Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Le tutele sociali del collaboratore autonomo nella l. n. 81/2017 (di Filippo Olivelli - Ricercatore nell’Università di Macerata)


L’articolo tratta il tema della tutela previdenziale ed assistenziale dei collaboratori autonomi; questa particolare categoria di lavoratori, infatti, non ha potuto usufruire per lungo tempo di un adeguato regime di protezione sociale. Analizzata, dunque, la genesi delle prime tutele legislative del collaboratore in caso di cessazione del rapporto di lavoro, l’articolo passa ad esaminare le più recenti e estese modifiche normative. Queste ultime, peraltro, hanno riguardato non solo la protezione contro la disoccupazione, ma anche un tentativo di incremento della tutela in caso di gravidanza, malattia e infortunio del collaboratore.

The social protections of the autonomous collaborator in the law n. 81/2017

The article deals with the issue of social security and welfare protection for autonomous collaborators; this particular category of workers, in fact, has not been able to benefit for a long time from an adequate social protection regime. Analyzed, therefore, the genesis of the first legislative protections of the workers in case of termination of the collaborators relationship, the article goes on to examine the most recent and extensive regulatory changes. The latters, moreover, concerned not only the protection against unemployment, but also an attempt to increase the protection in case of pregnancy, illness and accident of the collaborator.

SOMMARIO:

1. L'evoluzione legislativa del trattamento di disoccupazione - 2. La stabilizzazione della misura da parte della l. n. 92/2012 - 3. L'introduzione della DIS-COLL - 4. Le novità contenute nel d.lgs. n. 81/2017 e l'ipotizzata applicabilità del principio dell'automaticità delle prestazioni - 5. Le modifiche alla percentuale di contribuzione dei collaboratori - 6. Le tutele a sostegno della genitorialità - 7. Le ulteriori tutele in caso di gravidanza, malattia e infortunio - NOTE


1. L'evoluzione legislativa del trattamento di disoccupazione

La tendenza del sistema di sicurezza sociale nazionale a garantire una forma di protezione economica e di reinserimento lavorativo anche ai collaboratori iscritti alla gestione separata dell’Inps in caso di perdita dell’occupazione e quindi del reddito è un fenomeno non nuovo, in atto oramai da circa un decennio [1]. Infatti una prima embrionale forma di questo tipo di intervento a favore dei collaboratori a progetto fu predisposta dalla l. n. 247/2007, che istituì un Fondo credito per il sostegno dell’attività intermittente dei lavoratori a progetto iscritti alla gestione separata Inps che non risultavano assicurati presso altre forme obbligatorie [2]. Tuttavia quella legge non teneva in considerazione eventuali situazioni di sottoprotezione sociale del collaboratore, ma anzi continuava a valorizzare la sua particolare species di lavoratore autonomo e «imprenditore di sé» [3], consentendogli soltanto, in caso di perdita dell’occupazione, di accedere a finanziamenti agevolati da restituire successivamente. I beneficiari infatti, solo se di età inferiore a 25 anni ovvero 29 se laureati, potevano ottenere un credito fino a € 600 mensili per dodici mesi, con restituzione posticipata a ventiquattro o trentasei mesi, per compensare cadute di reddito collegate ad attività intermittenti [4]. Oltre a questo primo intervento, la l. n. 244/2007 aveva previsto, in via sperimentale ed in favore dei collaboratori iscritti alla gestione separata Inps che avessero perso l’occupazione, accanto ad appositi percorsi di formazione e riqualificazione professionale finalizzati al reinserimento lavorativo, l’erogazione di una prestazione sotto forma di voucher [5]. Peraltro l’erogazione del trattamento era legata all’effettiva partecipazione dei beneficiari ai corsi di formazione, concretizzando in tal modo un primo modello di condizionalità della misura che, come vedremo, avrà un importante sviluppo in seguito [6]. Senonché, dopo l’introduzione di questo primo nucleo normativo, il legislatore prese maggiore consapevolezza della situazione di sottoprotezione sociale e di effettivo bisogno materiale in cui viene a trovarsi il collaboratore che termina la propria attività e quindi, con il d.l. 29 novembre 2008, n. 185, predispose una misura di sostegno al reddito in caso di disoccupazione [continua ..]


