Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Notazioni in tema di diritti e di doveri costituzionali del personale delle Forze armate (di Claudia Marchese Borsista di ricerca in diritto pubblico comparato presso il Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università di Sassari)


L’articolo si propone di fornire una ricostruzione dei diritti e doveri costituzionali del personale delle Forze armate alla luce della giurisprudenza costituzionale e delle più recenti evoluzioni legislative. In particolare, saranno oggetto di approfondimento la disciplina in materia di libertà sindacale recata dalla legge 28 aprile 2022, n. 46 ed i progressi compiuti al fine di garantire la parità di genere ed il diritto alla vita familiare del personale delle Forze armate.

Notations on the constitutional rights and duties of armed Forces personnel

The article aims to provide a classification of the constitutional rights and duties of armed forces personnel taking account of the constitutional jurisprudence and the latest legislative developments. In particular, the discipline of trade union freedom introduced by the Law no. 46 of 28 April 2022 and the progress in ensuring gender equality and the right to family life for armed forces personnel will be investigated.

SOMMARIO:

1. I riflessi dell’inquadramento giuridico dell’ordinamento militare sui diritti ed i doveri costituzionali del personale delle Forze armate - 2. I doveri costituzionali degli appartenenti alle Forze armate - 3. Il superamento della concezione istituzionalistica delle Forze armate e la progressiva affermazione dei diritti degli appartenenti alle Forze armate - 4. I progressi compiuti in materia di libertà sindacale - 5. L’affermazione della parità di genere e del diritto alla vita familiare del personale delle Forze armate - 6. Considerazioni conclusive - NOTE


1. I riflessi dell’inquadramento giuridico dell’ordinamento militare sui diritti ed i doveri costituzionali del personale delle Forze armate

Il tema dei diritti e doveri costituzionali del personale delle Forze armate non può essere affrontato senza procedere preventivamente ad un inquadramento giuridico dell’ordinamento militare. Invero, la tipologia di inquadramento dell’ordinamento militare e la ricostruzione dei rapporti tra ordinamento militare e ordinamento statale influiscono sensibilmente sulla tipologia e sull’estensione dei diritti e dei doveri riconosciuti in capo agli appartenenti alle Forze armate. Al momento dell’entrata in vigore della Costituzione era generalmente accolta una concezione istituzionalistica delle Forze armate in forza della quale l’ordinamento militare era concepito alla stregua di un ordinamento separato rispetto all’ordinamento statale [1]. Di conseguenza, i diritti ed i doveri riconosciuti in capo ai militari non erano assimilabili per tipologia ed estensione ai diritti e doveri riconosciuti in capo alla generalità dei cittadini. Gli appartenenti alle Forze armate erano concepiti alla stregua di soggetti integralmente immedesimati nel loro ruolo tutorio di interessi pubblici e, in primis, della difesa della Patria. Pertanto, i diritti loro riconosciuti incontravano pregnanti limitazioni. Una simile ricostruzione presentava evidenti attriti con il dettato costituzionale che là dove ha inteso affermare delle restrizioni di diritti fondamentali le ha espressamente previste. Il processo attraverso il quale l’ordinamento delle Forze armate si è conformato ai principi costituzionali è stato lento e graduale. All’interno di tale processo importanti passi in avanti sono stati realizzati grazie all’intervento del legislatore e della Corte costituzionale. Per quanto riguarda il legislatore, il primo intervento normativo volto a conformare l’ordinamento militare ai principi espressi dalla Costituzione è rappresentato dalla legge 11 luglio 1978, n. 382 recante “Norme di principio sulla disciplina militare”. A tale intervento normativo ne sono seguiti ulteriori che hanno segnato profonde trasformazioni dell’ordinamento militare, tra questi vale la pena richiamare la legge 20 ottobre 1999, n. 380 che ha introdotto il servizio militare femminile, la legge 14 novembre 2000 n. 331 che ha sospeso il servizio di leva obbligatorio e trasformato le Forze armate in senso professionale, il d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 recante il nuovo Codice [continua ..]


