Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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La tutela della salute e della sicurezza sul lavoro del personale delle Forze armate (di Angelo Delogu, Ricercatore in diritto del lavoro Università degli Studi di Urbino Carlo Bo)


Il saggio analizza la particolare disciplina che regola la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nel settore delle Forze armate. Si tratta, come è noto, di una disciplina distinta rispetto a quella generale della materia, costruita per adattamento di quest’ultima alle peculiari caratteristiche del contesto militare. Il contributo nell’esaminare dettagliatamente le fonti di tale disciplina, ne pone criticamente in luce gli aspetti più controversi, avanzando di volta in volta soluzioni interpretative e segnalando la necessità di un intervento di ulteriore adeguamento da parte del legislatore.

Protection of the health and safety at work of armed Forces employees

The essay analyzes the particular discipline that regulates the protection of the health and safety of workers in the armed Forces sector. It is, as is it known, a distinct discipline compared to the general one of the subject, built by adapting the latter to the peculiar characteristics of the military context. The contribution in analyzing in detail the sources of this discipline critically highlights its most controversial aspects, advancing from time to time interpretative solutions and highlighting the need for further adaptation by the legislator.

SOMMARIO:

1. Premessa: la specialità della disciplina ai sensi della Direttiva quadro e del d.lgs. n. 81/2008 - 2. Il campo applicativo e l’individuazione delle particolari esigenze del settore da parte delle norme attuative - 3. L’individuazione del datore di lavoro nell’ambito delle Forze armate - 4. L’individuazione dei dirigenti e preposti - 5. Il Servizio di prevenzione e protezione e il medico competente - 6. Il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza civile e militare - 7. Le specificità degli obblighi in materia di salute e sicurezza previsti per le Forze armate - 7.1. La formazione, l’informazione e l’addestramento - 7.2. La valutazione dei rischi specifici e dei rischi interferenziali - 8. L’attività e il servizio di vigilanza c.d. domestici - 9. Alcune notazioni sui profili di responsabilità connessi alla violazione degli obblighi di salute e sicurezza - 10. Conclusioni - NOTE


1. Premessa: la specialità della disciplina ai sensi della Direttiva quadro e del d.lgs. n. 81/2008

Sebbene il suo carattere di specialità si sia andato progressivamente appianando nel corso della più recente evoluzione [1], non è errato, nel “campo” militare, parlare ancora di un vero e proprio «ordinamento». Ciò sia perché tale locuzione è espressamente utilizzata dall’art. 52, comma 3, Cost., nonché dalle altre fonti della materia (d.lgs. n. 66/2010 e d.P.R. n. 90/2010), sia perché l’ordinamento militare conserva tutt’ora delle «significative differenze rispetto all’ordinamento generale» [2]. Anche per quel che riguarda la tutela della salute e sicurezza sul lavoro, va considerato che in ambito militare – ferma restando l’applicazione dell’obbli­go generale imposto dall’art. 2087 c.c. [3], pur calibrato secondo le «particolarità del lavoro», ovvero le peculiarità dei rischi, che connotano simili contesti [4] – non trova diretta applicazione la disciplina speciale degli obblighi prevenzionistici contemplata dal d.lgs. n. 81/2008. Tale decreto, infatti, pur procedendo ad integrare e coordinare l’intera materia della salute e sicurezza sul lavoro, non ha dato vita – nonostante la propria formale intitolazione – né ad un Testo Unico né, come si è detto, ad un «unico testo» [5]. L’articolata disciplina contenuta nel d.lgs. n. 81/2008, difatti, per un verso, non rappresenta un Testo unico poiché, come è noto, la legge delega n. 123 del 2007 non conteneva alcun riferimento espresso alle norme di legge che regolano l’emanazione di testi unici (art. 20, legge n. 59/1997); e, per altro verso, non rappresenta neppure un unico testo, perché permangono tutt’oggi, a latere del proprio campo applicativo, una serie di rilevanti settori, pubblici e privati, soggetti ad una diversa regolamentazione [6]. Certamente, ai sensi del suo art. 3, comma 1, il d.lgs. n. 81/2008 si applica, secondo una irresistibile vocazione di carattere universalistico, mutuata dal diritto comunitario [7], «a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio» [8]. Tuttavia, al di là di tale significativa petizione di principio e del deciso passo in avanti nel processo di unificazione compiuto rispetto al quadro in precedenza [continua ..]


