Nel saggio è esaminato l'operare del principio di precauzione quale criterio di bilanciamento di diritti, libertà e interessi in relazione ad eventuali preclusioni o limitazioni dello svolgimento delle attività lavorative disposte al fine della tutela del diritto alla salute e dell’ambiente e della sicurezza del lavoro a fronte del rischio di possibili danni non ancora accertati scientificamente, evidenziandone la peculiarità rispetto al principio di prevenzione rilevante in tema di sicurezza del lavoro (con riguardo a situazioni di rischio accertate scientificamente) e comunque senza che, in virtù del medesimo principio di precauzione, possano risultare imposti a carico delle parti del rapporto di lavoro obblighi comportamentali e vincoli ulteriori in genere rispetto a quelli normativamente prescritti.
The essay examines the operation of the precautionary principle as a criterion for balancing rights, freedoms and interests in relation to any foreclosures or limitations on the performance of work activities established for the purpose of protecting the right to health and the environment and the safety of the work against the risk of possible damage not yet scientifically ascertained, highlighting its peculiarity with respect to the principle of prevention relevant to occupational safety (with regard to scientifically ascertained risk situations) and in any case without, by virtue of the same precautionary principle, behavioral obligations and additional constraints in general with respect to those prescribed by law may be imposed on the parties to the employment relationship.
1. Il principio di precauzione quale criterio di bilanciamento di diritti al cospetto di situazioni di rischio non accertate scientificamente - 2. Operatività del principio di precauzione in relazione al diritto del lavoro - 2.1. Il caso Ilva - 2.2. L’emergenza pandemica “Covid-19” - 3. Natura e funzione del principio di prevenzione del rischio e sua diversità rispetto al principio di precauzione - 4. Il principio di precauzione quale fonte normativa a fronte dell’emergenza pandemica “Covid-19” - 4.1. Diritti, libertà e interessi oggetto di bilanciamento e loro valutazione politica di sintesi riguardo le situazioni di rischio inerenti all’infezione da Coronavirus - 4.2. Tutela della salute, limiti all’iniziativa economica e al lavoro in epoca “Covid-19” e relative misure di sostegno - 4.3. Il rilevare dei casi di infezione da Coronavirus quali infortuni da lavoro - 5. Predeterminazione della portata precettiva del principio di precauzione in relazione al diritto del lavoro - NOTE
In relazione alla gestione del rischio di un danno possibile, ma non ancora accertato scientificamente, l’esigenza di un approccio precauzionale viene ad emergere quale criterio di bilanciamento di diritti, libertà e interessi anche di portata fondamentale in conflitto o comunque in concorso tra loro in relazione a situazioni e vicende di rilevanza generale, anzitutto in materia ambientale e di tutela della salute. In quella che è definita l’odierna “società dei rischi”, a fronte dei benefici di ordine economico e dei miglioramenti di vita determinati dallo sviluppo tecnologico e industriale, sono infatti da considerare i rischi e comunque le incognite che possono essere indotti da ogni innovazione o cambiamento prima di una sua sperimentazione e di una valutazione tecnico-scientifica esaustiva delle sue conseguenze e ricadute, in primo luogo appunto in materia ambientale e di tutela della salute [1]. Sicché si tratta di stabilire se e fino a che punto è accettabile che, pur al cospetto di un rischio possibile ma non ancora dimostrato dalla scienza, siano messi a repentaglio diritti, interessi e valori di rilevanza anche fondamentale, e comunque, al contempo, in che misura la loro necessaria tutela possa per converso valere a limitazione delle potenzialità di svolgimento dello stesso sviluppo tecnologico industriale. Tanto più, peraltro, a fronte di situazioni contingenti di emergenza [2], nelle quali ad imporsi è, anzitutto, la tutela dei «tradizionali principi del primum vivere e della salus rei pubblicae» [3], sia pure con tutte le necessarie limitazioni del caso, in primo luogo di ordine temporale, riguardo la corrispondente compressione di diritti e interessi in eventuale contrasto con tali principi. Ma fermo restando il rilevare del principio di precauzione in generale, anche in via ordinaria, al di là della ricorrenza di una situazione di emergenza, riguardo la gestione del rischio ancora in corso di accertamento in forma compiuta dalla scienza in tutti i suoi aspetti [4]. È in questo senso che il principio di precauzione è andato delineandosi quale criterio di determinazione della regola comportamentale atta a poter assumere la connotazione di norma giuridica [5], dapprima in sede di ordinamento internazionale e dell’Unione Europea, e poi anche nel nostro diritto interno, con ampliamento progressivo [continua ..]
