Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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La protezione dei lavoratori disabili nel contratto di lavoro (di Marco Peruzzi, Professore associato di diritto del lavoro dell’Università di Verona)


Il contributo evidenzia il ruolo del diritto antidiscriminatorio nel coordinamento e nell’in­terpretazione sistematica delle regole di tutela delle persone con disabilità nel rapporto di lavoro subordinato. In tale prospettiva, particolare attenzione è rivolta a tre questioni: la ricostruzione della disciplina dell’(in)idoneità alle mansioni; l’individuazione del regime applicabile al licenziamento illegittimo; la riconducibilità del lavoro agile tra i possibili accomodamenti ragionevoli, anche oltre il contesto della legislazione emergenziale.

The protection of workers with disabilities in the employment relationship

The essay highlights the role of antidiscrimination law in the coordination and systematic interpretation of protections for persons with disabilities in the employment relationship. In this perspective, particular attention is given to three thematic issues: the reconstruction of the regulatory framework of unfitness for work; the selection of rules applicable to unlawful dismissal; the conception of smart working as a reasonable accommodation, beyond the context of emergency legislation.

SOMMARIO:

1. Fonti a geometria variabile nella cornice del diritto antidiscriminatorio - 2. Disabilità, sopravvenuta inidoneità alle mansioni, malattia - 3. Disabilità e licenziamento illegittimo - 4. Disabilità e lavoro agile - NOTE


1. Fonti a geometria variabile nella cornice del diritto antidiscriminatorio

La protezione del lavoratore con disabilità, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, trova le proprie radici in una pluralità di fonti a geometria variabile. Variabile per l’utilizzo polisemico che l’ordinamento fa del termine “disabilità” e per le differenze che ne derivano con riguardo tanto alle modalità e sedi di accertamento della condizione, quanto all’ambito di applicazione delle tutele. Il dato di base che permea la ricostruzione del quadro normativo e che consente di individuare nelle regole antidiscriminatorie di matrice Ue la chiave di coordinamento sistematico è che il lavoratore con disabilità ha diritto alla parità di trattamento, secondo la declinazione sostanziale del principio di uguaglianza. La struttura del rapporto di lavoro è quella ordinaria, come ribadisce l’art. 10, comma 1, legge n. 68/1999, per chi è assunto attraverso il collocamento mirato, quando afferma che «ai lavoratori […] si applica il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e dai contratti collettivi» [1]. Lo statuto protettivo si modula, tuttavia, in adesione alle specifiche esigenze correlate alla disabilità, seguendo «il profilo differenziatore dell’eguaglianza, quello che impone di trattare in modo diverso situazioni diverse, e postula una visione correttiva dell’eguaglianza, che richiede di eliminare gli eventuali influssi negativi che derivano dalla categoria naturale o sociale di appartenenza» [2]. A dare sintesi all’applicazione del principio di eguaglianza nel rapporto di lavoro subordinato con la persona disabile è l’obbligo di accomodamento ragionevole, previsto in termini generali e onnicomprensivi dalla normativa antidiscriminatoria [3]. Pur proporzionato in rapporto a quest’obbligo, tale normativa indica anche il limite oltre il quale la modulazione del trattamento si arresta e non è più esigibile nei confronti del datore di lavoro: il confine è tracciato dal venir meno di un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, che perfezioni la causale scriminante della fattispecie discriminatoria (eccezione tipica all’operare del divieto); ovvero dalla sussistenza di una finalità obiettiva e legittima, perseguita con mezzi appropriati e necessari, che [continua ..]


2. Disabilità, sopravvenuta inidoneità alle mansioni, malattia

La nozione bio-psicosociale di disabilità rilevante ai fini del diritto antidiscriminatorio ha un perimetro più ampio di quelle previste per l’avviamento mirato ai sensi della legge n. 68/99 e per il riconoscimento di agevolazioni ex legge n. 104/92, dal momento che «prescinde tanto dall’accertamento di un grado di invalidità […] quanto dall’accertamento di una condizione di ‘handicap/handicap grave’ […] da parte della commissione medica integrata» [5]. Il rapporto di genus a species tra la prima e le seconde permette di comprendere l’articolazione per cerchi concentrici che connota il quadro normativo quando si affronta il tema dell’(in)idoneità al lavoro [6]. Partendo dall’esterno, il primo ambito di regole che l’interprete incontra è quello in materia di salute e sicurezza, che prevede l’obbligo del datore di disporre la sorveglianza sanitaria, se la mansione presenta rischi specifici che la richiedono, e di «affidare i compiti ai lavoratori, [tenendo] conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza», in adesione al giudizio espresso dal medico competente in sede di visita medica preventiva (art. 18, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 81/2008). A prescindere dalla necessità di sorveglianza sanitaria o comunque in aggiunta e compatibilmente con essa [7], la normativa antidiscriminatoria impone al datore di adattare la propria organizzazione per consentire a un lavoratore, caratterizzato da una “disabilità” negli ampi termini anzidetti, «di accedere ad un lavoro» e «di svolgerlo» (così l’art. 5, direttiva 2000/78/CE) [8]. Nel più circoscritto perimetro del collocamento mirato, l’inserimento del lavoratore è, altresì, accompagnato, prima, dalla relazione conclusiva della commissione di accertamento [9], in cui è formulata una diagnosi funzionale della sua capacità globale attuale e potenziale, poi dalla scheda del comitato tecnico, dove sono annotate le sue capacità lavorative, abilità, competenze e inclinazioni, nonché le caratteristiche dei posti da assegnare [10]. In adesione a queste indicazioni, il datore di lavoro «non può chiedere al [continua ..]