2. Il campo applicativo e l’individuazione delle particolari esigenze del settore da parte delle norme attuative

Venendo alla disciplina attuativa, va anzitutto rilevato che l’art. 184, comma 1, del Codice dell’ordinamento militare (d.lgs. n. 66/2010), espressamente dedicato alla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, non fa altro che ribadire che la normativa del d.lgs. n. 81/2008, si applica alle Forze armate nei limiti di compatibilità con gli speciali compiti e attività da esse svolti, tenuto conto delle insopprimibili esigenze connesse all’utilizzo dello strumento militare, come valutate dai competenti organismi militari sanitari e tecnici. Il comma 2, a sua volta, rinvia comunque ad un apposito regolamento il compito di individuare i limiti di compatibilità e le esigenze connesse all’uti­liz­zo dello strumento militare [1]. Questa disciplina, pertanto, non pare aggiungere nulla di significativo rispetto alla previsione già contenuta nell’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 81/2008 (limitandosi a rinviare ad un regolamento attuativo), se non l’indicazione che l’adeguamento della disciplina settoriale dovrà tener conto delle esigenze connesse all’utilizzo dello strumento militare (il che va da sé), come valutate, però, dai competenti organismi militari sanitari e tecnici. Qui la norma sembrerebbe aprire a margini di flessibilità della disciplina e di discrezionalità di tali organismi, che, però, non definisce essa stessa, ma affida pur sempre alle eventuali e future determinazioni della fonte secondaria. Il regolamento attuativo è stato approvato mediante il d.P.R. n. 90/2010, contenente un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (d’ora in poi anche semplicemente Regolamento). In particolare, le norme dedicate alla materia della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro sono contenute nel Capo I, del Titolo IV, che è appunto espressamente dedicato alla sicurezza sui luoghi di lavoro [2]. L’art. 244, comma 1, ribadisce, in apertura di questa parte del Regolamento, che «il presente capo, tenuto conto dei principi, delle peculiarità organizzative e delle particolari esigenze connesse al servizio espletato dalle Forze armate, disciplina l’organizzazione e le attività dirette ad assicurare la tutela della salute e sicurezza del personale militare e civile negli ambienti di lavoro e durante le attività dell’Amministrazione [continua ..]


3. L’individuazione del datore di lavoro nell’ambito delle Forze armate

Come è noto, all’interno della disciplina dettata in materia di salute e sicurezza sul lavoro assume una estrema rilevanza l’individuazione della figura del datore di lavoro, inteso come persona fisica, e ciò, non solo perché si tratta del soggetto principalmente obbligato in questo contesto normativo [1], ma anche e soprattutto perché l’apparato sanzionatorio connesso alle violazioni dei doveri che gli sono imposti è principalmente di natura penale. E la responsabilità penale, secondo il principio costituzionale fissato dall’art. 27 Cost., non può che essere di natura personale. Non a caso l’art. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 81/2008 si incarica di fornire una doppia definizione di datore di lavoro: una per il settore privato e l’altra per il settore pubblico [2]. Nell’ordinamento militare, è invece l’art. 246 d.P.R. n. 90/2010, a dettare una disciplina speciale volta all’individuazione del datore di lavoro [3], stabilendo che nell’ambito dell’Amministrazione della difesa, le funzioni datoriali «fanno capo ai titolari di enti e distaccamenti che, ancorché non aventi qualifica dirigenziale, siano preposti a un comando o ufficio avente autonomia gestionale e dotati di autonomi poteri decisionali e di spesa». È interessante notare come la definizione ricalchi in larga parte quella di datore di lavoro pubblico [4], fissata dal già richiamato art. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 81/2008 (quanto alla non necessità della qualifica dirigenziale, all’esigenza di autonomia gestionale e alla dotazione di autonomi poteri decisionali e di spesa). Tuttavia, in questo caso, a differenza della disciplina generale, l’atto di individuazione avviene ad opera di organi di vertice già espressamente indicati [5], i quali vi provvedono con proprie determinazioni, individuando nell’ambito delle rispettive organizzazioni gli incarichi a cui sono associate le funzioni e responsabilità di datore di lavoro, tenuto conto dei criteri recati dai commi da 1 a 5 della norma, nonché delle peculiarità organizzative e delle specifiche effettive esigenze connesse al servizio espletato (cfr. art. 246, comma 6) [6]. Quel che non è chiaro è se a fronte di una eventuale omessa individuazione, o di una individuazione non conforme ai [continua ..]


