Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Formazione continua e transizioni occupazionali (di Lilli Viviana Casano, Ricercatrice in Diritto del lavoro, Università degli Studi dell’Insubria)


Il saggio analizza le recenti novità del quadro legislativo in materia di politiche attive e formazione continua, al fine di proporre alcuni spunti di riflessione sul possibile superamento della tradizionale separazione tra questi due ambiti di regolazione, indispensabile per fronteggiare i rischi (e le opportunità) derivanti dalle transizioni digitale, ecologica e demografica in atto. Lanalisi fa emergere le possibili ricadute positive della adozione di dispositivi che, da un lato, abbracciano la prospettiva della personalizzazione degli interventi sulla base della specifica posizione del lavoratore (nel rapporto e nel mercato); dal­laltro, attraverso un approccio multi-attore e multi-livello, sono in grado di creare canali di comunicazione tra diversi ambiti di produzione delle norme, aprendo la strada alla costruzione di un sistema integrato di tutele della professionalità dei lavoratori. L’ambizione del Legislatore di pervenire ad un modello universalistico di protezione, tuttavia, sembra scontrarsi con un quadro complessivamente debole, sia sul piano del riconoscimento e della concreta effettività dei diritti, sia su quello della organizzazione del mercato ed in particolare delle norme volte a costruire le infrastrutture indispensabili per il funzionamento dei mercati transizionali del lavoro.

Parole chiave: formazione continua – politiche attive – lavoratori – transizione – apprendimento permanente.

Continuing vocational training and occupational transitions

The essay analyzes recent innovations in the legislative framework dealing with active labour market policies and continuing vocational training, in order to propose some insights on the possible overcoming of the traditional separation between these two areas of regulation, essential to face risks (and opportunities) coming from the digital, ecological and demographic transitions underway. The analysis highlights the possible positive effects of the adoption of legal devices which, on the one hand, embrace the perspective of the personalization of interventions based on the specific position of the worker (in the contract and in the market); on the other hand, through a multi-actor and multi-level approach, are able to create connections between different areas of regulation, paving the way for the construction of an integrated system for protecting workers’ professionality. The Legislator’s ambition to build an universalist model of protection, however, seems to clash with an overall weak framework, both in terms of rights’ recognition and concrete effectiveness, and in terms of labour market organization, in the absence of rules that aimed at governing indispensable infrastructures for the functioning of transitional labor markets.

Keywords: continuing vocational training - active labour market policies - workers - transition - lifelong learning.

SOMMARIO:

1. La formazione continua come tutela transizionale - 2. Spunti di riflessione da alcuni recenti interventi legislativi - 2.1. La formazione nel nuovo perimetro delle politiche attive disegnato dal programma Garanzia di Occupabilità per i Lavoratori - 2.2. Il Fondo Nuove Competenze - 2.3. I Patti territoriali per la transizione ecologica e digitale - 2.4. La riqualificazione dei lavoratori delle imprese in fase di riorganizzazione o in crisi: le nuove regole sulla condizionalità, l’accordo di transizione, il contratto di espansione - 3. Ruolo e possibile evoluzione dei Fondi interprofessionali per la formazione continua - 4. Considerazioni conclusive - NOTE