Il principio di precauzione rileva pertanto quale canone di gestione del rischio e di soluzione dei conflitti di interessi che si prefigurano al cospetto di una preclusione o anche solo una limitazione dell’attività lavorativa funzionali a preservare il diritto alla salute, l’ambiente o la sicurezza del lavoro. È infatti nel principio di precauzione che trova fondamento l’imposizione della regola comportamentale funzionale a contrastare o anche solo a contenere le situazioni di rischio o di pericolo ancora oggetto di accertamento da parte della scienza e, quindi, la stessa corrispondente limitazione dei contrapposti diritti e interessi all’ordinaria prosecuzione dell’attività lavorativa. Indipendentemente, peraltro, dalla previsione della regola comportamentale ai sensi di legge, oppure anche quale emanazione del potere normativo secondario, come del resto è avvenuto ampiamente al cospetto dell’emergenza pandemica “Covid-19”, con la diffusa produzione regolamentare avutasi segnatamente in virtù di molteplici decreti del Presidente del consiglio dei ministri e comunque di fonte ministeriale [8], nonché anche sulla scorta di intese con le parti sindacali e ad opera della contrattazione collettiva [9]. Il rischio di un danno sia pure ancora incerto scientificamente alla salute, all’ambiente o alla sicurezza del lavoro può appunto valere a giustificare un’interruzione dell’ordinario svolgimento dell’attività lavorativa, o comunque il suo assoggettamento a determinati limiti, vincoli o condizioni di sicurezza, a scapito dei contrastanti diritti e interessi anche di natura primaria al suo ordinario proseguire. Ciò, in ogni caso, solo in via temporanea e continuamente da monitorare e eventualmente da rivedere, in relazione al progredire della ricerca scientifica e in attesa dei suoi accertamenti definitivi in merito alle prospettate situazioni di rischio [10], comunque alla luce di una valutazione bilanciata di tutti i concorrenti diritti e interessi in gioco, sulla base ovviamente della loro rispettiva portata e rilevanza, come anche dei costi e benefici, tanto riguardo la prosecuzione o meno dell’ordinaria attività lavorativa, che le stesse misure e rimedi adottabili [11]. Una valutazione bilanciata dunque articolata, il cui esito viene ad essere la prescrizione di una o più [continua ..]
Ipotesi di fortemente dibattuta eventualità della prosecuzione di un’attività produttiva, al cospetto dei danni e comunque dei rischi da questa indotti in relazione sia all’ambiente sia alla stessa salute dei lavoratori e della medesima popolazione residente nei pressi degli impianti di produzione, è notoriamente rappresentata dal c.d. caso dell’Ilva di Taranto. In riferimento a tale vicenda, la Corte Costituzionale, nel dichiarare non fondata la questione di costituzionale proposta con riguardo all’art. 1, d.l. n. 207/2012 (conv., con modif., in legge n. 231/2012) [14], si è pronunziata nel senso della legittimità della prosecuzione dell’attività delle acciaierie Ilva di Taranto anche a fronte dei rischi da essa indotti per la salute e l’ambiente, sia pure solo per un periodo di tempo non superiore a trentasei mesi e comunque a condizione della prosecuzione della medesima attività con modalità, continuativamente da controllare, che assicurassero «la più adeguata tutela dell’ambiente e della salute secondo le migliori tecniche disponibili». A motivazione di tale sua pronunzia la Consulta ha addotto l’esigenza di assicurare tutela, nel caso, anche all’interesse all’occupazione e alla produzione, affermando che il diritto alla salute e lo stesso diritto all’ambiente salubre non siano da considerarsi necessariamente preminenti in assoluto rispetto ad altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, quale il diritto al lavoro (art. 4 Cost.) e appunto, quindi, il corrispondente interesse alla salvaguardia dell’occupazione e della produzione. Esclusa infatti l’eventualità di c.d. diritti “tiranni”, la Consulta precisa che vada comunque realizzato «un ragionevole bilanciamento tra diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, in particolare di quello alla salute (art. 32 Cost.), da cui deriva il diritto all’ambiente salubre, e di quello al lavoro (art. 4 Cost.)» che nella specie la Corte valuta essere funzionale a realizzare «l’interesse costituzionalmente rilevante al mantenimento dei livelli occupazionali» [15]. Con i rischi che importa per la salute e l’ambiente la prosecuzione nel caso dell’attività d’impresa che sono così reputati in definitiva accettabili appunto in forza [continua ..]