4. L’individuazione dei dirigenti e preposti

L’art. 247 del d.P.R. n. 90/2010, nel richiamare le definizioni generali contenute nell’art. 2, comma 1, lettere d) ed e), del d.lgs. n. 81/2008 [1], detta le nozioni di dirigente e di preposto a fini di prevenzione, valevoli nel contesto dell’Amministrazione della difesa. In particolare, viene stabilito che in tale ambito per «dirigente» si intende il lavoratore militare o civile che, ancorché non dotato di qualifica dirigenziale, in ragione delle competenze professionali e dei poteri gerarchici e funzionali attribuiti e in relazione all’effettivo elevato livello di autonomia, sia responsabile di unità organizzative con rilevanza interna o esterna dell’Amministra­zione della difesa e, in tale veste, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa. È bene notare come la definizione non si discosti, se non per qualche sfumatura lessicale, da quella generale dettata dall’art. 2, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 81/2008, per come interpretata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, ed evidenzi ancora di più le possibili sovrapposizioni con la figura del datore di lavoro, per come definita dall’art. 246, e già segnalate nel paragrafo precedente. In particolare, un dirigente, che secondo l’art. 247 può essere addirittura «responsabile di unità organizzative», dovrebbe attuare «le direttive» di un datore di lavoro sprovvisto, ai sensi dell’art. 246, di poteri decisionali e di spesa, e dotato di mero potere organizzativo, al pari del dirigente medesimo. Per quanto riguarda il «preposto», esso viene definito come il lavoratore militare o civile cui, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, fanno capo doveri di sovrintendere e sorvegliare direttamente le attività lavorative del personale dipendente, con cui intercorre un rapporto d’impiego immediato, anche temporaneo, e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione ed esercitando un funzionale potere di iniziativa (art. 247). Anche in questo caso la definizione ricalca in larga parte quella contenuta nell’art. 2, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 81/2008, riprendendo inoltre anche alcune locuzioni dall’art. 19, del medesimo [continua ..]


5. Il Servizio di prevenzione e protezione e il medico competente

Il Servizio di prevenzione e prevenzione, e segnatamente il suo Responsabile (RSPP), svolge una funzione cruciale in materia di salute e sicurezza [1], poiché attraverso un ruolo di natura consulenziale predefinito ex lege apporta le necessarie competenze di natura tecnica, sopperendo alle eventuali o presumibili carenze del datore di lavoro (artt. 31 e seguenti d.lgs. n. 81/2008) [2]. L’art. 249, del d.P.R. n. 90/2010 stabilisce che nell’ambito dell’Ammini­strazione della difesa, soprattutto al fine di garantire la riservatezza delle informazioni [3] il servizio di prevenzione e protezione è costituito esclusivamente dal personale militare o civile dell’Amministrazione della difesa [4], in possesso delle capacità e dei requisiti professionali [5] di legge, nonché di adeguata abilitazione di sicurezza [6]. Il personale destinato a costituire il servizio di prevenzione e protezione è individuato nel numero ritenuto sufficiente in ragione dell’ubicazione, dell’ambito funzionale, dell’ordinamento e delle caratteristiche degli organismi interessati [7]. Viene infine statuito che, al pari di quanto previsto in generale dell’art. 31, comma 8, del d.lgs. n. 81/2008, nelle realtà comprensoriali ove insistono più organismi dell’Amministrazione della difesa – ferme restando le responsabilità di ciascun titolare per la propria area e di uno di essi anche per le aree, impianti e servizi comuni – può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione, costituito con il concorso di personale di tutti gli organismi e con l’incarico di operare a favore dei singoli datori di lavoro [8]. Per quanto attiene alle funzioni di medico competente [9], l’art. 257 del d.P.R. n. 90/2010 stabilisce che nell’ambito delle attività e dei luoghi disciplinati dalle particolari norme di tutela tecnico-militari [10], le funzioni di medico competente sono svolte in piena autonomia, prioritariamente, dagli ufficiali medici, in servizio, in possesso dei requisiti richiesti per legge [11]. Va segnalato che una sentenza amministrativa [12], facendo leva sul principio cronologico e di specialità, ha affermato che l’art. 209, comma 5, d.lgs. n. 66/2010, nell’abili­tare gli ufficiali medici a svolgere le funzioni di medico competente, compresa [continua ..]


