L’articolo si interroga sulla portata della formula “mezzi adeguati alle esigenze di vita”. A tal fine, il saggio ricostruisce le linee essenziali del dibattito dottrinale. In particolare, rileva l’inidoneità dell’art. 36 Cost. a fornire un affidabile criterio di determinazione delle prestazioni adeguate e l’esito del dibattito, di semplice convalida e razionalizzazione ex post delle scelte legislative. Ripartendo dall’art. 38 Cost. e dai lavori preparatori prospetta una diversa configurazione dei mezzi adeguati, per quanto di difficile attuazione.
<The article investigates the scope of the formula “adequate means to the needs of life”. To this end, the essay reconstructs the essential lines of the doctrinal debate. In particular, it notices the unsuitability of the Article 36 of Costituzione to provide a reliable criterion for determining the adequate performance and the outcome of the debate, which simply validates and rationalises ex post the legislative choices. Restarting from the Article 38 of Costituzione and the preparatory work, it proposes a different configuration of the adequate means, although hard to implement.
Keywords: social security – Constitution – need – pensions – social security benefits.
1. L’adeguatezza delle prestazioni previdenziali, problema vecchio e nuovo - 2. Mezzi adeguati e dottrina, linee ricostruttive: modelli di tutela e discrezionalità del legislatore - 3. Segue. Mezzi adeguati ed esigenze di vita - 4. L’inconsistente relazione tra art. 36 e art. 38 Cost., tra pensione contributiva e altre prestazioni previdenziali - 5. La prestazione adeguata tra idealità e utopia - NOTE
Non credo sia errato datare agli anni ’90 del secolo scorso l’effettivo interesse della dottrina riguardo al significato e al contenuto dei “mezzi adeguati alle esigenze di vita”, quale livello costituzionalmente dovuto dei trattamenti di previdenza obbligatoria [1]. Dapprima vittima della più generale incomprensione e inattuazione del testo costituzionale [2], a rendere superflua o quantomeno mettere in secondo piano la riflessione sul tema è poi stata, sul finire degli anni ’60, l’accresciuta promessa pensionistica pubblica, conseguente all’estensione del criterio di calcolo retributivo a tutti i lavoratori dipendenti del settore privato [3]. All’epoca, era invece agli albori la copertura previdenziale – meglio, pensionistica – dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti, che resterà a lungo forgiata sull’opposto metodo contributivo. Ciò nonostante, il tema dell’adeguatezza resterà lontano da – e perfino estraneo a – quest’area, per ragioni in realtà metagiuridiche, non solo e non tanto di finanziamento. Per un verso, nel quadro del boom economico s’imponeva, non senza fondamento, l’immaginario di agiatezza e benessere sociale connesso a tale condizione professionale; immaginario oggi non più proponibile, come l’emergenza pandemica ha dimostrato [4]. Per altro verso, nel clima dei forti contrasti politici e ideologici dell’epoca, a quel mondo molti guardavano con sospetto e perfino avversione. Non a caso, soltanto nel 1990 la legge n. 233 introdurrà il calcolo reddituale in favore degli iscritti alle tre gestioni speciali INPS dei lavoratori autonomi [5], di lì a cinque anni, tuttavia, coinvolti nella generale trasformazione “contributiva” dei trattamenti pensionistici dalla legge n. 335/1995 [6], che imporrà ab origine tale criterio anche alla novella quarta Gestione Separata [7], come poi farà il d.lgs. n. 103/1996 per gli enti previdenziali dei liberi professionisti istituiti (non privatizzati) quali persone giuridiche di diritto privato [8]. Comunque, a riaprire il dibattito sull’adeguatezza delle prestazioni è stata la compressione dei livelli di tutela pensionistica prodotta, secondo i più, da questa trasformazione [9] e che ha investito – è bene [continua ..]