Ipotesi di evidente rilievo di esplicazione del principio di precauzione è in ogni caso rappresentata dalle molteplici disposizioni normative emanate a ritmo incalzante al cospetto dell’emergenza pandemica “Covid-19”, sia in via generale, sia in riferimento peculiare alla materia giuslavoristica. A fronte dell’esplosione di tale emergenza pandemica, in mancanza di evidenze scientifiche in relazione all’infezione da Coronavirus in sé, alle modalità di possibile contrasto della sua diffusione e alle stesse terapie, è appunto nel principio di precauzione che trova fondamento l’adozione di tali disposizioni emergenziali “Covid-19”: a necessaria tutela del diritto primario della salute ex art. 32 Cost., messo gravemente a rischio dalla pandemia e, pertanto, con possibile compressione corrispondente di altri diritti e interessi parimenti di rilievo costituzionale, quali, segnatamente, per quanto concerne la materia giuslavoristica, il diritto al lavoro e la libertà d’iniziativa economica (artt. 4 e 41 Cost.), ma, come già anticipato sopra, anche gli interessi generali alla salvaguardia dei livelli occupazionali, allo sviluppo e all’equilibrio dell’economia nazionale, nonché pure l’interesse allo svolgimento di determinate attività produttive e di alcuni servizi essenziali. Perché sia preservato il diritto fondamentale alla salute, esigenza prioritaria è infatti quella di contrastare la propagazione del virus e, quindi, di evitare le occasioni di contagio. Sicché, pur in mancanza di dati scientifici certi, è in via precauzionale che si giustifica la disposizione, in un primo tempo, della preclusione in tutto o in parte dello svolgimento della pressoché totalità delle attività produttive (nella fase più acuta dell’emergenza e comunque durante il c.d. lockdown), come pure la previsione di una serie di vincoli e prescrizioni a condizione della possibile esplicazione delle medesime attività produttive e in relazione allo stesso concreto operare dei prestatori di lavoro: quali, tra gli altri, obblighi e doveri in tema di vaccinazione e di c.d. green pass, limiti e controlli rispetto agli accessi al lavoro, utilizzo di mascherine, osservanza di norme igienico-sanitarie in genere etc. [21]. Il tutto in virtù di un bilanciamento tra i diritti e interessi [continua ..]
