Il saggio analizza l'evoluzione della tutela previdenziale dei magistrati onorari, verificando l'ipotesi che il carattere onorario della funzione non escluda la natura lavorativa dell’attività.
The essay analyzes the evolution of social security protection for honorary judges, testing the hypothesis that the honorary nature of the function does not exclude the working nature of the activity.
1. Magistratura onoraria e previdenza sociale. Impostazione del tema - 2. Tra negazione di principio e norme previdenziali speciali: la tutela ante 2017 - 3. Il d.lgs. n. 116/2017 e l’opzione per la Gestione separata: i magistrati onorari come lavoratori autonomi - 4. La tutela previdenziale dei magistrati onorari tra profili di specialità e dubbi interpretativi. Cenni - 5. L’oggi della tutela previdenziale tra disciplina transitoria e sollecitazioni della Corte di Giustizia. Un puzzle pieno di incognite - NOTE
Com’è noto, recita la Costituzione che «i lavoratori hanno diritto» alla previdenza sociale, senza ulteriori aggettivazioni: tutti i lavoratori, perciò, anche non subordinati, diversamente da quanto fino al 1948 prevedeva di norma la legislazione. Supportata dal collegamento con il precedente art. 35, tale norma delineava una prospettiva di forte cambiamento dell’assetto previdenziale, impegnando alla sua realizzazione i pubblici poteri. E questi, senza entrare nel merito delle scelte, hanno in buona misura adempiuto l’impegno. Sia pure con lenta gradualità e con forme e in misura differenziate, l’hanno fatto con l’estensione delle tutele previdenziali a tutti i lavoratori, soprattutto autonomi, anche piccoli imprenditori, liberi professionisti, e parasubordinati, ovvero titolari di rapporti associativi, in particolare soci di società cooperative, peraltro in parte già coperti in epoca prerepubblicana. D’altra parte, con la contrattualizzazione del rapporto di lavoro e la coeva costituzione di un apposito ente previdenziale, anche il mondo, fino ad allora a sé stante, del pubblico impiego è stato attratto nell’orbita del sistema previdenziale, portandosi dietro, in qualche misura, le residue figure di personale non contrattualizzato, quali magistrati e professori universitari. Protetti, inoltre, sono, o possono essere ove la tutela sia facoltativa, soggetti non lavoratori in senso tecnico-giuridico, come è il caso del lavoro in ambito familiare, oppure dei volontari negli enti del Terzo settore, nonché di quelle situazioni – in particolare, tirocinio formativo e di orientamento e lavori socialmente utili – che secondo la legge neppure costituiscono rapporto di lavoro. In queste tre ultime ipotesi, peraltro, la copertura è limitata agli infortuni sul lavoro e malattie professionali [1]. Ancora, in una prospettiva universalizzante, la Gestione istituita presso l’INPS dall’art. 2, comma 26, legge n. 335/1995 è esplicitamente qualificata «separata» perché vede il proprio campo di applicazione individuato con riferimento alla produzione di un reddito da lavoro autonomo fiscalmente imponibile [2], piuttosto che in ragione della specificità dell’attività svolta, criterio valido per le tre gestioni speciali dei commercianti, degli artigiani e dei [continua ..]