C’è un punto fermo da cui muove la dottrina nell’affrontare il nostro tema: l’ambiguità della formula dell’art. 38, comma 2, Cost., ambiguità che si radica nell’«oggettiva relatività tanto del criterio di misura (l’adeguatezza) quanto al referente (le esigenze di vita)» [20]. Questa premessa non è neutra, né può esserla. Determina, invece, conseguenze molteplici e di rilievo, anche se, si può anticipare, incapaci di ridurre il tasso d’ambiguità, come dimostra il riacutizzarsi del dibattito nel corso del nuovo secolo [21]. A incunearsi nello spazio lasciato dalla norma costituzionale sono state innanzitutto le opzioni “ideologiche” di sistema, ora nel senso dell’assicurazione sociale ora della sicurezza sociale [22]. Al riguardo, peraltro, va premesso che la perdurante validità del paradigma assicurativo sociale è oggi messa in dubbio, in conseguenza dello stress cui la vicenda pandemica ha sottoposto il nostro sistema di protezione sociale [23]. In sostanziale continuità con l’assetto normativo ereditato dal ventennio fascista [24], dunque, l’una impostazione ribadisce il tratto mutualistico/assicurativo della previdenza sociale, con il suo portato di corrispettività tra misura della prestazione e retribuzione per il tramite della contribuzione dovuta. In questo quadro, tre sembrano essere i connotati dei mezzi adeguati, anche se uno a sua volta internamente articolato: a) il fatto di riguardare soltanto i «mezzi sostitutivi del salario, come nel caso di disoccupazione, di vecchiaia e simili»; b) un livello della prestazione agganciato alla retribuzione, ossia corrispondente a «quella che egli (il lavoratore, ndr) ricavava dal proprio lavoro prima che sopravvenisse la causa impeditiva, quando cioè egli (e il datore di lavoro) effettuavano nella proporzionale misura il versamento dei contributi previdenziali»; b1) corollario del precedente punto, la «differenziazione della prestazione in rapporto ai soggetti»; b2) altro corollario, il ravvisato collegamento tra gli artt. 36, comma 1, e 38, comma 2, Cost.; c) la compatibilità con l’adeguatezza del possibile «operare anche senza vulnus (del)le modeste riduzioni percentuali ad es. del trattamento pensionistico rispetto a quello [continua ..]
Le esigenze di vita, già s’è detto, sono il referente dei mezzi adeguati, individuano, cioè, l’oggetto della garanzia sancita dall’art. 38 Cost. Nella formula costituzionale i due elementi appaiono in inscindibile relazione, così che ogni discorso sull’uno è al contempo sull’altro. Invero, nel linguaggio giuridico prevale il riferimento al criterio di misura e resta sullo sfondo il referente, mentre alcuna specifica indicazione, con conseguente impossibilità di distinguere, è in genere offerta dalla legge, anche laddove questa determini in via diretta i livelli di tutela, come nel caso della pensione minima. La diposizione, tuttavia, non delinea un legame paritario, bensì funzionale, di modo che in termini logici e metodologici l’individuazione delle esigenze di vita dovrebbe precedere quella sull’adeguatezza dei mezzi [36]. Neppure questo è percorso facile. Le esigenze di vita sono, s’è detto, un «fatto sociale rilevante per il diritto … il cui atteggiarsi è caratterizzato da estrema eterogeneità, per il profilo sia soggettivo (individuale) che oggettivo (storico)», con conseguente inidoneità a indicare «quale tra le sue possibili manifestazioni» sia rilevante nella disposizione costituzionale [37]. Comunque, lungo questa linea, l’adeguatezza è qualità giuridica predicabile dei profili quantitativi della prestazione, non anche di quelli qualitativi, nonostante l’autorevolezza delle voci in tal senso [38]. D’altronde, il comune riferimento a piani tra loro tanto eterogenei impedisce di oggettivare quella qualità e così la svuota di rilevanza giuridica, lasciando campo aperto alle scelte legislative. Seppure recessiva, l’impostazione non è del tutto sconosciuta al panorama dottrinale. Ad essa può ascriversi chi, già nel primo decennio repubblicano, rinveniva nella Costituzione (art. 38) un rovesciamento di impostazione rispetto al sistema previdenziale allora vigente, perché «sono le risorse finanziarie che devono essere dimensionate sulla misura delle prestazioni», essendo queste, a loro volta, «determinat(e) dal bisogno» [39]. Altri, poi, ha rintracciato in un risalente arresto della Corte costituzionale l’invocazione di un intervento legislativo [continua ..]
