Se nella prospettiva giuscommercialistica e processualistica il legislatore non ha preso una netta posizione relativa ai rapporti intercorrenti tra le società e i loro amministratori, sotto il profilo previdenziale e tributario la situazione appare più chiara. Infatti, i sistemi previdenziale e fiscale, ormai caratterizzati da comunanza di principi e regole, hanno trovato un aggiustamento sistematico evidenziando la necessità che anche l’ordinamento lavoristico, partendo da tali acquisizioni, faccia altrettanto.
While the legislator has not taken a clear position on the relationship between companies and their directors from the point of view of commercial and procedural law, the situation is clearer from the point of view of social security and taxation. In fact, the social security and tax systems, now characterized by a commonality of principles and rules, have found a systematic adjustment, highlighting the need that the labor system, starting from these acquisitions, does the same.
1. Profilo fiscale e previdenziale e possibili ricadute qualificatorie - 2. La doppia iscrizione: Gestione separata et al. - 3. Segue. Aliquote e riparto della contribuzione - 4. Segue. Le prestazioni previdenziali connesse alla iscrizione alla Gestione separata - 5. La copertura INAIL - 6. I profili fiscali - 7. Brevi considerazioni conclusive - NOTE
Come ha giustamente scritto la dottrina giuslavoristica impegnata sul tema «la qualificazione giuridica del rapporto che intercorre tra le società per azioni e i loro amministratori è un problema che riguarda il diritto commerciale, il diritto processuale civile, il diritto del lavoro e della previdenza sociale ed il diritto tributario» [1] e l’esigenza di una ricostruzione sistematica è tanto più necessaria se si considerano le ricadute applicative nei diversi ambiti, quindi l’impatto concreto e tangibile nei confronti dei soggetti coinvolti. Va però constatato che se, da un lato, nella prospettiva giuscommercialistica e processualistica il legislatore non ha preso una netta posizione relativa ai rapporti intercorrenti tra le società e i loro amministratori [2] – cosa che determina un costante dibattito dottrinale e una forte oscillazione giurisprudenziale [3] –, sotto il profilo previdenziale e tributario la situazione, almeno prima facie, appare più chiara. Il d.P.R. n. 597/73, che ha istituito l’imposta sul reddito delle persone fisiche, all’art. 49, comma 3, lett. a), qualificava come «redditi di lavoro autonomo» quelli «derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa aventi per oggetto la prestazione, senza vincolo di subordinazione, di attività diverse da quelle considerate nei Titolo II e V, quali i redditi derivanti dagli uffici di amministrazione, sindaco o revisore di società ed enti, quelli derivanti dalla collaborazione a giornali, riviste ed enciclopedie, e simili». Sullo stesso tracciato si è posto, successivamente, il d.P.R. n. 917/1986, c.d. testo unico delle imposte sui redditi (in seguito TUIR), con l’art. 49, comma 2, lett. a), la cui versione originaria riconduceva tra i «redditi di lavoro autonomo», appunto, quelli derivanti «dagli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, dalla partecipazione a collegi e commissioni e da altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa». La svolta si è avuta, a decorrere dal 1° gennaio 2001, con l’entrata in vigore dell’art. 34 della legge n. 342/2000 che ha inserito tra i «redditi assimilati a quello di [continua ..]