6. Il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza civile e militare

L’art. 250, comma 1, del d.P.R. n. 90/2010 stabilisce che nell’Ammini­strazione della difesa operano sia i rappresentanti dei lavoratori militari per la sicurezza (RLS militari) sia i rappresentanti dei lavoratori civili per la sicurezza (RLS Civili). I rappresentanti civili sono eletti o designati secondo le modalità previste dagli artt. 47 e seguenti, del d.lgs. n. 81/2008 [1], e nel rispetto degli accordi collettivi nazionali [2] (art. 250, comma 2), quindi, per gli stessi nulla questio. Quanto, invece, ai RLS militari, secondo l’art. 250, comma 3, essi sono designati, nientemeno che, dal datore di lavoro su proposta (peraltro non vincolante) degli organi della rappresentanza militare [3], nell’ambito di ciascuna organizzazione, in numero di uno, se la forza organica è fino a 200 militari, di due, se la forza organica va da 201 a 1000, di tre, se va oltre i 1000 dipendenti militari [4]. Il datore di lavoro, verificati i requisiti, designa, tra quelli proposti, i RLS militari nel numero previsto [5]. L’incarico può cessare anticipatamente sempre con determinazione del datore di lavoro, qualora ricorra una serie di cause [6]. Va anzitutto osservato che oggi chiaramente, a seguito delle modifiche introdotte, dapprima, della legge n. 46/2022 e, in seguito, dal d.lgs. n. 192/2023, il riferimento non è più agli «organi della rappresentanza militare» bensì alle «associazioni professionali a carattere sindacale tra militari rappresentative» (c.d. APCSM) ai sensi dell’art. 1478, del Codice dell’ordinamento militare (d.lgs. n. 66/2010) [7]. Vi è da chiedersi però se il potere di designazione e revoca da parte del datore di lavoro dei RLS militari sia ancora coerente con l’ordinamento, dal momento in cui, a seguito della nota sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2018 [8] e delle norme conseguentemente introdotte, è stato riconosciuto ai militari, sia pure con determinati limiti, l’esercizio della libertà e dei diritti sindacali. In particolare, l’art. 1476 ter, comma 1, del d.lgs. n. 66/2010 [9] prevede che le APCSM curano la tutela collettiva dei diritti e degli interessi dei propri rappresentati in una serie di materie, tra cui le prerogative sindacali di cui all’art. 3, d.lgs., n. 81/2008, sulle misure di tutela della salute e della [continua ..]