1. La formazione continua come tutela transizionale

Nella più recente riflessione sulla formazione dei lavoratori è ormai consolidata una chiave di lettura che – facendo tesoro del dibattito dottrinale che ha sviluppato la riflessione su tale tematica all’incrocio tra la dimensione dei diritti sociali e quella degli obblighi e dei diritti delle parti di un rapporto di lavoro [1] – la colloca oggi sul piano più generale della organizzazione di un insieme di dispositivi [2] idonei ad attuare la prospettiva dell’apprendimento permanente [3] ed anche a fronteggiare le sfide poste dalle transizioni digitale ed ecologica [4]. Di fronte all’emergere dei cosiddetti mercati transizionali del lavoro  [5], si è imposta, infatti, la necessità di spostare il focus sulle transizioni sperimentate dai lavoratori nel corso delle loro carriere lavorative, nel rapporto di lavoro e nel mercato del lavoro. Ciò andando quindi oltre il dibattito, talvolta ideologico, sulla contrapposizione tra tutele nel rapporto e tutele nel mercato, per cogliere l’invito a prendere atto del superamento della netta distinzione tra mercati interni ed esterni del lavoro [6] e la conseguente necessità di costruire uno statuto professionale della persona che lavora [7]. Da qui una possibile lettura della formazione continua come tutela transizionale [8], volta non solo a proteggere i lavoratori dai rischi occupazionali o di perdita del posto di lavoro, ma anche a promuovere lo sviluppo di capacità di transizione [9] idonee ad aumentarne l’occupabilità in diversi passaggi critici [10]. In questa prospettiva appare necessaria l’apertura di un canale di comunicazione tra due aree della regolazione del lavoro fino a tempi recenti non comunicanti: quella della formazione dei lavoratori e quella delle politiche attive, di cui la formazione (ma delle persone disoccupate/in cerca di lavoro) rappresenta il pilastro portante [11]. Il coordinamento tra queste due aree della regolazione è però un obiettivo ancora lontano, nonostante gli apprezzabili tentativi del legislatore, che sono andati in due direzioni. Da un lato, riportare ad un unico sistema (l’apprendimento permanente di cui alla legge 28 giugno 2012, n. 92) i diversi dispositivi e strumenti riconducibili alla vasta area della formazione, immaginando anche infrastrutture istituzionali di raccordo (il sistema [continua ..]


2. Spunti di riflessione da alcuni recenti interventi legislativi

All’incrocio tra iniziative volte ad accompagnare la ripresa economica dopo la crisi pandemica e riforme strutturali sollecitate dai processi di transizione digitale ed ecologica in atto, sono stati adottati tra il 2021 ed il 2022 una serie di provvedimenti che, pur non intaccando il modello di organizzazione e disciplina del mercato del lavoro del nostro Paese, né quello della formazione continua, sembrano in grado di innescare importanti cambiamenti e segnalano una svolta sul piano delle finalità e della tecnica di produzione legislativa in questi ambiti [19], sollecitando anche un nuovo protagonismo delle parti sociali, complessivamente in linea con la prospettiva dei mercati transizionali del lavoro, sopra richiamata. Si tratta di novità legislative che vanno certamente inquadrate nel contesto delle riforme che almeno a partire dal 2012 hanno cambiato l’assetto delle politiche del lavoro nel nostro Paese, con una crescente importanza riconosciuta alla formazione e alle politiche attive, e un ripensamento anche del sistema di ammortizzatori sociali in direzione di una maggiore inclusività e del collegamento tra sostegno al reddito e opportunità di riqualificazione [20]. Gli ultimi due anni hanno visto, in sostanza, concretizzarsi tendenze già in atto, sebbene sul piano della strumentazione tecnica utilizzata dal legislatore siano emersi elementi di originalità. Il presente contributo si concentrerà su alcune di queste novità (il Piano Nuove Competenze approvato ed i suoi specifici programmi Garanzia di Occupabilità per i Lavoratori, Sistema duale e Fondo Nuove Competenze; le disposizioni, nell’ambito della riforma degli ammortizzatori sociali contenuta nella la legge 30 dicembre 2021, n. 234, che riguardano la formazione dei lavoratori; le novità che hanno interessato il sistema dei Fondi Interprofessionali per la formazione continua), per fare emergere gli elementi utili alla riflessione in merito al possibile superamento della separazione tra formazione continua e politiche attive, in direzione di un sistema integrato di strumenti per la valorizzazione della professionalità dei lavoratori nelle transizioni occupazionali. Senza dubbio va salutata positivamente l’adozione di una cornice unitaria di riferimento per la formazione professionale attraverso il Piano nazionale Nuove Competenze [21], legato, come noto, al traguardo di [continua ..]


2.1. La formazione nel nuovo perimetro delle politiche attive disegnato dal programma Garanzia di Occupabilità per i Lavoratori