2. I doveri costituzionali degli appartenenti alle Forze armate

Nel delineare i diritti ed i doveri radicati dalla Costituzione in capo agli appartenenti alle Forze armate appare maggiormente agevole muovere dalla trattazione dei doveri giacché per quanto concerne il riconoscimento dei diritti si è assistito ad una progressiva estensione parallelamente al superamento della concezione istituzionalistica delle Forze armate. Quanto alla sfera dei doveri, il primo dovere che la Costituzione radica in capo ai militari è il dovere di difendere la Patria: anche se il comma 1 dell’art. 52 della Costituzione sancisce che la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino, gli appartenenti alle Forze armate si trovano in una posizione prioritaria rispetto agli altri cittadini nell’adempiere ad un simile dovere [1]. Tant’è che in dottrina vi è chi ha individuato le Forze armate quale forma organizzata di adempimento statale del dovere di difesa della Patria [2]. Ciò in quanto il dovere di difesa della Patria è presidio dell’indipendenza e della libertà della Nazione. Il dovere gravante sugli appartenenti alle Forze armate non si sostanzia, però, esclusivamente nel dovere di contrastare minacce esterne, bensì attiene anche alla sicurezza interna dello Stato [3]. Tale declinazione del dovere di difesa della Patria è stata recepita dall’art. 89 del Codice dell’ordinamento militare che, nell’enucleare i compiti delle Forze armate, al primo comma riconosce priorità alla difesa esterna articolata in difesa dello Stato e realizzazione della pace e della sicurezza, mentre al terzo comma richiama l’attività di difesa interna intesa quale salvaguardia delle libere istituzioni e svolgimento di compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza. Quest’ulti­ma previsione è, poi, completata dall’art. 11 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 in base al quale le Forze armate partecipano al Servizio Nazionale della Protezione Civile e concorrono alla tutela della collettività nazionale in caso di danno o pericolo grave all’incolumità delle persone e ai beni. Il dovere di difesa della Patria sancito dal comma 1 dell’art. 52 della Costituzione rinviene il proprio completamento nella previsione dell’art. 11 della Costituzione là dove è statuito il [continua ..]


3. Il superamento della concezione istituzionalistica delle Forze armate e la progressiva affermazione dei diritti degli appartenenti alle Forze armate

Illustrati i doveri discendenti dalla Costituzione che connotano lo status degli appartenenti alle Forze armate, sembra ora possibile procedere ad un inquadramento dei diritti costituzionali dei militari. Per quanto concerne i diritti dei militari, come si è avuto già modo di spiegare, il loro riconoscimento e la pienezza nel loro godimento costituiscono il risultato del superamento della concezione istituzionalistica dell’ordinamento militare in favore dell’adozione di una concezione costituzionalmente orientata. I militari godono, dunque, dei medesimi diritti riconosciuti dalla Costituzione ai cittadini. Un simile riconoscimento necessita, tuttavia, di essere puntualizzato: i diritti riconosciuti in capo agli appartenenti alle Forze armate non sono assoluti, essi sono suscettibili di subire restrizioni legate alla peculiare condizione militare. La definizione dell’estensione dei diritti degli appartenenti alle Forze armate è quindi spesso frutto di un bilanciamento tra la garanzia dei diritti dei singoli ed interessi dell’apparato militare ritenuti meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento. In tale opera di bilanciamento l’apporto della Corte costituzionale è stato di fondamentale importanza. Il legislatore, infatti, sin dalla legge n. 382/1978 ha riconosciuto che ai militari spettano i diritti che la Costituzione riconosce ai cittadini, precisando però che «per garantire l’assolvimento dei compiti propri delle Forze armate la legge impone ai militari limitazioni nell’esercizio di alcuni di tali diritti, nonché l’osservanza di particolari doveri nell’ambito dei principi costituzionali». In forza di tale previsione spetta al legislatore definire le singole limitazioni in cui incorrono i diritti dei militari. I bilanciamenti compiuti dal legislatore possono, però, essere oggetto di valutazione da parte dei giudici costituzionali al fine di vagliare se i diritti riconosciuti dalla Costituzione al singolo siano stati indebitamente compressi. È proprio grazie a simili valutazioni operate dalla Corte costituzionale che è stato possibile espungere dall’ordinamento previsioni limitative che contrastavano con il dettato costituzionale e che operavano una limitazione irragionevole dei diritti dei militari. La Corte costituzionale ha, dunque, avuto un ruolo importante nel garantire tutela ai diritti dei militari. In [continua ..]


