Ricostruita la figura del giudice onorario, previsto dall'art. 106, comma 2, Cost., quale giudice necessariamente non professionale, dedicato alla giustizia c.d. minore, lo scritto evidenzia come la legislazione comune si sia per più aspetti allontanata dal quadro costituzionale. La spinta, che viene soprattutto dall'ordinamento europeo, alla equiparazione dei magistrati onorari (almeno in certi casi) ai magistrati di carriera, sotto il profilo delle tutele lavoristiche e previdenziali, può entrare in conflitto con regole e principi costituzionali. Considerata la mole del contenzioso in concreto affidato ai magistrati onorari, il lavoro evidenzia le difficoltà che sotto vari aspetti si incontrano nel ricondurre la legislazione ordinaria entro il disegno della Costituzione.
After outlining the figure of the honorary judge, provided by Article 106, paragraph 2, Const., as a necessarily non-professional judge, dedicated to the so-called lesser justice, the paper highlights how ordinary legislation has in several respects moved away from the constitutional framework. The drive, which comes mainly from the European law, for equalizing honorary judges (at least in certain cases) with career judges, in terms of labor and social protection, may conflict with constitutional rules and principles. Given the amount of litigation actually devolved to honorary judges, the paper points out the difficulties in various respects in bringing ordinary legislation back within the framework of the Constitution.
1. Il magistrato onorario nella Costituzione - 2. Il principio di eguaglianza e le differenti discipline legislative dei magistrati onorari e di quelli professionali - 3. La magistratura onoraria tra discipline generali e misure straordinarie - 4. La legislazione sulla magistratura onoraria tra le spinte contrastanti di pių principi costituzionali - 5. Per un (difficile) ritorno entro il quadro costituzionale - NOTE
Di “magistrati onorari” tratta esplicitamente la Costituzione all’art. 106, là dove – dopo avere stabilito che «[l]e nomine dei magistrati hanno luogo per concorso” – prevede che «[l]a legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli” [1]. Il magistrato onorario è tale quindi, anzitutto, per la modalità di accesso alla carica, che – a differenza di coloro che sono magistrati ‘ordinari’ – non prevede una prova strutturata secondo le caratteristiche tipiche dei pubblici concorsi (pur non escludendo, ovviamente, una qualche forma di selezione). A questo dato caratterizzante altri sono stati aggiunti dalla giurisprudenza, anche sulla scorta della legislazione comune. Così, mentre i magistrati ordinari svolgono le loro funzioni professionalmente e in via esclusiva, sulla base di un rapporto di pubblico impiego con lo Stato [2], i magistrati onorari svolgono i loro compiti per un tempo determinato, e il loro incarico è compatibile con lo svolgimento di altre attività lavorativo-professionali [3]. Sono, come è evidente, elementi che descrivono una figura, presenti anche nella normazione primaria in vigore [4]; ma, come si vedrà, entro una certa misura sono elementi costituzionalmente necessari, per dare corpo alla distinzione che è voluta dall’art. 106 Cost. Stando alla lettera delle previsioni costituzionali, il carattere ‘onorario’ di un magistrato dovrebbe avere rilievo solo per la modalità della nomina, rimanendo la circostanza senza rilievo agli effetti delle altre norme che la Costituzione dedica alla magistratura e alla funzione giurisdizionale. Ciò è vero solo in parte. Valgono per i magistrati e per gli organi giudiziari onorari la norma sulla soggezione del giudice solo alla legge, come i principi di indipendenza [5] ed autonomia; agli effetti dell’art. 102 Cost. gli organi giudiziari impersonati da magistrati onorari non sono giudici straordinari o speciali. I magistrati onorari non sono invece “magistrati ordinari” per l’art. 104 Cost., e conseguentemente non sono elettori dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura, né sono eleggibili al Consiglio [6]; il CSM adotta peraltro i [continua ..]