Sovente accade che il socio amministratore di società di capitali eserciti anche l’attività imprenditoriale partecipando concretamente e personalmente all’attività lavorativa della società. Sul problema della doppia iscrizione assicurativa ha preso addirittura posizione il legislatore, con una norma di interpretazione autentica, l’art. 12, comma 11, d.l. n. 78/2010, conv. in legge n. 122/2010, statuendo che «l’art. 1, comma 208 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 si interpreta nel senso che le attività autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’Inps. Restano, pertanto, esclusi dall’applicazione dell’art. 1, comma 208, legge n. 662/96, i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui all’art. 2, comma 26, legge 8 agosto 1995, n. 335». Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2011 [5], prendendo atto dell’intervenuta norma di interpretazione autentica, facendo una doverosa inversione di marcia rispetto a quanto sostenuto l’anno prima [6], hanno, perciò, sancito la legittimità della doppia iscrizione assicurativa del socio amministratore di società di capitali che partecipi con abitualità e prevalenza al lavoro aziendale, cioè sia alla Gestione commercianti [7] o artigiani [8] o agricoli autonomi [9] sia alla Gestione separata. Come si legge nella sentenza «il criterio “dell’attività prevalente”, quale parametro di valutazione per individuare la gestione assicurativa dell’INPS alla quale versare i contributi previdenziali nel caso di svolgimento di plurime attività che, autonomamente considerate, comporterebbero l’iscrizione a diverse gestioni previdenziali, opera per le attività esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti. Per queste attività vale il criterio (semplificante) dell’attività prevalente per individuare l’unica gestione assicurativa alla quale versare i contributi previdenziali in [continua ..]
È noto che le aliquote contributive dovute alla Gestione separata sono aumentate con il tempo nel caso dei collaboratori e assimilati passando dal 10% del 1996 fino a superare il 30% a partire dal 2015. Per l’anno 2023 l’aliquota contributiva e di computo per tutti i collaboratori e le figure assimilate (quindi anche amministratori e affini), iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, è pari al 33% [15] con riguardo all’I.V.S. Poiché gli amministratori, sindaci, revisori e liquidatori di società sono anche iscritti all’assicurazione per la malattia, la maternità e l’assegno per il nucleo familiare (per il finanziamento della quale è prevista l’aliquota dello 0,72%), e inoltre contribuiscono (nella misura del 1,31%) al finanziamento dell’assicurazione contro la disoccupazione (DIS-COLL) pur non essendo beneficiari di tale prestazione [16], il totale delle aliquote contributive dovute ammonta al 35,03% per gli iscritti in via esclusiva, mentre scende al 24% se il soggetto è iscritto anche ad altre forme pensionistiche obbligatorie (v. supra). Il riparto della contribuzione, come per tutti gli iscritti alla Gestione separata, è tale per cui sul committente gravano i 2/3 dell’aliquota complessiva mentre 1/3 resta a carico dell’amministratore o affine, pur se il responsabile dell’adempimento per l’intero nei confronti dell’INPS è il committente, il quale ha il diritto di rivalsa che esercita mediante una trattenuta sul compenso dell’interessato. Per quanto riguarda le Gestioni commercianti e artigiani [17], l’aliquota per il 2023 è rispettivamente del 24% e del 24,48%, mentre per la Gestione coltivatori diretti l’aliquota del 24% viene applicata al reddito convenzionale individuato in base alla classificazione delle aziende in quattro fasce di reddito [18]. Trattandosi di lavoratori autonomi la contribuzione è totalmente a carico dell’interessato. Nel caso di iscrizione anche al FPLD in qualità di subordinati, agli amministratori e affini si applicheranno le aliquote previste per i diversi settori, che, generalizzando, si aggirano intorno ai 40 punti percentuali, di cui poco più del 9% a carico del lavoratore.
L’iscrizione alla Gestione separata comporta per gli amministratori ed affini il diritto – in possesso dei necessari requisiti assicurativi, contributivi e, ove previsto, anche anagrafici – ad ottenere le pensioni [19] di vecchiaia e di vecchiaia anticipata, l’assegno ordinario di invalidità, la pensione di inabilità, la pensione di reversibilità e indiretta, pensione «quota 103» [20], nonché la tutela della malattia e della maternità [21]; viceversa, come detto, è esclusa la DIS-COLL [22] nonostante l’obbligo della relativa contribuzione. I requisiti per ottenere il diritto a pensione sono quelli previsti per i lavoratori subordinati dalla c.d. riforma Fornero [23] con decorrenza 1° gennaio 2012, con i successivi aggiustamenti operati in seguito [24].