Atteso l’operare del principio di precauzione in relazione a situazioni nelle quali rileva il rischio del possibile verificarsi di un evento dannoso, è da stabilire se e, se sì, in che misura si delinei una diversità rispetto alla normativa prevenzionistica in materia di sicurezza del lavoro, oppure se, invece, il principio di precauzione inerisca anch’esso a tale normativa prevenzionistica: quale canone di specificazione e modulazione degli obblighi di sicurezza, oltreché pure quale possibile fonte di doveri anche ulteriori rispetto a quelli segnatamente enunciati ex art. 2087 c.c. (e norma collegate). Principio di precauzione che in tal senso rileverebbe in forma di disposizione a precetto generico e di chiusura dell’obbligo di sicurezza, implicante un dovere generale di condotta “con precauzione”. Ciò, in ogni caso, in relazione alle situazioni di rischio non ancora accertato scientificamente in riferimento alle quali si è visto trovare esplicazione il medesimo principio di precauzione. In realtà, è proprio in ragione del già intervenuto accertamento scientifico, o meno, del rischio dell’evento dannoso che è delineabile una distinzione in merito al possibile operare dello stesso principio di precauzione rispetto alla normativa prevenzionistica [25]. Tale normativa prevenzionistica in materia di sicurezza del lavoro è infatti prefigurata con riguardo al rischio del verificarsi di eventi dannosi scientificamente acclarati, appunto al fine di contrastarne, o comunque di ridurne le probabilità di accadimento, o, almeno, di contenerne gli effetti. Fermo restando che una certa percentuale di rischio non possa mai essere esclusa in assoluto, in quanto nessuna attività può essere a c.d. rischio “zero” [26]. Sicché, in relazione alle situazioni di possibile danno scientificamente accertate, si tratta comunque di stabilire la soglia di rischio accettabile e, quindi, se, e in che modo, limitare le probabilità dell’evento dannoso, appunto mediante le norme prevenzionistiche in materia di sicurezza del lavoro. Ciò, invero, posta una valutazione della situazione di rischio in sé alla luce delle evidenze scientifiche disponibili, sulla base dell’individuazione e relativo bilanciamento dei valori e diritti interessati, in ragione della loro rispettiva portata e rilevanza, [continua ..]
Evidenziata la peculiarità dell’operare del principio di precauzione rispetto alla normativa prevenzionistica in materia di sicurezza del lavoro più propriamente detta, è ancora in ragione della rimarcata mancanza di evidenze scientifiche certe in relazione all’infezione da Coronavirus che alle disposizioni emergenziali “Covid-19” non pare ascrivibile una natura stricto iure prevenzionistica, trovando viceversa giustificazione la loro prescrizione appunto quale espressione nel principio di precauzione. Si è detto infatti dell’esigenza primaria, al cospetto dell’emergenza pandemica, di tutela del diritto alla salute, in ambito giuslavoristico segnatamente con riguardo ai singoli lavoratori e, in generale, in relazione a tutte le occasioni di possibile contagio tra lavoratori e anche rispetto a soggetti terzi. Indi, pur in difetto di dati scientifici certi in ordine al virus in sé e alle modalità di possibile contrasto della sua diffusione e alle stesse terapie, è proprio a tutela del diritto alla salute e comunque anche in forza dei doveri generali di solidarietà economica e sociale (cfr., rispettivamente, artt. 32 e 3 Cost.) che trova fondamento la richiamata normativa “Covid-19”. Così riguardo le disposizioni limitative in tutto o in parte dello stesso possibile svolgimento delle attività produttive (nella fase più acuta dell’emergenza e comunque durante il c.d. lockdown). Ma analogamente per tutte le prescrizioni, restrizioni e vincoli stabiliti in via successiva nel tempo a condizione della possibile esplicazione delle medesime attività produttive e in relazione allo stesso concreto operare dei singoli prestatori di lavoro, oltreché in generale per la vasta serie di prefigurate disposizioni in deroga all’ordinaria normativa giuslavoristica.
