Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Disciplina dei privilegi e lavoro parasubordinato (di Gabriele Franza, Professore associato di Diritto del lavoro, Università di Macerata – Matilde D’Ottavio, Assegnista di ricerca in Diritto del lavoro, Università Politecnica delle Marche)


Il credito retributivo del lavoratore parasubordinato, con i riflessi sulla posizione previdenziale, non è esplicitamente considerato dalla disciplina dei privilegi mobiliari. La sua collocazione tra i crediti di lavoro autonomo solleva interrogativi sia di ragionevolezza in relazione al complessivo impianto normativo, sia rispetto all’evoluzione della disciplina derivante dalle più recenti riforme.

Parole chiave: Lavoro parasubordinato – crediti retributivi – privilegi mobiliari.

Regulation of priorities and parasubordinate employment

The discipline of movable property priorities does not consider the wage credit of parasubordinate workers, with consequences on their social security position. Its collocation within the self-employment credits raises many doubts in terms of reasonability concerning both the whole legal framework and the discipline evolution arising from the most recent reforms.

Keywords: Parasuborinate workers – wage credit – movable property priorities.

SOMMARIO:

1. La mancata esplicita collocazione del lavoro parasubordinato nella disciplina dei privilegi - 2. L’irrazionale collocazione sistematica dei crediti di lavoro parasubordinato - 3. I privilegi del lavoro parasubordinato in ambito previdenziale - 4. La posizione degli etero-organizzati tra tecnica rimediale e disciplina collettiva - NOTE


1. La mancata esplicita collocazione del lavoro parasubordinato nella disciplina dei privilegi

L’art. 2, legge n. 426/1975, ha introdotto l’art. 2751-bis c.c. al fine di accordare una tutela specifica, mediante privilegio generale sui beni mobili del debitore, al complesso dei crediti che trovino titolo nella prestazione di un’at­tività lavorativa, da considerarsi in senso “onnicomprensivo”, vista l’inclu­sione tanto delle retribuzioni e delle provvigioni, quanto dei corrispettivi per i servizi prestati e per la vendita di manufatti frutto dell’opera di lavoro. L’ampliamento delle tutele riservate ai crediti di lavoro nell’ambito delle procedure concorsuali consiste sia nel migliore trattamento di quelli già muniti di privilegio (e quindi i crediti dei lavoratori subordinati, dei prestatori d’opera intellettuale e degli agenti, di mezzadri e coloni), sia nell’estensione del privilegio ad altri crediti originariamente non muniti di una causa di prelazione (cioè i crediti di coltivatori diretti, artigiani e cooperative). A fare da contraltare, vi è il silenzio del legislatore dell’epoca sul credito dei lavoratori parasubordinati. La ragione va plausibilmente individuata nella mancata percezione della portata espansiva del fenomeno, in uno alla sua riconduzione alle prestazioni d’opera, secondo le definizioni a quel momento esistenti (art. 2, legge n. 741/1959; art. 409, n. 3, c.p.c.). Sorprende, invece, la mancanza di attenzione successiva. Ed invero, nonostante le norme susseguitesi nel tempo – sia in punto di “fattispecie”, dapprima con l’intervento in ambito previdenziale e fiscale (legge n. 335/1995; legge n. 342/2000) e poi con la configurazione del lavoro a progetto (d.lgs. n. 276/2003), sia mediante l’estensione di regole della disciplina di protezione propria del lavoro subordinato – tutte in vario modo condizionate dal presupposto della debolezza economico-contrattuale dei lavoratori parasubordinati, nel caso di insolvenza del debitore il legislatore non si è mai preoccupato di aggiornarne la posizione creditoria, la quale, almeno normativamente, risulta trascurata nell’ordine dei privilegi generali e mobiliari. Sul piano fattuale questa inerzia può trovare una sommaria e parziale spiegazione sia nella nota critica che vede, nella collocazione prioritaria accordata ai crediti di lavoro sui soli beni mobili del debitore [1], oltretutto suscettibili di facile [continua ..]


2. L’irrazionale collocazione sistematica dei crediti di lavoro parasubordinato

Ovviamente il credito da lavoro parasubordinato non può essere considerato escluso dalla disciplina dei privilegi sui beni mobili del debitore, pena la evidente violazione dell’art. 35 Cost. che tutela il lavoro “in tutte le sue forme ed applicazioni”. Piuttosto, la questione interessa la sua collocazione all’in­terno di quella disciplina, in base al canone di ragionevolezza appena ricordato e che tenga conto delle caratteristiche specifiche di una prestazione d’opera che, costituisca o no un tertium genus, è comunque definita da elementi normativi che la distinguono dal normale lavoro autonomo sia sul piano della struttura sia in termini di tutele applicabili. In questo quadro, va intanto escluso che il credito di lavoro in esame possa essere equiparato a quello dei lavoratori subordinati (art. 2751-bis, n. 1, c.c.), poiché solo ad essi si riferisce la disposizione. Anche la giurisprudenza, seppur non recente, è pervenuta a questa soluzione [5], con una interpretazione restrittiva riferita al testo allora vigente dell’art. 409, n. 3, c.p.c. ed incentrata sulla ratio – da verificare alla stregua delle più recenti modifiche – per cui il lavoro parasubordinato godrebbe delle tutele di quello dipendente solo qualora espressamente estese dal legislatore. I lavoratori parasubordinati non beneficiano, pertanto, del grado di protezione prioritario assegnato ai crediti di lavoro dei subordinati dall’art. 2777, comma 2, lett. a). In proposito, occorre peraltro ricordare che, alle condizioni note e nei limiti delle indennità di fine rapporto e delle ultime retribuzioni, questi crediti possono essere soddisfatti mediante l’intervento del Fondo di Garanzia, mentre i lavoratori parasubordinati sono esclusi anche da tale intervento lato sensu previdenziale, non essendo contemplata alcuna socializzazione del rischio da insolvenza dei loro committenti. Senonché, alla soddisfazione dei crediti di lavoro subordinato da parte del Fondo segue l’azione di surroga del Fondo stesso, che gode del privilegio nel medesimo ordine prioritario [6] e che, tuttavia, risponde a ben diverse esigenze di natura finanziaria dell’ente [7]. Il che accentua le perplessità sulla divaricazione di tutela tra dipendenti e parasubordinati, se si considera che il credito di lavoro di questi ultimi, una volta entrato nel loro patrimonio giuridico, [continua ..]