7. Le specificità degli obblighi in materia di salute e sicurezza previsti per le Forze armate

Anzitutto, l’art. 248, del d.P.R. n. 90/2010 prevede una serie di particolarità per le comunicazioni, denunce e segnalazioni, quali ad esempio quelle concernenti gli infortuni e le malattie professionali o i nominativi dei RLS [1], che sono sostituite da analoghe comunicazioni o segnalazioni inoltrate alle competenti articolazioni del Ministero della difesa [2]. L’art. 252, del Regolamento, stabilisce al comma 1, che gli organi di vertice centrali delle Forze armate, dello Stato maggiore della difesa e del Segretariato generale della difesa, sulla base delle specifiche esigenze, assicurano il coordinamento centrale delle attività finalizzate alla prevenzione degli infortuni e alla tutela della salute dei lavoratori nell’ambito delle rispettive organizzazioni [3]. L’art. 253, si incarica di individuare attività e luoghi disciplinati dalle particolari norme di tutela tecnico-militari, stabilendo, tra l’altro, che sono soggetti alle norme di legge in materia di prevenzione, protezione, sicurezza, igiene del lavoro e rispetto dell’integrità dell’ambiente anche gli apprendisti, gli allievi degli istituti di formazione e i lavoratori estranei all’Amministra­zione che operano per conto delle Forze armate (comma 1) [4]. Alla predetta disciplina sono soggette, altresì, le attività dell’Amministra­zione della difesa nonché le infrastrutture e le aree, gli equipaggiamenti, armi, munizioni, materiali e i mezzi destinati alle predette attività (art. 253, comma 2). Tali disposizioni si applicano, per giunta, in tutte le ipotesi individuate dall’art. 253, comma 4, tra cui anche quelle che ricorrono nel corso di operazioni e attività condotte dalle Forze armate al di fuori del territorio nazionale, pur tenendo conto in tal caso delle particolari esigenze di servizio e delle peculiarità organizzative [5]. Nei cantieri temporanei o mobili [6] si applicano le speciali norme di cui al d.P.R. 19 aprile 2005, n. 170 e s.m.i., nonché le altre specifiche disposizioni vigenti in materia nell’ambito dell’amministrazione della difesa [art. 253, comma 4, lett. d)] [7]. Chiaramente il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti hanno l’obbligo di esigere, attraverso la sorveglianza costante, l’osservanza delle misure di sicurezza da parte dei lavoratori militari. E tuttavia, [continua ..]


7.1. La formazione, l’informazione e l’addestramento

Tra gli obblighi di sicurezza più significativi e densi di implicazioni positive vi sono, come è noto, quelli che attengono all’informazione, alla formazione e all’addestramento dei lavoratori [1]. Per quel che attiene al settore delle Forze armate, l’art. 251, comma 1, del d.P.R. n. 90/2010 prevede che il datore di lavoro e gli altri comandanti o responsabili di unità organizzative, quali dirigenti e preposti e nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, assicurano che ciascun lavoratore riceva una informazione, formazione e addestramento sufficienti e adeguati in materia di sicurezza e salute durante il lavoro, con particolare riferimento al proprio posto e luogo di lavoro e alle specifiche mansioni, comprese quelle temporaneamente assegnate per l’esecuzione di un compito specifico [2]. L’azione di indirizzo sulla formazione di tutto il personale dell’Ammini­strazione della difesa è svolta dal Segretario generale della difesa [3] mentre l’attività formativa viene predisposta e condotta, in via principale, dalla Scuola di formazione e perfezionamento del personale civile della difesa [4] (art. 251, commi 2 e 3). L’attività formativa di base in materia di sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro e di gestione delle emergenze [5] è attuata, ove possibile, nell’ambito dei cicli formativi e addestrativi di base per l’immissione nei ruoli del personale militare e civile dell’Amministrazione della difesa [6]. Le attività formative si concludono con il rilascio di apposito attestato di frequenza e vengono trascritte nei documenti matricolari [7].