Superare la separazione tra politiche della formazione e politiche attive del lavoro è uno degli obiettivi centrali del programma Garanzia di Occupabilità per i Lavoratori, per la cui trattazione si rimanda da subito al contributo di L. Valente, in questo fascicolo. Per quanto rileva ai fini della presente analisi, infatti, preme soprattutto segnalare come il programma in commento, in virtù dello specifico target di beneficiari e della centralità riconosciuta alla formazione al suo interno, concorra alla emersione di una area grigia tra disoccupazione e lavoro tradizionalmente trascurata dalle politiche attive, popolata da persone (inattivi, lavoratori fragili e/o vulnerabili, working poor, inclusi i lavoratori autonomi) che presentano specifiche problematiche con riferimento all’accesso ad opportunità di formazione e riqualificazione. Per i lavoratori per i quali si renda necessario un intervento formativo, il programma prevede che siano accuratamente distinti gli obiettivi, a seconda del posizionamento nel mercato del lavoro, distinguendo tra: percorsi di aggiornamento, percorsi di riqualificazione, moduli di potenziamento delle competenze di base, percorsi di reinserimento lavorativo e inclusione, percorsi di ricollocazione collettiva. Tutti i percorsi dovranno tener conto delle transizioni ecologiche e digitali in corso. Il programma intende promuovere l’adozione di standard nazionali – nell’ottica dei livelli essenziali – sia di definizione della domanda (analisi delle competenze dei lavoratori in relazione ai fabbisogni del mercato del lavoro) sia dell’offerta (personalizzazione degli interventi, flessibilizzazione erogazione, ecc.). Tali standard specifici si innestano nel quadro già delineato dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dell’11 gennaio 2018, n. 4, precisandone i profili per ciò che concerne le misure riferibili al programma, nel presupposto che specifiche prestazioni (e loro modalità di erogazione) finora rimaste sulla carta possano essere attuate, almeno per un quinquennio, grazie proprio alle risorse confluite nel programma Garanzia di Occupabilità per i Lavoratori (e al concomitante piano di rafforzamento degli organici dei servizi per l’impiego) [28]. Con riferimento ai profili dell’offerta formativa, spetta alle Regioni indicare nel loro Piano attuativo le modalità con cui [continua ..]


2.2. Il Fondo Nuove Competenze

Rivolgendo ora l’attenzione al tema dell’aggiornamento/riqualificazione dei lavoratori delle imprese interessate da processi di riorganizzazione, occorre prendere atto che nel nostro Paese la specificità delle esigenze formative correlate ad una gestione reale dei cambiamenti organizzativi e dell’innova­zione ha tradizionalmente trovato una debole risposta nei dispositivi di formazione continua ordinari, e nello specifico nella formazione finanziata dai Fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua (vd. infra §3). Ciò non solo per via di disfunzioni sistemiche, che hanno complessivamente determinato una scarsa capacità di orientare efficacemente le scelte delle imprese sugli investimenti in formazione, ma più a monte a causa dell’emergere di una visione della formazione continua come area di intervento scollegata da strategie economiche ed organizzative di più ampio respiro. Ciò che invece si rivela indispensabile oggi è offrire agli attori economici un apparato di regole e strumenti in grado di abilitare i processi di innovazione, anche attraverso la formazione, ed alle persone concrete opportunità di valorizzazione della professionalità nelle transizioni “critiche”. Di questa nuova logica si fa in un certo senso interprete il Fondo Nuove Competenze. Introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento dall’art. 88, comma 1 del d.l. n. 34/2020 [30], tale strumento prevede il riconoscimento di contributi finanziari in favore di tutti i datori di lavoro privati che abbiano stipulato accordi collettivi di rimodulazione dell’orario di lavoro, sottoscritti a livello aziendale o territoriale, per i quali le ore in riduzione dell’orario di lavoro sono destinate a percorsi di sviluppo delle competenze dei lavoratori. Ciò proprio al fine di consentire la graduale ripresa delle attività nelle imprese interessate da mutate esigenze organizzative e produttive. I risultati della prima fase di sperimentazione della misura hanno restituito un quadro di luci ed ombre: oltre a significative criticità procedurali [31], si è segnalato, in particolare, il difficile raccordo con il sistema di individuazione, validazione e certificazione delle competenze (di cui al d.lgs. n. 13/2013) e la logica di “corto respiro” nella progettazione degli interventi formativi, agevolata dalla [continua ..]