Che, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 116/2017, i magistrati onorari fossero privi di tutele previdenziali è affermazione comune, ma bisognosa di alcune precisazioni. In effetti, a più riprese, la giurisprudenza ebbe a ritenere che mancasse il presupposto per l’applicazione delle norme costituzionali fondative di quelle tutele, ovvero gli artt. 35 e 38, oltre che il 36 [10]. In altri termini, la natura onoraria della funzione era considerata “ontologicamente” differente da un rapporto di lavoro giuridicamente rilevante e dunque incompatibile con l’esistenza di un’attività lavorativa. E su questa posizione restano ancora oggi i giudici delle Corti superiori, nonostante siano cambiati i referenti legislativi, che dal 2017 prescrivono l’iscrizione dei magistrati onorari alla Gestione separata INPS. Sul punto torneremo, ma il richiamo serve a sottolineare come neppure prima mancassero disposizioni previdenziali, per cui è lecito chiedersi se e quali indicazioni esse fossero e siano – visto che alcune non risultano abrogate – in grado di fornire rispetto al nostro tema e alla ricordata soluzione giurisprudenziale. Al riguardo, del tutto peculiare è la disciplina dettata dalla legge 18 maggio 1974, n. 217, finalizzata alla «sistemazione giuridico-economica dei vice pretori onorari (VPO) incaricati di funzioni giudiziarie» ai sensi dell’art. 32, comma 2, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12. Quest’ultima disposizione prevedeva che l’incarico avesse «durata di un semestre, salvo conferma», senza ulteriori limiti temporali, consentendo nell’attuazione pratica la sua continua reiterazione. Per sanare tale situazione, la legge ha così sancito la conservazione dell’incarico «a tempo indeterminato, ma comunque non oltre il 65° anno di età» per i magistrati in servizio ad una certa data [11]. Di conseguenza, a questi soggetti sono stati riconosciuti lo stipendio spettante ai magistrati di tribunale e l’applicazione di una serie di disposizioni, in particolare quelle sul trattamento di quiescenza e previdenza del personale civile di ruolo dello Stato e sui benefici combattentistici [12]. Tuttavia, non è solo in relazione alla durata indeterminata della funzione onoraria che sovvengono disposizioni in materia previdenziale. Così, l’ormai abrogata [continua ..]
Almeno nelle intenzioni del legislatore, la delega di cui alla legge 28 aprile 2016, n. 57 e il conseguente d.lgs. n. 116/2017 realizzano – secondo la formula comune – la «riforma organica della magistratura onoraria», soprattutto in risposta, come accennato, a sollecitazioni sovranazionali. Lo fanno, innanzitutto, delineando le due nuove figure del giudice onorario di pace e del vice procuratore onorario, alle quali sono ricondotti anche i magistrati onorari già in servizio alla data del 15 agosto 2017, di entrata in vigore del decreto legislativo [21]. Per quanto d’interesse, tratti peculiari del magistrato onorario sono: a) la «natura inderogabilmente temporanea» dell’incarico, delimitato sia in termini di durata complessiva – otto anni, di norma quattro prorogabili altri quattro – sia di impegno settimanale – due giorni –, così da renderlo compatibile con l’esercizio di altre attività lavorative o professionali ed al contempo escludere l’esistenza di un rapporto di pubblico impiego [22]; b) l’esercizio delle funzioni giudiziarie «secondo principi di autoorganizzazione dell’attività, nel rispetto dei termini e delle modalità imposti dalla legge e dalle esigenze di efficienza e funzionalità dell’ufficio» [23]; c) la cessazione dell’incarico, «in ogni caso…, al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età» [24]. Quanto al trattamento economico, è confermata l’impostazione precedente, con l’attribuzione non già di una retribuzione, bensì esclusivamente di un’indennità che, però, è ora composta da una parte fissa indefettibile e di una parte variabile di risultato, a carattere eventuale ed «erogata in tutto o in parte in relazione al livello di conseguimento degli obiettivi» annualmente prefissati al magistrato onorario [25]. In questo quadro va calata la disciplina previdenziale, non senza ricordare che la riforma è in fieri ed anzi in buona misura inattuata: per un verso, infatti, a quanto consta, non si è ad oggi ancora provveduto alla nomina dei nuovi giudici onorari; per l’altro, la sua applicazione ai magistrati in servizio alla data sopra ricordata, soprattutto in tema di durata dell’incarico e di trattamento economico, ha subito [continua ..]