2. La stabilizzazione della misura da parte della l. n. 92/2012

Successivamente l’istituto dell’indennità di disoccupazione per i collaboratori a progetto ha subito ulteriori e profonde modificazioni culminate con l’abrogazione di alcune disposizioni del d.l. n. 185/2008 ad opera della l. n. 92/2012 [14], provvedimento che ha riscritto completamente la disciplina protettiva dei collaboratori in caso di perdita involontaria dell’occupazione ed ha costituito un «ulteriore tassello del processo di avvicinamento delle tutele previdenziali predisposte per il lavoro non subordinato rispetto a quelle operanti per il lavoro dipendente» [15]. D’altronde, sebbene anche la regolamentazione introdotta nel 2012 abbia avuto una vita breve, in quanto è stata poi sostituita nel 2015, è necessario sottolineare che la c.d. riforma Fornero ha posto fine ad un sistema che, sin dall’introduzione del decreto del 2008, veniva definito dallo stesso legislatore come sperimentale [16]. È stata infatti predisposta, ai commi da 51 a 54 dell’art. 2, una disciplina che ha perseguito «l’obiettivo di tutela del reddito di tutti i lavoratori economicamente dipendenti, a prescindere dalla loro condizione di autonomia o subordinazione» [17] ed ha riconosciuto in maniera stabile e, a questo punto, definitiva il diritto del collaboratore iscritto alla gestione separata Inps all’indenità di disoccupazione, sebbene, negli anni, siano cambiati i requisiti di accesso e l’importo da erogare. In realtà quella legge faceva esplicito riferimento solo ai collaboratori di cui all’art. 61, comma 1, d.lgs. n. 276/2003 iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps, tanto che non era consentito un generico riferimento al differenziato universo delle collaborazioni. I requisiti di accesso prevedevano la soddisfazione in maniera congiunta di alcune condizioni: aver operato, nel corso dell’anno precedente, in regime di monocommittenza ed aver conseguito, sempre nel medesimo periodo, un reddito lordo complessivo imponibile «non superiore al limite di € 20.000,00». Inoltre, con riguardo all’anno di riferimento, al collaboratore doveva essere già stata accreditata una mensilità presso la gestione separata, così come, nell’anno precedente, dovevano risultarne almeno quattro. L’ultimo requisito richiesto stabiliva che il collaboratore risultasse [continua ..]


3. L'introduzione della DIS-COLL

Come già anticipato, dopo pochi anni dalla sua introduzione, la disciplina contenuta nella c.d. riforma Fornero è stata abrogata dall’art. 1, comma 390, della l. 28 dicembre 2015, n. 208. In realtà quell’abrogazione era stata preceduta dall’introduzione della c.d. DIS-COLL da parte dell’art. 15 del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 22 in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, comma 2, lett. b), della l. 10 dicembre 2014, n. 183. Il decreto attuativo del Jobs Act, come visto, si inseriva nel solco già tracciato dalla precedente disciplina legislativa continuando a prevedere un’indennità di disoccupazione per i collaboratori. Certo il nuovo trattamento era sperimentale per l’anno 2015, tuttavia la sperimentalità della misura non era legata alla sua effettiva esistenza, come visto oramai resa stabile dalla c.d. legge Fornero, ma semmai alla nuova regolamentazione dell’istituto [23]. In particolare, da un punto di vista soggettivo, si può riscontrare un’intentio legis tesa ad ampliare la platea di coloro che possono usufruire di questo specifico trattamento previdenziale. La precedente regolamentazione infatti limitava l’ambito di efficacia solo ai collaboratori a progetto di cui all’art. 61, d.lgs. n. 276/2003, peraltro occupati in regime di monocommittenza. Il decreto del 2015, invece, segna un forte cambio di prospettiva, in quanto prevede che il trattamento di disoccupazione possa essere usufruito dai collaboratori coordinati e continuativi e, per un breve periodo di tempo, pure dai collaboratori a progetto [24]. D’altra parte è anche vero che, per la prima volta rispetto alle discipline succedutesi sin dal 2007, è stato introdotto un nuovo requisito che, in perfetta simmetria con il dettato costituzionale del secondo comma dell’art. 38 Cost., prevede l’erogazione del trattamento solo per coloro che «abbiano perduto involontariamente la propria occupazione». Ebbene, nell’ambito del lavoro subordinato, il concetto di involontarietà è stato interpretato in senso ampio e distinto dall’incolpevolezza, tanto che il trattamento di Naspi è usufruibile addirittura in caso di licenziamento disciplinare oltre che nelle ipotesi di recesso per ragioni oggettive e dimissioni per giusta causa [25]. Per simmetria giuridica dunque nell’ambito del [continua ..]