2.3. I Patti territoriali per la transizione ecologica e digitale

In un’area di intersezione tra le politiche formative rivolte ai disoccupati, ai lavoratori “in transizione” e agli occupati si collocano le previsioni relative ai Patti territoriali per la transizione ecologica e digitale, di cui ai commi 249 e 250 dell’art.1 della legge n. 234/2021. Tali disposizioni consentono la sottoscrizione, nell’ambito del programma Garanzia di Occupabilità per i Lavoratori, di accordi fra autonomie locali, soggetti pubblici e privati, enti del terzo settore, associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, finalizzati a realizzare progetti formativi e di inserimento lavorativo nei settori della transizione ecologica e digitale (comma 249). Tali accordi, definiti e individuati con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con il Ministero della Transizione Ecologica e il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri, sono diretti a: a) inserire e reinserire, con adeguata formazione, i lavoratori disoccupati, inoccupati e inattivi; b) riqualificare i lavoratori già occupati e potenziare le loro conoscenze. Il comma 250 consente alle imprese, anche in rete, in base ai suddetti accordi e secondo il relativo livello di specializzazione, di realizzare la formazione dei lavoratori al fine di: a) fare acquisire ai lavoratori disoccupati, inoccupati e inattivi, previa accurata analisi del fabbisogno di competenze, conoscenze specialistiche tecniche e professionali, anche avvalendosi dei contratti di apprendistato di cui agli artt. 43, 45 e 47, comma 4, del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81; b) istituire centri interaziendali, per garantire, eventualmente mediante l’istituzione di conti individuali di apprendimento permanente, la formazione continua dei lavoratori già occupati e agevolarne la mobilità tra imprese. L’obiettivo è quindi duplice: facilitare l’inserimento lavorativo dei lavora– tori disoccupati, inoccupati e inattivi, da un lato; riqualificare i lavoratori già occupati e potenziare le loro conoscenze, anche nell’ottica di una mobilità esterna, dall’altro. La sottoscrizione di tali accordi è però consentita nell’am­bito del programma Garanzia di Occupabilità per i Lavoratori, che ha specifiche finalità (e specifici target di beneficiari): il fine, esplicitato nell’allegato A al decreto del 5 [continua ..]


2.4. La riqualificazione dei lavoratori delle imprese in fase di riorganizzazione o in crisi: le nuove regole sulla condizionalità, l’accordo di transizione, il contratto di espansione

Il problema della riqualificazione dei lavoratori nelle fasi critiche del rapporto di lavoro, che possono comportarne la sospensione per ragioni attinenti il datore di lavoro, è a lungo rimasto inevaso, configurandosi la protezione finora riconosciuta al lavoratore in queste circostanze principalmente come sostegno al reddito, senza mai dare concretezza alla prospettiva di una tutela incentrata sulla preservazione o riqualificazione del patrimonio di competenze del lavoratore. La legge n. 234/2021 ha rappresentato certamente un importante tassello nel processo, da tempo auspicato, di integrazione tra politiche attive, sistema di formazione continua, e ammortizzatori sociali, in particolare in costanza di rapporto di lavoro. Una svolta, però, ritenuta a forte rischio di ineffettività, in assenza di un generale efficientamento dei servizi per l’impiego e del sistema di formazione professionale [40]. L’art. 1, comma 194, della legge n. 234/2021, innanzitutto, integra la disposizione di cui all’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 148/2015, prevedendo che i programmi di riorganizzazione aziendale funzionali all’intervento di integrazione salariale siano finalizzati al recupero occupazionale anche in termini di riqualificazione professionale e di potenziamento delle competenze. Il comma 202 introduce poi, dopo l’art. 25-bis del d.lgs. n. 148/2015, l’art. 25-ter, che prevede nuove regole in materia di condizionalità, originariamente riferite ai percettori di trattamenti straordinari disciplinati dal Capo III del Titolo I del d.lgs. n. 148/2015 e, a seguito dell’intervento di modifica dell’art. 1, lett. h) del Decreto sostegni-ter, riferita anche alle integrazioni salariali straordinarie del Titolo II del d.lgs. n. 148/2015  [41]. Sulla base di tali previsioni, ai lavoratori interessati dovranno essere offerti percorsi di formazione e riqualificazione programmati e coordinati con la domanda di lavoro espressa dal territorio, “anche mediante fondi interprofessionali” (cfr. art. 25-ter, comma 1). La mancata partecipazione alle iniziative formative (se ingiustificata) dà luogo a sanzioni che implicano la decurtazione del trattamento di integrazione salariale in misura percentuale, fino alla decadenza dal trattamento in corso secondo le modalità da definire con apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di [continua ..]