Taluni aspetti della normativa comune concernente i magistrati onorari sono stati varie volte portati al giudizio di costituzionalità, facendo valere soprattutto la violazione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., assumendo come tertium comparationis la corrispondente disciplina riguardante la magistratura ordinaria, o altri speciali magistrati onorari. In linea generale, le questioni non sono state ritenute fondate. Quando a confronto è stata posta la normativa sui magistrati ordinari, si è fatta valere la diversità delle situazioni regolate: così, ad esempio, soprattutto in questioni riguardanti la retribuzione, è stato argomentato che solo per i magistrati onorari «il compenso è previsto per un’attività che essi […] non esercitano professionalmente ma, di regola, in aggiunta ad altre attività» [13]. Quando a confronto è stata posta la disciplina su magistrature onorarie diverse da quella direttamente interessata al giudizio, alla Corte non è stato difficile argomentare che ogni magistratura onoraria è retta da discipline peculiari, che proprio per questo non sono reciprocamente confrontabili, ai fini dell’art. 3 Cost. [14]. Da tale orientamento parrebbe scostarsi la sentenza n. 267/2020, la quale ha dichiarato incostituzionale la norma che implicitamente negava al giudice di pace il diritto al rimborso riconosciuto alla generalità dei dipendenti statali per le spese legali sostenute nei giudizi di responsabilità, promossi per fatti di servizio e conclusi con accertamento negativo della responsabilità. Ma lo scostamento è molto limitato, se si considera che la decisione è incentrata sul rilievo che identica è la funzione giurisdizionale svolta, e che identico è il principio che essa si deve spiegare in modo libero da condizionamenti esterni, quale può essere di rischio di subire le conseguenza economiche di procedimenti intentati contro il magistrato e conclusi con una decisione di non responsabilità per i fatti addebitati: la sentenza mette quindi a valore più il principio di indipendenza della giurisdizione, che la parità di trattamento tra giudici di pace e dipendenti pubblici [15].
Se le norme costituzionali sulla magistratura onoraria non sono mutate dal 1948 [16], notevoli cambiamenti si sono avuti nella legislazione comune, la quale – per sopperire alle carenze e alle disfunzioni del ‘sistema giustizia’ nel suo insieme – ha ritenuto di agire su più fronti. Per un verso, si sono estesi i campi di impiego dei giudici onorari: prima con l’ampliamento delle competenze del giudice conciliatore (legge 30 luglio 1984, n. 399), e quindi con la istituzione del giudice di pace (legge 21 novembre 1991, n. 374) [17], cui sono state conferite specifiche attribuzioni funzionali nel settore civile, e – nel tempo – anche competenze in materia penale; poi con la generale previsione del giudice unico di primo grado (d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51), organo che può essere impersonato da un magistrato onorario [18]. Da altro versante, si è inciso su aspetti dello status del magistrato onorario: di volta in volta stabilendo requisiti e criteri selettivi per l’accesso alla carica [19]; articolando variamente il procedimento di nomina; riconoscendo una “indennità” per il lavoro svolto [20]. Ma su discipline organiche e tendenzialmente stabili ha fatto premio la legislazione emergenziale [21]: così, se la durata degli incarichi è stata sempre prevista dalla norma generale come temporanea e relativamente breve [22], costanti e numerose sono state le disposizioni di proroga [23], con il risultato che di fatto nella magistratura onoraria generalmente non si riscontra un elemento sempre ritenuto caratterizzante della figura: la durata limitata dell’impegno, appunto [24]. Una svolta nell’approccio è stata tentata con il d.lgs. n. 116/2017; ma la nuova legislazione è già sotto tensione, soprattutto con riferimento alla posizione dei magistrati onorari in servizio [25], per i quali la legge 30 dicembre 2021, n. 234, ha introdotto una sorta di stabilizzazione, anche per tenere conto della giurisprudenza UE e di una procedura di infrazione europea [26]. In termini quantitativi, si stima che la situazione attuale veda il contenzioso civile affidato a magistrati onorari per almeno il 40% del totale [27], magistrati onorari in larga percentuale in carica da molti anni [28]. Difficile pensare che, in assenza di decisi cambi di rotta, possano davvero trovare [continua ..]