L’iscrizione alla Gestione separata è genericamente finalizzata alla «tutela previdenziale e assistenziale», mentre nulla si dice quanto all’applicabilità delle singole forme di tutela. Peraltro, la soluzione generalista, suggerita da tale silenzio, deve confrontarsi con le speciali previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 25, riguardanti malattia, infortunio e gravidanza: in realtà, inerenti al rapporto di lavoro, esse hanno inevitabili ricadute sul versante delle prestazioni previdenziali. Così, malattia e infortunio determinano la sospensione dell’esecuzione dell’incarico per un periodo non superiore a sei mesi, senza diritto all’indennità. In sostituzione, al magistrato onorario spetterà l’indennità di malattia che è riconosciuta a tutti i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata per un «numero massimo di giornate, pari ad un sesto della durata complessiva del rapporto di lavoro e comunque non inferiore a venti giorni nell’arco dell’anno solare» e superiore a 61 [29]. È poi da ricordare che i «periodi di malattia certificata, conseguenti a trattamenti terapeutici per cure oncologiche, o di gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti o che comunque comportino una inabilità lavorativa temporanea del 100%», ai sensi dell’art. 8, comma 10, legge 22 maggio 2017, n. 81, sono stati equiparati alla degenza ospedaliera, per cui spetta un’indennità per un massimo di 180 giorni nell’anno solare [30]. Sul punto il silenzio del d.lgs. n. 116/2017 non può ritenersi ostativo alla sua applicabilità, invece consentita dal generico e dunque omnicomprensivo riferimento alla Gestione separata, salvo, appunto, eventuali esplicite indicazioni contrarie. La sospensione è disposta anche in caso di gravidanza, nei due mesi oppure nel mese precedente la data presunta del parto e nei tre oppure quattro mesi successivi. In questo caso la disciplina deroga a quella generale di cui all’art. 64, d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, che ha reso facoltativa l’astensione nei periodi indicati [31], mentre, ancora in ragione della mancanza di esplicite indicazioni contrarie, è da ritenere applicabile il successivo art. 64-bis che estende la tutela all’ipotesi di adozione e affidamento. Analoghe [continua ..]
Per valutare lo stato attuale della tutela previdenziale, occorre volgere lo sguardo ad altri due profili: la disciplina transitoria sui magistrati onorari già in servizio al varo del d.lgs. n. 116/2017 e la recente giurisprudenza della Corte di giustizia UE, con le sue ricadute sull’ordinamento interno. Anticipando una conclusione d’insieme, l’esito dell’analisi, espresso dalla formula d’intestazione del paragrafo, è che siamo di fronte ad una situazione di totale incertezza. Vediamo in sintesi perché, con l’avvertenza che non si ha la pretesa di risolvere i numerosi dubbi che sorgono dalla lettura delle norme. In premessa, va ricordato che, secondo il vigente testo dell’art. 29, i “vecchi” giudici onorari: a) possono «essere confermati a domanda sino al compimento del settantesimo anno di età»; b) qualora facciano domanda, sosterranno, in relazione dell’anzianità di servizio, una delle tre «distinte procedure valutative», da tenersi nel triennio 2022-2024; c) qualora non confermati, anche per mancata presentazione della domanda, avranno diritto a un’indennità, in misura predefinita dalla legge; d) ove confermati hanno facoltà di optare per un regime di esclusività o non; e) in entrambe le ipotesi è loro riconosciuto «un compenso parametrato allo stipendio e alla tredicesima mensilità» spettanti al personale amministrativo e un’indennità giudiziaria in misura differenziata secondo l’opzione prescelta; f) nel regime di esclusività vige un generale divieto di cumulo del trattamento economico con i redditi di pensione e di lavoro autonomo; g) in caso contrario, l’incarico dovrebbe essere compatibile con l’esercizio di altre attività e di norma, a tal fine, non può eccedere l’impegno corrispondente a due giorni di lavoro a settimana. Tale assetto è il frutto della riscrittura degli artt. 29, 31 e 32, operata dalla legge di bilancio 2022 in risposta sia ad una procedura d’infrazione aperta dalla Commissione UE nel luglio 2021 [36] sia alle aspettative dei magistrati onorari già in servizio da anni, a volte decenni, per una revisione della disciplina transitoria che prevedesse almeno la loro stabilizzazione, se non l’equiparazione giuridica ai giudici ordinari. In questo contesto, la [continua ..]