7.2. La valutazione dei rischi specifici e dei rischi interferenziali

Per quanto attiene alla valutazione dei rischi, fermo restando che rimane un obbligo cruciale e imprescindibile [1] e, di conseguenza, non delegabile da parte del datore di lavoro [ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81/2008] [2], la peculiarità è che essa nell’ambito dell’Amministrazione della difesa compete anche ai dirigenti militari e civili degli organismi delle aree tecnico-operativa, tecnico-amministrativa e tecnico-industriale che provvedono all’individuazione delle disposizioni tecniche e capitolati tecnici d’opera dei materiali, delle armi, delle installazioni e dei mezzi, i quali sono tenuti a comunicare una serie di informazioni [3] ai datori di lavoro destinatari di simili approvvigionamenti, affinché ne tengano conto nella valutazione dei rischi e nella elaborazione del relativo documento (art. 255, commi 1 e 2, d.P.R. n. 90/2010) [4]. Per quanto attiene alla prevenzione dei rischi psicosociali e dei loro possibili effetti sulla salute negli ambienti di lavoro militari, va evidenziato che la valutazione dei rischi collegati allo stress lavoro-correlato (art. 28, comma 1, d.lgs. n. 81/2008) è effettuata dal datore di lavoro se ne è segnalata la necessità dai competenti servizi sanitari delle Forze armate a seguito di verifiche in materia di idoneità fisica, psichica e attitudinale (art. 255, comma 3) [5]. Per quanto attiene alla redazione del Documento unico di valutazione dei rischi da interferenze (DUVRI), previsto per i contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione [6], l’art. 256 si premura di garantire la sicurezza delle informazioni di cui è ritenuta vietata la divulgazione nell’interesse della sicurezza nazionale ovvero di evitare pregiudizio alla funzionalità dello strumento militare e ai compiti istituzionali dell’Amministrazione della difesa. A tal fine i costi relativi alla prevenzione dei rischi da interferenze sono indicati omettendo le specifiche informazioni di cui è ritenuta vietata la divulgazione. Il DUVRI che viene elaborato, contestualmente all’inizio delle attività dell’appalto dal datore di lavoro committente, ovvero, se diverso da questi, dal datore di lavoro dell’organismo destinatario dei servizi, lavori, opere o forniture, con la collaborazione anche del datore di lavoro appaltatore e sottoscritto da [continua ..]


8. L’attività e il servizio di vigilanza c.d. domestici

Nel dare attuazione alla previsione di cui all’art. 13, comma 1 bis, del d.lgs. n. 81/2008 [1], l’art. 260, comma 1, del d.P.R. n. 90/2010 stabilisce che la vigilanza sul rispetto delle norme di legge nell’ambito delle attività svolte nelle c.d. aree riservate, operative o che presentano analoghe esigenze dell’Am­mini­strazione della difesa [2] è effettuata, ai sensi del d.lgs. n. 81/2008 e del d.lgs. n. 758/1994, dal personale militare e civile dell’Amministrazione della difesa stessa, specificamente individuato. Pertanto, presso l’Amministrazione della difesa sono istituiti appositi servizi di vigilanza [3] cui è attribuita, in via esclusiva, la competenza di vigilanza preventiva tecnico-amministrativa e ispettiva prevista dall’art. 13, d.lgs. n. 81/2008, nonché ogni altra competenza in materia attribuita alle ASL e, oggi, all’Ispettorato del lavoro [4]. Il servizio di vigilanza ha il compito di accertare, nei luoghi di lavoro, l’effettivo stato di tutela dei lavoratori attraverso la verifica della conformità delle procedure e degli ambienti di lavoro, nonché delle attrezzature utilizzate alle norme legislative, regolamentari e di buona tecnica e alle particolari norme di tutela tecnico-militare per la sicurezza e la salute del personale, oltre al rispetto degli adempimenti formali, organizzativi, formativi e informativi, riferendo alla competente autorità giudiziaria (art. 262, commi 2, 3 e 4) [5]. Ci si è chiesti giustamente in dottrina se una simile disciplina, che prevede, seppur con alcune cautele, l’istituzione di un servizio di vigilanza interno (c.d. domestico [6]), assicuri quel giusto grado di indipendenza che dovrebbe contrassegnare qualsiasi «credibile» [7] sistema deputato al controllo (che deve basarsi sulla rigida autonomia tra controllore e controllato).