In tale contesto, è inevitabile tornare a porre la domanda se sia conforme alle norme costituzionali la legislazione che ha ora consentito ora legittimato a posteriori la situazione attuale. I primi aspetti – sostanzialmente gli unici, fino ad ora [30] – a venire in rilievo sono quelli attinenti alla condizione dei magistrati onorari come ‘lavoratori’ [31]. Un tempo si poteva sostenere che la posizione del magistrato ordinario che svolge professionalmente e in via esclusiva la propria attività, legato allo Stato da un rapporto di pubblico impiego, è fondamentalmente diversa da quella del magistrato onorario, cui le funzioni sono affidate per una durata determinata, e senza che sia escluso lo svolgimento di altra attività: magistrato onorario le cui «prestazioni […] costituiscono esercizio di funzioni spontaneamente assunte per sentimento di dovere civico e di dignità sociale, e non identificabili con attività professionale» [32]. Tutto questo è difficile da difendere quando l’incarico onorario assorbe una parte notevole della capacità lavorativa della persona, e si protrae per lustri. Sono gli aspetti considerati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione, per ritenere incompatibile con le regole europee sul rapporto di lavoro a tempo determinato e sul rapporto a tempo parziale le norme italiane che escludono il magistrato onorario dal diritto alle ferie come da altri diritti previdenziali e assistenziali, e che non prevedono rimedi efficaci contro l’abuso di contratti di lavoro a tempo determinato [33]. Ma anche sul piano esclusivamente interno questioni si ripongono, rispetto sia all’art. 3 Cost. [34], sia alle altre norme costituzionali concernenti i diritti dei lavoratori, a partire dall’art. 36, sulla retribuzione sufficiente. Vero che ancora di recente, con la ordinanza n. 215/2022, la Corte ha dichiarato inammissibile una questione concernente l’ammontare massimo annuale della indennità liquidabile al giudice di pace (nella vigenza dell’art. 11, comma 4-ter, legge n. 374/1991), sollevata con riferimento all’art. 36 Cost.; ma ciò è avvenuto perché il giudice a quo non ha argomentato circa i motivi per i quali la attività del giudice onorario avrebbe carattere di lavoro subordinato, non essendosi egli confrontato né [continua ..]
Il discorso va allora ripreso dai dati fondamentali. L’art. 106 Cost. in modo molto chiaro pone il concorso come regola per l’accesso alla magistratura; la ammissibilità del magistrato onorario è limitata: sia dal vincolo alle funzioni «attribuite a giudici singoli», risultante dallo stesso art. 106 Cost., sia dalla necessità di rispettare le norme sulla giurisdizione e sulla magistratura in generale (in tema di indipendenza, terzietà, soggezione esclusiva alla legge…). Come da tempo si argomenta in letteratura, il quadro costituzionale consente allora di declinare la magistratura onoraria solo come una magistratura di prossimità, o come una magistratura dedicata alla c.d. giustizia minore, con finalità deflattiva [43]. Non si può negare che la Corte Costituzionale, mentre ha considerato eccezionale e derogatoria la chiamata a magistrati di Cassazione per meriti insigni [44], non ha espressamente qualificato tale l’accesso alla magistratura consentito dal comma 2 dell’art. 106 Cost.; e che in qualche occasione ha ritenuto che la norma costituzionale «non tratt[i] dell’esercizio delle funzioni giudiziarie e tanto meno della attribuzione di funzioni a determinati organi» [45]. Ma una interpretazione storica e sistematica dell’art. 106 Cost. conduce a ritenere consentito l’affidamento a magistrati onorari solo della “giustizia minore” [46]. Tale era anzitutto la giustizia onoraria avuta presente dai costituenti [47]; e allo stesso risultato porta la considerazione che regole di accesso diverse dal concorso tecnico e articolazioni differenti dello status di magistrato si pongono sempre a distanza dai principi di indipendenza e di soggezione del giudice solo alla legge, oltre che di eguaglianza tra le parti dei processi e tra concorrenti alla carica, che devono valere per la magistratura in generale. Del resto, a sostegno delle accresciute attribuzioni dei magistrati onorari, della stabilizzazione del rapporto, della tendenziale equiparazione ai magistrati professionali non sembrano decisivi argomenti che attengono alla indispensabilità nei fatti della figura che si è consolidata nel tempo [48], in quanto la sola finalità deflattiva non può giustificare che si abbiano più magistrature. I diritti di azione e di difesa di cui all’art. 24 Cost. esigono una [continua ..]