3. I privilegi del lavoro parasubordinato in ambito previdenziale

In senso speculare a quanto osservato per i crediti “retributivi” dei lavoratori parasubordinati, un rilevante problema si pone anche per la loro posizione contributiva. Occorre infatti ricordare che tra i privilegi che assistono i dipendenti c’è pure quello relativo al danno da mancato versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali obbligatori, che è appunto previsto dal n. 1 del­l’art. 2751-bis c.c. In proposito, tuttavia, si è opportunamente evidenziato che tale tutela deve ritenersi operante solo qualora non trovi applicazione l’automaticità delle prestazioni [15], che peraltro nelle procedure concorsuali, alle condizioni note, prescinde pure dall’intervenuta prescrizione del diritto dell’ente al recupero dei contributi. Ne consegue che la distinta tutela del credito dell’ente, garantita dai privilegi degli artt. 2753 e 2754 c.c. [16], soddisfa essenzialmente esigenze finanziarie dell’ente stesso [17], senza pregiudizio per il godimento delle prestazioni previdenziali. Va allora constatato che, stando alla recente giurisprudenza di legittimità sulla mancata estensione dell’automaticità delle prestazioni ai lavoratori parasubordinati, in caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente, al collaboratore spetterebbe la “alternativa” dell’azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2, c.c. [18]. Senonché, questo danno non godrebbe di privilegio, poiché nulla dispone al riguardo il n. 2 dell’art. 2751-bis c.c. D’altra parte, allo stesso limite soggiace l’ipotesi in cui il lavoratore rinunci, ex art. 1236 c.c., all’effetto privativo dell’accollo ex lege disposto in suo favore per la parte di contributi posta a carico del committente. In questo caso, infatti, al versamento diretto all’ente corrisponderebbe un’azione di rivalsa per un danno che, oltre a non essere munito di privilegio, neppure sarebbe riconducibile al mancato godimento della prestazione previdenziale. Ad una diversa soluzione non pare potersi pervenire in forza della ricordata novella che ha esteso il privilegio dell’art. 2751-bis, n. 2 al “contributo integrativo” da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed al credito di rivalsa per IVA. È vero che per quest’ultimo credito la Consulta, accedendo ad una interpretazione [continua ..]


4. La posizione degli etero-organizzati tra tecnica rimediale e disciplina collettiva

Se le considerazioni appena svolte interessano tutte le prestazioni di lavoro rese in modo coordinato e continuativo ed in via prevalentemente personale, e dunque il complesso dei lavoratori che rientrano nell’ambito della parasubordinazione, un ragionamento differente sembra poter riguardare quelli c.d. etero-organizzati. La nuova regolazione delle collaborazioni stabilisce, infatti, che a quelle etero-organizzate “si applica la disciplina del lavoro subordinato” (art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015). La questione non involge tanto l’ipotesi, perlomeno residuale, in cui la collaborazione sia attivata sic et simpliciter con questa forma, quanto quelle in cui l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato dipenda dall’accertamento giudiziale della etero-organizzazione delle modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro, oltretutto secondo la logica c.d. rimediale fatta propria dalla Cassazione [23]. In questa ipotesi pare indiscutibile che la disciplina del privilegio dell’art. 2751-bis, n. 1, c.c. appartenga a quella generale propria del lavoro dipendente, poiché appresta una specifica tutela che non solo deroga alla par condicio creditorum ma si giustifica, nell’ordine dei privilegi, per il grado di protezione accordato ad una specifica relazione contrattuale. Per riconoscere il medesimo privilegio al lavoro etero-organizzato, pertanto, non è neanche necessario aderire alla nota impostazione [24] che riconduce la organizzazione delle modalità di esecuzione del lavoro al potere datoriale tipizzato dall’art. 2014, comma 2, c.c. (ciò che consentirebbe di superare l’argomento formalistico incentrato sul riferimento ai “prestatori di lavoro subordinato”), risultando sufficiente la constatazione per cui il legislatore ha comunque imposto l’applicazione della stessa disciplina in situazioni giuridiche ritenute meritevoli di identica tutela. Se ne dovrebbe quindi dedurre che al collaboratore etero-organizzato spetti innanzitutto tale privilegio in relazione alle componenti della sua pretesa stricto sensu retributiva, mentre la questione della “ontologica incompatibilità” di alcune tutele della subordinazione potrebbe semmai incidere a monte sul godimento del privilegio. Infatti l’ipotetica esclusione di alcune di queste tutele, come quella prevista per il licenziamento illegittimo, espungerebbe [continua ..]


NOTE