4. Le novità contenute nel d.lgs. n. 81/2017 e l'ipotizzata applicabilità del principio dell'automaticità delle prestazioni

Il nuovo modello di tutela previdenziale per i collaborati in caso di disoccupazione involontaria introdotto dalla disciplina del 2015 è stato in parte modificato dalla l. 22 maggio 2017, n. 81, normativa volta proprio all’introduzione di misure «per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale» e che rappresenta «un passo significativo nella direzione di un sistema di welfare minimo del lavoro autonomo» [32]. L’intenzione del legislatore, dunque, era quella di realizzare un modello universalistico di tutela sociale che potesse essere applicato a tutta la complessa e differenziata tipologia di lavoratori autonomi [33]. D’altronde, nella Relazione di presentazione del provvedimento al Senato (d.d.l. n. 2233) si evince che il legislatore intendeva predisporre per i lavoratori autonomi «un sistema di diritti e di welfare moderno capace di sostenere il loro presente e tutelare il loro futuro». Di conseguenza la l. n. 81/2017, onde garantire una tutela previdenziale più effettiva ai collaboratori, interviene in ambito di indennità di disoccupazione, di congedo parentale, di astensione obbligatoria in caso di maternità e infine nelle situazioni di malattia o infortunio grave. Senonché questo tentativo non è completamente riuscito per rilevanti difficoltà di coordinamento con la previgente disciplina speciale tutt’ora in vigore; all’interno del tipo lavoro autonomo, esistono infatti realtà profondamente differenti tra loro che, nel tempo, hanno visto sedimentare una complessa e diversificata disciplina previdenziale quali ad esempio i liberi professionisti iscritti agli Albi o, appunto, i collaboratori iscritti alla gestione separata Inps. D’altronde lo stesso legislatore del 2017, evidentemente consapevole di questa difficoltà, riserva alcuni trattamenti o alcune integrazioni di disciplina soltanto a specifiche categorie di lavoratori autonomi. In particolare, l’art. 7, rubricato stabilizzazione ed estensione dell’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa – DIS-COLL, ha previsto l’inserimento di ulteriori tre commi al precedente art. 15 del d.lgs. n. 22/2015. La prima novità, disciplinata dall’art. 15-bis, rappresenta il punto di arrivo definitivo del percorso iniziato nel [continua ..]


5. Le modifiche alla percentuale di contribuzione dei collaboratori

Un’ulteriore novità introdotta dalla normativa del 2017 è l’incremento contributivo teso al finanziamento della nuova DIS-COLL. Il comma 15-ter dell’art. 15 del d.lgs. n. 22/2015 infatti afferma che «agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 15-bis […] si provvede, tenuto conto degli effetti fiscali indotti, mediante l’utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall’incremento dell’aliquota contributiva disposto ai sensi del terzo periodo del comma 15-bis». Pertanto a decorrere dal 1° luglio 2017, per i collaboratori, gli assegnisti e i dottorandi di ricerca con borsa di studio che hanno diritto di percepire la DIS-COLL, è dovuto un aumento dell’aliquota contributiva pari allo 0,51%. L’incremento contributivo è imposto anche agli amministratori ed ai sindaci di società nonostante questa categoria di lavoratori non sia tra i beneficiari della misura previdenziale contro la disoccupazione. Ciò lascia presumere che, in ossequio al principio solidaristico, il legislatore intende suddividere i costi della tutela contro la disoccupazione anche su categorie di soggetti che, in virtù di una probabile altra occupazione (e probabilmente altro tipo di tutela), non necessitano di questa particolare protezione sociale, ma possono comunque sostenere l’incremento contributivo posta a loro carico. D’altronde la tendenza all’incremento dell’aliquota contributiva per i collaboratori non è certo una novità per il nostro ordinamento. Infatti, a pochi anni dall’istituzione della Gestione separata, già la l. 27 dicembre 1997, n. 449 all’art. 59, comma 16, aveva predisposto un meccanismo percentuale di innalzamento [45]. Dunque l’ulteriore aumento di contribuzione previsto dalla normativa del 2017 non fa altro che diminuire la differenza tra la percentuale di contribuzione dovuta al lavoratore subordinato e quella prevista per il collaboratore [46]. Prendendo ad esempio il 2018, si riscontra che la percentuale di contribuzione complessiva – esclusi eventuali vantaggi contributivi – in capo al collaboratore è pari al 34,23% (di cui il 22,82% a carico del committente ed il restante 11,41% a carico del collaboratore) mentre, a seconda del settore di produzione, la percentuale complessiva di contribuzione prevista per il lavoratore subordinato [continua ..]