Ferma l’esigenza primaria di tutela del diritto alla salute in tutti i suoi vari aspetti e, quindi, in relazione alle parti del rapporto di lavoro, ma anche a tutti i clienti e frequentatori in genere dei luoghi e ambienti di lavoro, nonché riguardo l’interesse generale al contrasto alla pandemia, si è già rimarcato come, tuttavia, tale diritto alla salute risulti comunque da bilanciare in relazione agli altri diritti e interessi di portata anche primaria parimenti da considerare in proposito. È il caso, anzitutto, del diritto al lavoro e della libertà di iniziativa economica, rispettivamente ex art. 4 e art. 41 Cost., evidentemente oggetto di limitazione in sé in ragione dell’imposizione di divieti e vincoli rispetto all’ordinario svolgimento dell’attività produttiva ai sensi della normativa “Covid-19”, ma anche di altri interessi ed esigenze in genere. Ove, peraltro, per quanto concerne una possibile restrizione della libertà di iniziativa economica a tutela del diritto alla salute, a risultare è anche la recente integrazione del testo originario dell’art. 41 Cost., ex art. 2, comma 1, lett. a) e b), legge cost. 11 febbraio 2022, n. 1, in virtù della previsione espressa sia del divieto di svolgimento dell’iniziativa economica privata in modo da recare danno “alla salute” e “all’ambiente” (oltre che ai già indicati limiti della sicurezza, libertà e dignità umana), sia del possibile indirizzo e coordinamento ex lege dell’attività economica pubblica e privata a “fini ambientali” (oltre cha ai soli “fini sociali” già stabiliti nel testo originario del comma 2, art. 41 Cost.). Vale a dire, proprio in riferimento alle tematiche della salute e dell’ambiente in relazione alle quali si è detto essersi originariamente venuto ad affermare il principio di precauzione e, dunque, alla luce del dettato dell’art 41 Cost. come oggi aggiornato, in termini rilevanti a supporto del possibile operare del medesimo principio di precauzione in via limitativa della stessa libertà di iniziativa economica. Sono allo stesso modo da preservare, al riguardo, l’interesse dei lavoratori alla retribuzione e comunque alla tutela del reddito in mancanza di lavoro, come pure, in connessione al diritto al lavoro, [continua ..]
Il bilanciamento tra diritto alla salute e gli altri diritti e interessi rilevanti in relazione al rischio “Covid-19” permane comunque frutto di una valutazione prevalentemente discrezionale, anche in considerazione della rimarcata mancanza di dati scientifici consolidati sia sui fattori e le forme di propagazione del virus, sia sui possibili suoi strumenti di contrasto, sia sulle stesse modalità di cura e gli eventuali effetti negativi delle medesime cure. Fermo restando che, anzi, proprio tale incertezza scientifica in ordine alle probabilità di rischio di danno alla salute rende tanto più necessario che alla mediazione tra diritto alla salute e gli altri diritti e interessi in gioco si provveda mediante apposite indicazioni normative. Indicazioni normative che valgano a definire in concreto gli standard e i termini di protezione del diritto alla salute, nonché, al contempo, il grado di tutela da riconoscere d’altro canto alle posizioni d’interesse viceversa rilevanti nel senso di una prosecuzione o minore limitazione dell’ordinaria attività lavorativa, o comunque, per converso, di un’inferiore protezione del diritto alla salute. Ove, cioè, in relazione alle singole situazioni e vicende a rischio inerenti ai rapporti di lavoro, va stabilito fino a che punto e in che termini è concretamente assicurata protezione al diritto alla salute, oppure se eventualmente, e in che misura, è invece data tutela anche ad altri diritti e interessi, in questo modo mettendo in conto il rischio di possibili danni o pregiudizi a scapito del medesimo diritto alla salute. Il tutto, dunque, sempre in correlazione al progredire degli accertamenti scientifici in ordine al rischio “Covid-19”, sulla base di un’operazione di sintesi e bilanciamento appunto di natura essenzialmente discrezionale e politica tra il medesimo diritto alla salute e gli altri diritti e interessi rilevanti al riguardo [41]. Senza che in ogni caso il diritto alla salute sia giammai prefigurabile a priori quale c.d. diritto tiranno, essendone viceversa da calibrare la portata in ogni circostanza, in via bilanciata, in relazione alle altre posizioni d’interesse comunque da considerare [42]. Ciò, invero, anche quando sia prestata più accentuata tutela al diritto alla salute, come avvenuto ad esempio con il blocco di larga parte delle attività produttive nel [continua ..]