9. Alcune notazioni sui profili di responsabilità connessi alla violazione degli obblighi di salute e sicurezza

Non può non farsi un breve cenno agli eventuali profili di responsabilità connessi alla violazione delle norme in materia di salute e sicurezza anche nel settore delle Forze armate. Anzitutto restano ferme le responsabilità penali per i reati contravvenzionali previsti dagli artt. 55 e seguenti del d.lgs. n. 81/2008 [1], che nell’ambito della disciplina delle Forze armate non sono derogati. Si possono però porre problemi di individuazione della fattispecie di reato, là dove la disciplina sostanziale del d.lgs. n. 81/2008 cui la norma sanzionatoria del medesimo decreto fa rinvio, sia stata derogata dalle norme del d.P.R. n. 90/2010, il quale a sua volta non prevede un proprio specifico apparato sanzionatorio. Allo stesso modo resta pienamente applicabile, essendo più volte richiamato dallo stesso d.P.R. n. 90/2010, il meccanismo di estinzione delle contravvenzioni in materia di salute e sicurezza previsto dagli artt. 19 e seguenti del d.lgs. n. 758/1994, come pure l’apparato di sanzioni amministrative contemplate dallo stesso d.lgs. n. 81/2008. Così come resta impregiudicata la responsabilità per i reati di lesioni o omicidio colposi (artt. 589 e 590 c.p.) da imputarsi secondo il diritto penale comune [2]. In tema di responsabilità civile [3], derivante dalla violazione delle norme di sicurezza, va precisato che essa grava sull’Amministrazione della difesa [4], considerato che i militari non godono della copertura assicurativo-previ­denziale dell’Inail [5], bensì solo di specifiche provvigioni previste dal rispettivo ordinamento [6]. Tra le vicende giurisprudenziali più note, vi è quella che ha riguardato l’annosa questione dei danni provocati dall’uranio impoverito, presente nei munizionamenti, alla salute dei militari che avevano partecipato a missioni all’estero di peace keeping [7] (c.d. “sindrome dei Balcani”) [8]. Tema che è stato sottratto all’iniziale inquadramento in termini di responsabilità extracontrattuale (art. 2043 c.c.), per essere ricondotto più correttamente nell’alveo della responsabilità contrattuale per violazione dell’obbligo di sicurezza ai sensi dell’art. 2087 c.c. [9]. Riconduzione che incide inoltre sul riparto di giurisdizione giacché, nel pubblico impiego non privatizzato, [continua ..]


10. Conclusioni

In conclusione, va ribadito che il sistema normativo posto a tutela della salute e sicurezza sul lavoro nell’ambito delle Forze armate presenta inevitabilmente un elevato grado di specialità. Tale specialità è infatti giustificata da intuibili ragioni che attengono, tra l’altro, alle notevoli peculiarità sia dei rischi affrontati, spesso ontologicamente ineliminabili, sia delle attività istituzionalmente svolte (comprese quelle di tutela della sicurezza interna e internazionale, c.d. peace keeping), all’estrema riservatezza dei documenti e delle informazioni trattati, nonché all’alto grado di gerarchizzazione dell’assetto organizzativo interno alle varie Forze. Pur tuttavia, la disciplina settoriale stratificatasi nel tempo suscita non poche perplessità in molteplici suoi snodi cruciali, che meriterebbero un ripensamento in temini evolutivi, al fine di garantire un più elevato grado di tutela di beni essenziali, quali l’integrità psicofisica del personale impiegato. Le Forze armate, infatti, pur con le loro insopprimibili singolarità, non posso rappresentare un “terreno” ostile al pieno ingresso degli insopprimibili valori costituzionali che esigono una efficace tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, intesa come stato di completo benessere. E così la previsione di datori di lavoro privi di effettivi poteri decisionali e di spesa, di talune forme di esonero di responsabilità rispetto al dovere di controllo datoriale, di servizi di vigilanza c.d. domestici, sino alla discutibile conservazione di rappresentanti dei lavoratori individuati dal datore di lavoro, rappresentano “incrostazioni” del passato che non trovano ormai alcuna ragionevole giustificazione, neppure nelle peculiari caratteristiche che contrassegnano la delicata attività svolta dalle Forze armate. Bene avrebbe fatto, e ben farebbe, dunque, il legislatore, a cogliere l’occasione delle recenti evoluzioni, che sotto altro versante e dietro la spinta del monito della Corte costituzionale, hanno interessato il settore delle Forze armate, per un deciso restyling anche delle norme che disciplinano la salute e sicurezza sul lavoro in questo contesto.


NOTE