3. Ruolo e possibile evoluzione dei Fondi interprofessionali per la formazione continua

In questo scenario, il ruolo e le prerogative dei Fondi Interprofessionali, che rappresentano da venti anni l’infrastruttura portante del sistema di formazione continua [53], cambiano ulteriormente [54], in un panorama che si arricchisce di nuovi dispositivi che in larga parte i Fondi Interprofessionali sono chiamati ad implementare, ma non a governare. Infatti il Legislatore sceglie anche questa volta di introdurre nuovi strumenti per il cui finanziamento sia possibile fare ricorso ai Fondi, piuttosto che di modificare l’impianto giuridico-istituzionale degli stessi fondi al fine di ampliarne ambiti e capacità di intervento [55]. Si pensi al Fondo Nuove Competenze, che le nuove disposizioni vogliono ora di norma finanziato attraverso il ricorso ai Fondi Interprofessionali per quanto concerne gli interventi formativi [56], e che avrebbe potuto a tal fine configurarsi come misura integrata nel loro impianto, operando possibilmente una selezione nel panorama ancora troppo articolato dei fondi autorizzati. O agli interventi di formazione continua concertati attraverso i Patti territoriali per la transizione ecologica e digitale, inquadrati nell’ambito del programma Garanzia di Occupabilità per i Lavoratori, che avrebbero invero trovato la loro naturale collocazione nell’ambito di operatività dei Fondi interprofessionali. Per ciò che concerne il coinvolgimento dei Fondi nella attuazione delle misure formative rivolte ai beneficiari di strumenti di integrazione del reddito in costanza di rapporto di lavoro [57], occorre precisare che molti di questi prevedevano già nell’ambito dei loro regolamenti interni la possibilità di includere tra i beneficiari dei piani di formazione finanziati i percettori di ammortizzatori sociali di natura pubblica e/o contrattuale [58]. Interrompendo una ormai lunga tradizione di distrazione di risorse dalla gestione di queste strutture [59], però, per gli anni 2022 e 2023 è disposto a beneficio dei Fondi un rimborso delle risorse destinate a tali interventi, a valere sulle risorse – pari a 120 milioni di euro annui – che, in base all’art. 1, comma 722, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, l’INPS sottrae dalle entrate destinate ai Fondi interprofessionali [60] e versa all’entrata del bilancio dello Stato. Il rimborso è disposto con decreto del Ministero del lavoro e [continua ..]


4. Considerazioni conclusive

L’insieme delle disposizioni qui commentate sembra concorrere alla formazione di un quadro ordinamentale complessivamente più coerente con la prospettiva dei mercati transizionali del lavoro, sebbene siano ancora tutte da verificare le concrete ricadute di programmi e strumenti ancora in fase di avvio o in alcuni casi ancora in attesa di attuazione, e restino importanti nodi ancora da sciogliere. Certamente è emersa una nuova consapevolezza rispetto alla necessità di superare approcci settoriali, iniziando a valorizzare le connessioni tra politiche e aree della regolazione del lavoro che non possono registrare avanzamenti in assenza di un approccio sistemico. Da valutare positivamente è anche la valorizzazione del ruolo della contrattazione collettiva e del metodo concertativo: la prima, chiamata a intervenire concretamente nella attuazione della maggior parte delle misure qui commentate, e dunque imprescindibile per la realizzazione delle politiche; il secondo, fortemente promosso per dare supporto e nuovo slancio alla rete pubblica dei servizi e per la costruzione di beni comuni strategici a livello territoriale. Ne emerge un ruolo da protagonisti per gli attori dei sistemi di relazioni industriali che dovranno adesso saper cogliere la sfida lanciata dal legislatore in un contesto in cui sembrano venire meno alibi quali l’assenza di dispositivi idonei ad una partecipazione attiva alla implementazione delle politiche o la scarsità delle risorse. Nel quadro disegnato dai recenti interventi acquista maggiore rilevanza il tema della certificazione delle competenze, che rappresenta un indispensabile elemento di chiusura di un sistema di apprendimento permanente garantendo: da un lato, la messa in trasparenza (e dunque la valorizzazione e la spendibilità) delle competenze maturate dai lavoratori in tutti i contesti; dall’altro l’efficacia degli interventi, che nell’ottica della certificazione finale devono essere anche progettati per competenze e coerenti con precisi standard professionali condivisi da tutti gli attori del mercato del lavoro (e del sistema di istruzione e formazione) e riconosciuti dall’attore pubblico. Tuttavia, nessun intervento concreto sembra indirizzato, ad oggi, a superare le criticità di un sistema ancora non pienamente operativo sul piano nazionale, privo di indispensabili raccordi con il sistema delle politiche attive e della formazione continua, e [continua ..]


NOTE