È allo stesso modo riportabile al principio di precauzione la previsione ex lege quali infortuni da lavoro indennizzabili dei «casi accertati di infezione da Coronavirus (SARS-CoV-2) in occasione di lavoro», con erogazione della prestazione indennitaria «anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro» e ascrizione a carico della gestione assicurativa di tali eventi infortunistici e loro esclusione dal computo «ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico» (art. 42, comma 2, d.l. n. 18/2020) [56]. Alla prefigurazione di tali disposizioni si accede infatti per evidenti esigenze terapeutiche e di profilassi in relazione all’infezione da Coronavirus, e quindi a tutela del diritto alla salute, ma sempre al cospetto della mancanza di evidenze scientifiche certe riguardo sia le cause e i termini di diffusione del contagio sia la sua stessa riconducibilità all’attività lavorativa. Ciò, dunque, in relazione a situazioni di rischio solo “possibili”, ma comunque non ancora accertate scientificamente, che tuttavia, alla luce del principio di precauzione, si reputano valere ai fini della previsione delle cennate tutele, in variazione rispetto all’ordinaria normativa giuslavoristica e previdenziale. Così, invero, in merito alla stessa prevista correlazione dell’evento infettante ad attività lavorativa in virtù di una mera presunzione semplice e sulla scorta di fatti noti e indizi precisi e concordanti (ad esempio, l’esplicazione di attività sanitaria), sia pure con possibile prova contraria [57]. Mentre per quanto concerne il datore di lavoro, a parte il rimarcato non rilevare dei casi di infezione da Coronavirus ai fini della determinazione del premio assicurativo, in quanto fattore di rischio da lui non direttamente né pienamente controllabile, una responsabilità a carico di esso datore di lavoro è da ritenersi configurabile solo nell’ipotesi di violazione delle disposizioni e misure igienico-sanitarie di contenimento del “Covid-19” di cui alle norme di legge, ai Protocolli e alle linee guida governative e delle Regioni [58]. Ove infatti l’osservanza di tali disposizioni e misure igienico-sanitarie viene a rilevare quale esimente di [continua ..]
Detto della sua peculiarità rispetto alla normativa stricto iure prevenzionistica, si è rimarcato il non rilevare del principio di precauzione quale dovere generale di agire “con precauzione” anche in via ulteriore rispetto alle regole di comportamento stabilite a tutela del diritto alla salute. Mediante le norme di condotta concretamente prescritte è infatti definito il bilanciamento tra diritto alla salute e gli altri diritti e interessi da considerare in relazione alle possibili situazioni di rischio. Situazioni di rischio, nell’ipotesi, non ancora accertate scientificamente in via definitiva, ma in relazione alle quali, sulla scorta di una valutazione precauzionale, è comunque preservato il diritto alla salute, appunto mediante apposite regole comportamentali: che in tal senso valgono a definizione del grado di protezione prestato al medesimo diritto alla salute e, quindi, della corrispondente limitazione che ne risulta per i diritti e interessi rilevanti in senso diverso, in virtù dei doveri di condotta posti a carico delle parti del rapporto di lavoro per quanto di rispettiva competenza. Questo è quanto avviene per la generalità delle disposizioni “Covid-19”, che, infatti, in mancanza di evidenze scientifiche certe sotto più aspetti in relazione all’infezione da Coronavirus, si è visto trovare fondamento nel principio di precauzione e rilevare, quindi, in forma di bilanciamento, in riferimento alle diverse possibili situazioni di rischio, tra standard di protezione che si reputa assicurare alla tutela della salute e gli altri diritti e interessi da considerare in proposito. Il tutto, in ogni caso, sulla base di valutazioni e scelte del legislatore di natura in larga parte discrezionale e come tali essenzialmente non sindacabili, sebbene con il limite dell’esclusione dell’eventualità della prefigurazione al riguardo di c.d. diritti tiranni, cui sia cioè attribuita a priori preminenza assoluta senza alcuna considerazione di altri diritti e interessi parimenti rilevanti [59]. Permane infatti prerogativa del legislatore stabilire, nell’ipotesi, in base ad una valutazione precauzionale e comunque si ripete discrezionale, al cospetto di situazioni di possibile rischio “Covid-19”, se, in che misura, e in quali termini, dare protezione al diritto alla salute e, corrispondentemente, se, in che [continua ..]