L’art. 5 del d.lgs. n. 38/2000, a decorrere dal 16 marzo 2000, ha assoggettato all’obbligo assicurativo contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, i lavoratori parasubordinati indicati all’art. 49, comma 2, lett. a), del TUIR, qualora svolgano le attività previste dall’art. 1 del d.P.R. n. 1124/1965, testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (d’ora in poi TU INAIL), ovvero, per l’esercizio delle proprie mansioni, si avvalgano, non in via occasionale, di veicoli a motore da essi personalmente condotti. La contribuzione per due terzi è a carico della società committente e per un terzo a carico del collaboratore. Poiché nell’anno 2000 gli amministratori, i sindaci e i revisori erano ricompresi nell’art. 49, comma 2, lett. a), del TUIR, da allora anche per loro è scattata la tutela assicurativa in questione, ovviamente nel caso in cui svolgano le attività previste dall’art. 1 del TU INAIL. Un profilo oggetto di particolare attenzione da parte dell’Istituto ha riguardato il caso del socio amministratore, anche quando trattasi di amministratore unico: se il soggetto esercita anche manualmente una attività rischiosa per conto e nell’interesse della società, deve essere assicurato ai sensi dell’art. 4, n. 7, TU INAIL [25]; viceversa, se è addetto ad attività di sovrintendenza, ai fini dell’insorgenza dell’obbligo assicurativo, deve essere dimostrata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, oltre, naturalmente, all’esistenza del requisito oggettivo connesso alle attività rischiose [26].
L’art. 2389 [27] c.c. dispone che i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea e possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili o dall’attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione; la rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Come già detto (v. supra §1) l’art. 50, comma 1, lett. c-bis), TUIR, assimila ai redditi da lavoro dipendente «le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica (…) sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente di cui all’art. 46, comma 1, concernente redditi di lavoro dipendente, o nell’oggetto dell’arte o professione di cui all’art. 49, comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente». Secondo l’Agenzia delle Entrate [28], per regola generale, i proventi derivanti dagli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società ed enti danno luogo a reddito assimilato a quello di lavoro dipendente e soltanto in via di eccezione sono riconducibili all’attività professionale; quest’ultima ipotesi si verifica quando gli ordinamenti professionali (spec. ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili) ricomprendano espressamente nel novero delle mansioni tipiche l’ufficio in questione (cioè l’amministrazione e gestione di aziende) oppure sia ragionevole ritenere che l’incarico di amministratore sia stato attribuito al professionista proprio in quanto esercente una determinata attività professionale (es. ingegnere edile amministratore di una società che opera nel settore delle costruzioni). Trattandosi di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente si applicano le aliquote IRPEF suddivise per scaglioni nonché il medesimo regime di detrazioni previsto per il lavoro dipendente. L’imponibile fiscale e [continua ..]
All’esito di questa breve disamina sul regime previdenziale e fiscale della categoria degli amministratori e sindaci di società riemerge l’interrogativo da quale si è partiti, e cioè la qualificazione del rapporto che li lega a chi li nomina. La riconduzione di quest’ultimo nell’alveo del diritto societario evidentemente non tiene più, valorizzandosi nel corso del tempo esigenze e bisogni tipici di chi presta un’attività collocata a mezza strada tra l’attività societaria e quella di lavoro in senso stretto; a ciò si è aggiunta anche l’esigenza di collocare in modo più adeguato il reddito prodotto ai fini fiscali. I sistemi previdenziale e fiscale, ormai caratterizzati da comunanza di principi e regole, hanno trovato un aggiustamento sistematico evidenziando la necessità che anche l’ordinamento lavoristico, partendo da tali acquisizioni, faccia altrettanto sistematizzando tale figura di prestatore d’opera, sovente abituale.