L’unico elemento in apparenza concreto cui agganciare la valutazione delle esigenze di vita o piuttosto, considerata la sua natura, dei mezzi adeguati è l’art. 36, comma 1, Cost. Subito prospettata [49], l’ipotesi di una correlazione con questa disposizione, pur rigetta da alcuni [50], sembra avere, invece, incontrato l’assenso dei più, seppure con notevoli differenze quanto al modo di intenderne il senso e la portata. Pochi, in realtà, vi rintracciano un effettivo vincolo giuridico nel senso di una diretta corrispettività tra retribuzione e pensione (o più in generale trattamenti previdenziali) [51]. Molti vi scorgono piuttosto una mera relazione «concettuale e politica» [52] e ne traggono quali conseguenze: a) la negazione della natura di “retribuzione differita” del trattamento; b) l’interrogativo se la prestazione minima da garantire debba essere uniforme per tutti i lavoratori (anche autonomi) o differenziata e, in tal caso, in che termini (categoriali o individuali); c) l’impossibilità di escludere comunque una qualsiasi rilevanza della contribuzione rispetto alla misura delle prestazioni, anche in considerazione del sistema di finanziamento. In termini più generali, mentre appare recessiva l’ipotesi di una prestazione minima inferiore al “salario familiare” ex art. 36 Cost. [53], prevale il richiamo ad una proporzionalità bidirezionale o bipolare, che, cioè, tenga conto e bilanci i «valori della “retribuzione” e della “redistribuzione”», ovvero tra merito del lavoro e solidarietà [54]. È più che dubbia, tuttavia, l’effettiva capacità di questa impostazione di sostanziare la norma costituzionale. Lo ammette chi ha evidenziato come l’integrazione tra le due disposizioni abbia finito per «implementare i momenti di oscillazione ed indeterminatezza, attraverso l’ondivago riferimento a volte al principio di proporzionalità, altre volte al principio di sufficienza: il che sposta in misura notevole la questione dell’adeguatezza» [55]. In definitiva, l’esito ultimo è, ancora una volta, l’avvallo delle scelte legislative, cui è lasciato campo aperto. In tempi più prossimi, inoltre, il focus dell’adeguatezza s’è spostato [continua ..]
In questo quadro, occorre ritornare all’art. 38, comma 2, Cost. e chiedersi se sia possibile ricavarne qualche ulteriore indicazione utile per la definizione delle esigenze di vita e/o dei mezzi adeguati. Un punto di partenza è che i Padri costituenti furono consapevoli dell’in-sufficienza della misura delle prestazioni all’epoca assicurate dalle assicurazioni sociali e vollero superare questo deficit prevedendo specifiche garanzie [75]. E difatti, il tema ebbe largo spazio nel dibattito sul futuro art. 38 che si svolse in sede di III e I Sottocommissione e giocò un ruolo importante anche nella distinzione che venne a delinearsi tra assistenza e previdenza sociale. È all’esito di quei lavori che vide la luce la formula «mezzi adeguati», inizialmente declinata in relazione alla loro attinenza al lavoro o non: erano mezzi adeguati per vivere, nel primo caso, di assistenza, invece, nell’altro, senza, tuttavia, che ne fosse chiara la differenza, dato che in entrambi i casi dovevano «essere sufficienti a quelle che sono le necessità fisiche». La comune dizione cadde nel testo dell’art. 34 predisposto dal Comitato di redazione, dove i lavoratori conservarono il diritto – «in ragione del lavoro che prestano» – «che siano loro assicurati mezzi adeguati per vivere», mentre sull’altro versante fu previsto «il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale». E nel successivo passaggio in Assemblea furono sì confermate la due formule, ma l’espunzione del riferimento al «lavoro prestato» sciolse il legame che astringeva quei mezzi, così, fu precisato, da lasciare al legislatore futuro ampia libertà di attuazione, senza vincolarlo al modello normativo all’epoca vigente. In ogni caso, è sufficientemente chiaro dal complessivo dibattito che l’obiettivo voluto era garantire trattamenti sopra la soglia di sussistenza, ma non anche una qualche corrispondenza verso l’alto con i livelli retributivi. L’attuale testo, con la trasformazione in «mezzi adeguati alle esigenze di vita» e la precisazione che questi devono essere «preveduti» e non solo assicurati, è frutto della revisione finale del Comitato di redazione, ma al riguardo non esiste documentazione che possa fornire spiegazioni. Non sembra si tratti di [continua ..]