6. Le tutele a sostegno della genitorialità

La l. n. 81/2017, sebbene non affronti in maniera sistematica e complessiva, probabilmente per ragioni di costo, il problema del welfaredei lavoratori autonomi, cerca comunque di migliorarne le tutele a sostegno della genitorialità. D’altronde questo intervento legislativo è solo l’ultimo di una serie di disposizioni che, sin dal 1987 [52], avevano introdotto una prima forma di tutela della maternità per alcune tipologie di lavoratici autonome (quali le artigiane, le commercianti o le coltivatrici dirette ecc.) che era poi confluita nel d.lgs. n. 151/2001, artt. da 66 a 69. Rispetto a questa evoluzione legislativa, riveste particolare importanza l’art. 59, comma 16, penultimo periodo della legge n. 449 del 27 dicembre 1997 che aveva imposto un’ulteriore aliquota contributiva pari allo 0,5% per il finanziamento «dell’onere derivante dall’estensione agli stessi [i collaboratori iscritti alla gestione separata, nda] della tutela relativa alla maternità, agli assegni al nucleo familiare e alla malattia in caso di degenza ospedaliera» [53]. D’altronde con la predisposizione del T.U. n. 151/2001 la disciplina per la tutela della maternità nelle collaborazioni coordinate e continuative aveva trovato una sua collocazione all’art. 64 che la poneva in una posizione di specialità rispetto a quanto previsto per le altre tipologie di lavoro autonomo, che invece restavano regolamentate agli artt. 66 ss. Successivamente il d.lgs. n. 276/2003, all’art. 66, aveva previsto fra i diritti del collaboratore a progetto quello della sospensione del rapporto in caso di gravidanza senza diritto all’erogazione del corrispettivo. In particolare il comma 3 prevedeva che la durata del rapporto di collaborazione si prorogasse per un periodo di centottanta giorni, salvo più favorevoli disposizioni del contratto individuale [54]. Attualmente l’indennità di maternità per la collaboratrice spetta per un periodo massimo di due mesi precedenti e tre mesi successivi la data del parto ed è pari all’80% del reddito medio giornaliero degli ultimi dodici mesi [55]. La prestazione è erogata a condizione che nei dodici mesi precedenti l’evento protetto alla beneficiaria possano essere attribuite almeno tre mensilità della contribuzione aggiuntiva [56]. Senonché [continua ..]


7. Le ulteriori tutele in caso di gravidanza, malattia e infortunio

In una logica di «interventi ‘mirati’ più che di sistema» [66], l. n. 81/2017 (art. 14) cerca anche di correggere in maniera specifica alcune peculiari problematiche relative alla tutela della gravidanza, della malattia e degli infortuni del collaboratore definendo tre tipologie di tutela: due di tipo sospensivo riferite, rispettivamente, allo svolgimento del rapporto e all’obbligo del versamento contributivo ed una di tipo sostituivo che è però di controversa applicazione [67]. Senonché un primo problema da risolvere è l’ambito di applicazione soggettiva dell’art. 14 poiché questo si riferisce genericamente ai «lavoratori autonomi che prestano la loro attività in via continuativa per il committente». Dunque, la l. n. 81/2017 detta disposizioni di diversa natura e portata che riguardano i lavoratori autonomi in genere; l’art. 1, infatti, chiarisce che «le disposizioni del presente capo si applicano ai rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo III del libro quinto del codice civile, ivi inclusi i rapporti di lavoro autonomo che hanno una disciplina particolare ai sensi dell’articolo 2222 del codice civile». Di conseguenza rientrano nell’ambito dell’intervento legale i lavoratori autonomi non imprenditori, i liberi professionisti iscritti alle casse di previdenza privata, le professioni intellettuali regolamentate per le quali è prevista l’iscrizione ad albi e quelle non regolamentate (art. 2229 c.c. e 2230 c.c.) e, infine, le collaborazioni coordinate e continuative con obbligo di iscrizione alla gestione separata Inps esclusi gli imprenditori e i piccoli imprenditori di cui all’art. 2083 c.c. Da quanto si ricava dalla legge si può ritenere che la platea dei fruitori delle modifiche apportate nel 2017 possa essere la più amplia possibile salvo il limite dell’attività prestata «in via continuativa per il committente». Senonché il legislatore, oltre a non fornire alcuna indicazione specifica sulla durata della continuità lavorativa [68], incorre, come vedremo, in alcuni problemi di coordinamento con le discipline specialistiche dei liberi professionisti e con le regole sul versamento contributivo. La prima disposizione modificativa introdotta dalla l. n. 81/2017 di cui al primo comma dell’art. 14 riveste [continua ..]


NOTE