soldatengesetz, anche il militare, come ogni altro privato cittadino, ha il diritto di costituire sindacati e di partecipare ad associazioni professionali e di categoria per la protezione e il [continua ..]


4.2. L’associazionismo sindacale in Spagna

Se lo status giuridico del militare tedesco si caratterizza per riconoscere al personale in uniforme ampi diritti e libertà, seppure soggetti alle particolari limitazioni descritte nel precedente paragrafo, il regime giuridico del militare spagnolo si contraddistingue, invece, per il suo carattere restrittivo [1]. All’entrata in vigore della Costituzione nel 1978, la disciplina sindacale per i militari era prevista e disciplinata dal r.d. 8 febbraio 1977, n. 10/1977 approvato durante il periodo della Transizione politica. Ciò spiega perché, a differenza di quanto sancito con riferimento ai giudici, ai magistrati e ai pubblici ministeri, che, per volere del costituente, non possono appartenere né a partiti politici né a sindacati quando ancora in servizio attivo (cfr. art. 127, comma 1, Cost.), la Costituzione spagnola non prevede il medesimo esplicito divieto anche per il personale militare. Tuttavia, pur non prevedendo in Costituzione particolari restrizioni, il costituente ha espressamente rimesso al Legislatore ordinario la possibilità di introdurre limiti all’esercizio della libertà sindacale per il personale in divisa. Il primo paragrafo dell’art. 28, comma 1, Cost., infatti, se da un lato stabilisce che «todos tienen derecho a sindicarse libremente”, dall’altro si affret­ta ad affermare che la “ley podrá limitar o exceptuar el ejercicio de este derecho a las Fuerzas o Institutos armados o a los demás Cuerpos sometidos a disciplina militar y regulará las peculiaridades de su ejercicio para los funcionarios públicos». In conformità al dettato costituzionale, l’art. 1 della legge organica n. 11/1985 sulla libertà sindacale (Ley Orgánica 11/1985, de 2 de agosto, de Libertad Sindical) [2] accorda alla generalità dei lavoratori il diritto di poter costituire associazioni sindacali e di potervi aderire liberamente, sancendo, tuttavia, nel rispetto della già citata disposizione costituzionale (art. 28 Cost.), l’esclu­sione dall’esercizio di tali diritti per il personale in ruolo alle Forze Armate (art. 1, comma 3) [3]. La disciplina dello status giuridico del militare era affidata alle Reali Ordinanze delle Forze Armate, già approvate con la legge n. 85/1978 (Ley 85/1978, de 28 de diciembre, de Reales Ordenanzas de las Fuerzas Armadas) [4], le [continua ..]


4.3. La libertà sindacale del militare in Francia

Come l’ordinamento spagnolo, anche quello francese distingue nettamente tra la libertà di associazione, da un lato, e la libertà sindacale, dall’altro. Quest’ultima è stata ufficialmente riconosciuta già alla fine del XIX secolo con la legge del 21 marzo 1884, nota come Legge Waldeck-Rousseau, la quale autorizzava la formazione di sindacati professionali senza che fosse necessario ottenere la preventiva approvazione da parte del Governo. La libertà di associazione, invece, è stata introdotta solo successivamente ad opera della legge 1° luglio 1901. La differenza tra le due libertà emerge nettamente soprattutto se si considera che, mentre la libertà sindacale venne fin da subito incorporata già nella Costituzione del 1946 (e, significativamente, nel sesto comma del Preambolo) diversa sorte ebbe alla libertà di associazione. Questa, infatti, non è menzionata dalla Costituzione del 1946 e ottenne valore costituzionale solo nel 1971, con la celeberrima decisione n. 71-44 DC del 16 luglio 19713 del Conseil constitutionnel, quando fu inclusa nel bloc de constitutionnalité [1]. In Francia tutti i lavoratori, pubblici o privati, possono costituire e liberamente aderire ad associazioni sindacali e per il perseguimento degli scopi sindacali è espressamente loro attribuito il diritto di sciopero. Sono, tuttavia, escluse dall’esercizio di tali diritti alcune particolari categorie di lavoratori quali i membri del corpo prefettizio [2] e gli appartenenti alle Forze Armate. Per quanto concerne il personale militare, in passato (ovvero fino alla riforma del 2015) vigeva un divieto assoluto di associazionismo sindacale. Il divieto era posto dall’art. 4121-4 del Codice della difesa, il quale esplicitamente vietava il diritto di aderire ad associazioni sindacali e il diritto di sciopero per gli appartenenti alle Forze Armate, stabilendo che tali libertà fossero incompatibili con lo status giuridico proprio del militare [3]. La giurisprudenza costituzionale francese e la dottrina d’oltre Alpe che si è occupata della questione riconoscono la legittimità costituzionale di tali limitazioni. ll Conseil constitutionnel, a partire dalla sentenza, 25 luglio 1979, n. 79-105 DC, ha avuto modo di stabilire che l’esclusione del diritto di sciopero è legittima se riferita a lavoratori il cui ruolo [continua ..]


5. Brevi riflessioni conclusive

Dall’analisi comparata appena condotta emerge chiaramente come, nonostante gli statuti costituzionali militari appaino estremamente diversificati tra loro (tanto da rendere inutile ed infruttuoso un qualsivoglia tentativo tassonomico), in tutti i contesti contemporanei emerge una comune costante: la tendenza ad attribuire al personale in armi uno status giuridico del tutto peculiare e diversificato rispetto a quello previsto in via ordinaria per i consociati non appartenenti alle Forze Armate. Negli ordinamenti contemporanei, infatti, i militari godono di prerogative peculiari ma sono altresì soggetti a divieti che gli altri consociati generalmente non conoscono: il caso della libertà sindacale sul quale si è deciso di soffermarsi ne è emblematico esempio. Dallo studio della libertà sindacale nel contesto militare emerge in tutta evidenza come, nonostante al personale in armi tale diritto sia formalmente riconosciuto, tale libertà non è in realtà loro garantita in modo pieno ed assoluto. Il diritto di sciopero, essenza stessa del diritto sindacale, infatti, è universalmente vietato e in nessuno degli ordinamenti esaminati (Germani, Francia, Spagna) al personale militare è riconosciuta la possibilità di ricorrere a tale strumento come mezzo attraverso il quale attuare i propri scopi sociali e di categoria. La peculiarità dello status giuridico del personale militare, come evidenziato dalla limitazione della libertà sindacale, sottolinea la delicatezza dell’equili­brio che gli ordinamenti contemporanei cercano di mantenere tra la tutela dei diritti dei militari e la necessità di preservare la disciplina e l’effi­cienza delle Forze Armate. La proibizione del diritto di sciopero può essere vista come un riflesso di quest’ultima esigenza, dal momento che uno sciopero all’interno delle Forze Armate potrebbe compromettere la prontezza operativa e la capacità di risposta in situazioni critiche ed emergenziali. Come sopra affermato, la tendenza ad attribuire al personale in armi uno status giuridico speciale si spiega in ragione degli interessi che il militare è chiamato a salvaguardare. In questa prospettiva quale status giuridico riconosce ai propri militari è una scelta prettamente nazionale che ciascun ordinamento adotta autonomamente e che dipende, in massima parte, da motivi di ordine [continua ..]


NOTE