Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Disabilità, lavoro e principi di tutela nell'ordinamento internazionale (di Roberta Nunin, Professoressa Ordinaria di Diritto del lavoro nell’Università di Trieste)


Il contributo analizza le fonti di livello internazionale più rilevanti in tema di integrazione lavorativa delle persone disabili, esaminando i contenuti e le ricadute della Convenzione OIL n. 159/1983 e della Convenzione ONU del 2006 con particolare riferimento alla nozione di disabilità ed a quella di «accomodamenti ragionevoli». Nella parte finale ci si sofferma su rilievo e prospettive del c.d. disability management per favorire le opportunità occupazionali dei soggetti disabili.

Disability, work and protection principles in International law

The essay analyzes the main sources of international law on the subject of labor integration of disabled people, examining the contents and the impact of the ILO Convention n. 159 of 1983 and of the 2006 UN Convention, with particular reference to the notion of disability and to that of “reasonable accommodation”. In the final part, the author focuses on the relief and perspectives of the so-called disability management to foster the employment opportunities of disabled people.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. La Convenzione OIL n. 159/1983 - 3. La Convenzione ONU del 2006 sui diritti delle persone con disabilità ed il tema degli “accomodamenti ragionevoli” - 4. Tra “disability management” e “costo dei diritti”: alcune osservazioni conclusive - NOTE


1. Introduzione

Il tema dell’inserimento/reinserimento lavorativo delle persone disabili è stato oggetto in passato di alcuni importanti interventi a livello internazionale, che completano un sistema regolativo dalla «complessa architettura» [1], nel­l’ambito del quale si realizza un intreccio di fonti interne, eurounitarie [2] e – appunto – di convenzioni internazionali stipulate in sede ONU e OIL [3]. Inoltre, per completezza, si segnala che un riferimento all’obiettivo generale di potenziare e promuovere l’inclusione sociale contrastando le discriminazioni legate (anche) alla disabilità compare tanto nell’obiettivo n. 10 (Ridurre le disuguaglianze – v. punto 10.2) dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile, così come all’interno dell’obiettivo n. 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica – v. punto n. 8.5), ove si individua il traguardo di garantire entro il 2030 «un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per donne e uomini, compresi i giovani e le persone con disabilità (…)». In questo breve contributo ci proponiamo dunque di analizzare i contenuti dei principali strumenti convenzionali adottati a livello internazionale e di valutarne l’impatto sulla normativa nazionale, impatto che, come vedremo, appare ancora significativamente differenziato, anche in ragione delle indicazioni formulate a suo tempo dalla Strategia europea sulla disabilità 2010-2020 [4], che ha ritenuto di porre un accento particolare sulla valorizzazione delle indicazioni della Convenzione dell’ONU del 2006 e sull’impegno ad assicurarne l’attuazione effettiva in tutta l’UE, mentre non menziona la più risalente Convenzione OIL del 1983. La materia è indubbiamente complessa, e non solo per l’articolata stratificazione normativa: da un lato, infatti, la disabilità emerge «come tema di frontiera, crocevia di diverse discipline, nazionali e sovranazionali, di cui non sempre si colgono a pieno le potenzialità di inclusione» [5]; dall’altro, deve subito rilevarsi come nel nostro Paese – anche in ragione delle dimensioni medie delle imprese, spesso piccole o piccolissime – vi sia tuttora un significativo ritardo nello sviluppo di quelle pratiche di disability management, fortemente auspicate [continua ..]


2. La Convenzione OIL n. 159/1983

Abbiamo segnalato come un primo strumento internazionale di rilievo sul tema dell’integrazione lavorativa delle persone con disabilità si debba far risalire all’adozione, nel 1983, dal parte dell’Organizzazione internazionale del la­voro, della Convenzione sul reinserimento professionale e l’occupazione (persone disabili) n. 159, alla quale si accompagna la Raccomandazione n. 168, dello stesso anno, di particolare interesse perché in quest’ultima vengono individuate le misure di «ragionevole adattamento» («reasonable adaptations») dirette a sostenere le opportunità di lavoro dei disabili. La Convenzione, entrata in vigore il 20 giugno del 1985 [6], è divisa in quattro parti, dedicate, rispettivamente: 1) alle definizioni ed all’individuazione del campo di applicazione; 2) all’enucleazione dei principi per le politiche di reinserimento professionale e per l’occupazione delle persone disabili; 3) alle misure da adottare a livello nazionale per lo sviluppo dei servizi di reinserimento professionale e per l’im­piego dei disabili; 4) alle disposizioni finali in tema di ratifica, entrata in vigore e denuncia della Convenzione. Trascurando l’ultimo profilo, ci sembra interessante richiamare in primo luogo la definizione di «persona disabile» adottata dalla Convenzione all’art. 1, primo comma, che specifica che, con tale espressione, si indica «qualsiasi persona le cui prospettive di reperire e di conservare un impiego adeguato, nonché di progredire professionalmente, sono notevolmente ridotte a causa di un handicap fisico o mentale debitamente riconosciuto»; trattasi di una nozione che individua dunque tre elementi specifici a cui fare riferimento: l’handi­cap, la (notevole) difficoltà di ingresso o permanenza nel mercato del lavoro di chi ne sia affetto e, infine, il riconoscimento “formale” della menomazione. Letta oggi, questa definizione appare irrimediabilmente datata, in quanto tende a circoscrivere eccessivamente il novero dei soggetti tutelati/tutelabili; peraltro, si tratta di una nozione elaborata negli anni Ottanta del secolo scorso e che – come osservato da un’attenta dottrina [7] – faceva riferimento alle classificazioni all’epoca operate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità [8], secondo una [continua ..]