3. Disabilità e licenziamento illegittimo

La questione del regime di tutela applicabile in caso di illegittimità del licenziamento asseritamente adottato per definitiva inidoneità sopravvenuta del lavoratore disabile impone all’interprete di confrontarsi con alcune criticità di sistema. La riflessione non può che partire da un rilievo: l’art. 18 St. lav., al comma 7, contempla l’ipotesi di illegittimità del licenziamento per difetto di giustificazione «per motivo oggettivo consistente nella inidoneità fisica o psichica del lavoratore», prevedendo l’applicazione di una tutela reintegrazione attenuata; diversamente il d.lgs. n. 23/2015, che regola il regime sanzionatorio per i rapporti costituitisi dopo il 6 marzo 2015, non fa alcun riferimento testuale al­l’inidoneità, disciplinando invece l’ipotesi relativa al difetto di giustificazione «per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore» (così ai sensi dell’art. 2, ultimo comma), per cui dispone l’applicazione di un regime reintegratorio pieno. Si rinvia ad altra sede l’analisi delle ragioni che spiegano la scelta del legislatore storico e la conseguente differenza tra le due fonti normative [23]. La tesi che si vuole qui sostenere è che, a prescindere da detta differenza, la fattispecie del licenziamento illegittimo del lavoratore inidoneo può comunque seguire una prospettiva di inquadramento comune, ogniqualvolta l’asserita incompatibilità del lavoratore con l’attività lavorativa derivi da una limitazione qualificabile come “disabilità” per il diritto antidiscriminatorio [24]. L’impatto di tale sistema normativo implica non solo una traduzione della fattispecie secondo la sua specifica grammatica, anzitutto nell’individuazione dei fatti costitutivi e impeditivi. Implica altresì determinate conseguenze con riguardo al regime di tutela applicabile. Si parta con l’osservare che nelle fattispecie in esame, considerata la giustificazione presupposta a base dell’atto di recesso, non vi è dubbio che ricorra il fatto costitutivo della discriminazione, ossia che la condotta datoriale presenti un collegamento causale diretto – o indiretto, se si individua nel requisito di idoneità alla mansione un criterio neutro dall’impatto differenziato – con il [continua ..]


4. Disabilità e lavoro agile

Come anticipato in premessa, la cornice del diritto antidiscriminatorio consente di leggere anche la più recente legislazione emergenziale in una prospettiva che si proietta oltre il piano della contingenza. La disciplina del lavoro agile, quale modalità di svolgimento della prestazione di lavoro subordinato, è introdotta dal legislatore nel 2017 con due espli­cite finalità: contribuire a incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Rimane, invece, sotto-traccia, nella legge n. 81/2017, la correlazione dell’istituto con l’inclusione delle persone con disabilità, nonostante la sua riconducibilità nell’alveo dei possibili accomodamenti ragionevoli. L’unica modulazione di tutela presente nella normativa riguarda la durata del preavviso per il recesso datoriale dall’accordo, estesa ai sensi dell’art. 19, comma 2, per i lavoratori disabili assunti attraverso il collocamento mirato, «al fine di consentire un’adeguata riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto alle esigenze di vita e di cura del lavoratore». Detta correlazione è, invece, portata in superficie nel contesto emergenziale, laddove sono introdotti, da un lato, il diritto al lavoro agile (anche) per il dipendente con disabilità grave ai sensi della l. n. 104/1992 (art. 39 decreto cd. Cura Italia) ovvero “fragile” (ai sensi dell’art. 90 decreto cd. Rilancio, da coordinare con il successivo intervento della l. n. 126/2020 [46]), dall’altro, la priorità di accesso per i lavoratori affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa (art. 39 decreto cd. Cura Italia) [47]. É importante, tuttavia, evidenziare come l’articolazione delle disposizioni in materia adottate dai più recenti interventi legislativi così come la loro interpretazione siano fortemente condizionate dalla “deformazione emergenziale” della fattispecie, soprattutto per quanto concerne la valutazione di compatibilità tra modalità agile e prestazione lavorativa, individuata come condizione per il riconoscimento dei diritti summenzionati. Come è stato correttamente osservato dalla dottrina, del lavoro agile il lavoro a distanza della fase di lockdown ed emergenziale ha ben poco, immobilizzato nella dimensione domiciliare, reso [continua ..]


NOTE