3. La Convenzione ONU del 2006 sui diritti delle persone con disabilità ed il tema degli “accomodamenti ragionevoli”

La Convenzione ONU del 2006 [18] – il cui ambito di applicazione è assai ampio [19] – assume un rilievo centrale anche per la materia dell’inserimento e reinserimento lavorativo delle persone con disabilità, al quale dedichiamo in queste pagine specifica attenzione. Delineando il quadro generale di tutela in tema di lavoro ed occupazione, l’art. 27 della Convenzione ONU impegna gli Stati parte a garantire e favorire l’esercizio del diritto al lavoro delle persone con disabilità, anche attraverso appropriate misure legislative, al fine di: (a) vietare la discriminazione fondata sulla disabilità per tutto ciò che concerne il lavoro in ogni forma di occupazione, in particolare per quanto riguarda le condizioni di reclutamento, assunzione e impiego, la continuità dell’impiego, l’avanzamento di carriera e le condizioni di sicurezza e di igiene sul lavoro; (b) proteggere il diritto delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, di beneficiare di condizioni lavorative eque e favorevoli, compresa la parità di opportunità e l’uguaglianza di remunerazione per un lavoro di pari valore, condizioni di lavoro sicure e salubri, la protezione da molestie e le procedure di composizione delle controversie; (c) garantire che le persone con disabilità siano in grado di esercitare i propri diritti di lavoratori e sindacali su base di uguaglianza con gli altri; (d) consentire alle persone con disabilità di avere effettivo accesso ai programmi di orientamento tecnico e professionale, ai servizi per l’impiego e alla formazione professionale e continua; (e) promuovere opportunità di impiego e l’avan­zamento di carriera per le persone con disabilità nel mercato del lavoro; (f) promuovere opportunità di lavoro autonomo, l’imprenditorialità, l’organiz­za­zione di cooperative e l’avvio di attività economiche in proprio; (g) assumere persone con disabilità nel settore pubblico; (h) favorire l’impiego di persone con disabilità nel settore privato attraverso politiche e misure adeguate che possono includere programmi di azione antidiscriminatoria, incentivi e altre misure; (i) garantire che alle persone con disabilità siano forniti accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro; (j) promuovere [continua ..]


4. Tra “disability management” e “costo dei diritti”: alcune osservazioni conclusive

Le indicazioni formulate a livello internazionale – e particolarmente quelle, su cui ci siamo soffermati, in tema di “accomodamenti ragionevoli” – pongono indubbiamente con forza una questione di cambiamento della mentalità organizzativa, indispensabile presupposto per favorire una piena integrazione nel contesto lavorativo delle persone con disabilità. A questo proposito, si è osservato in dottrina come, rispetto all’obiettivo di costruire un sistema aziendale orientato al benessere lavorativo (e, per ciò stesso, anche attento ed inclusivo verso le esigenze dei lavoratori/lavoratrici disabili), «il filone del diversity management è sicuramente l’alveo più consono in cui collocare una riflessione di ampio respiro, e multidisciplinare, per trovare soluzioni che oltre a essere ragionevoli siano desiderabili in una prospettiva di inclusione e giustizia sociale» [46]. Se, infatti, come di recente osservato in dottrina, «non è possibile offrire una definizione condivisa e unica di diversity management» [47], è tuttavia indiscutibile come esso sia stato teorizzato, in prima battuta, come «metodo di gestione della forza lavoro allo scopo di risolvere le criticità che nascono dalla presenza simultanea nei luoghi di lavoro delle eterogeneità del personale dovute [a] diversi fattori» [48], quali genere, disabilità, età, ecc. Nel corso del tempo, peraltro, si è assistito ad una progressiva transizione «da un modello di diversity management statico a un modello dinamico nella direzione di un pieno riconoscimento delle questioni e nella loro trasformazione in opportunità», apparendo lo stesso oggi finalizzato «a introdurre sistemi, prassi, procedure e strumenti non solo per risolvere le criticità ma anche per integrare fattori eterogenei nei luoghi di lavoro, segnando la trasformazione dei fini (…) dalla gestione della diversità alla sua neutralizzazione secondo un modello win win per effetto del quale il riconoscimento della criticità e la relativa soluzione al bisogno di forza lavoro si trasformano in un elemento favorevole per l’organizzazione lavorativa e la produzione» [49]. Appare dunque necessario che il tema dell’inclusione lavorativa delle persone con [continua ..]


NOTE