4. I progressi compiuti in materia di libertà sindacale

La libertà sindacale degli appartenenti alle Forze armate ha incontrato pregnanti limitazioni in ragione dell’esigenza di salvaguardare la coesione interna e l’imparzialità delle Forze armate. In particolare, la formulazione originaria dell’art. 1475, comma 2, del Codice dell’ordinamento militare di cui al d.lgs. n. 66/2010, in linea di continuità con le previsioni della legge n. 382/1978, prevedeva il divieto per gli appartenenti alle Forze armate di costituire associazioni professionali a carattere sindacale o di aderire ad altre associazioni sindacali. Durante la vigenza di tale disciplina la rappresentanza, interna all’apparato militare, era strutturata secondo un modello pubblicistico e corporativo in cui non era possibile promuovere interessi contrapposti a quelli della stessa amministrazione. Pertanto, essa era affidata a livello nazionale ad un Consiglio Centrale di Rappresentanza, mentre le istanze rappresentative maggiormente prossime ai militari erano affidate a Consigli Intermedi di Rappresentanza ed a Consigli di Base di Rappresentanza [1]. Appare evidente come un simile modello risulti incompatibile con l’essenza della libertà di associazione sindacale sancita in Costituzione, che prevede quale suo elemento indefettibile il pluralismo associativo e, dunque, la possibilità di scegliere se ed a quale associazione sindacale aderire. Un simile modello si pone, altresì, in contrasto con la previsione dell’art. 11 Cedu là dove sono sancite la libertà di riunione e di associazione. Tali libertà all’in­terno del sistema della Convenzione godono di una tutela pregnante, ma non assoluta: la Corte di Strasburgo acconsente, infatti, a limitazioni dei diritti de quibus purché siano sorrette da un’imperiosa esigenza sociale e non incidano su elementi essenziali del diritto. In particolare, la Corte Edu, pronunciandosi nelle sentenze Matelly e Adelfromil relative alla radicale esclusione della libertà di associazione sindacale dei militari prevista nell’ordinamento francese, ha statuito che la libertà sindacale, riconducibile alla sfera della libertà di associazione, può subire limitazioni per quanto concerne le modalità di esercizio, ma non l’esistenza stessa del diritto [2]. Tali pronunce, pur riguardando l’ordi­namento francese la cui disciplina è stata [continua ..]


5. L’affermazione della parità di genere e del diritto alla vita familiare del personale delle Forze armate

Ulteriori profili in relazione ai quali è stato possibile registrare una significativa evoluzione dell’ordinamento militare sono la parità di genere e la tutela del diritto alla vita familiare. In relazione a quest’ultimo diritto, vale la pena ricordare come la Corte costituzionale nel non troppo lontano 2002 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di quelle norme che prevedevano quale requisito per il reclutamento o l’ammissione ai corsi regolari di accademie, istituti e scuole militari il celibato o il nubilato o la vedovanza [1]. Un simile requisito, definito dalla Corte stessa «tralaticio ma costantemente confermato», appare come il residuo di una concezione tradizionale dell’ordinamento militare del tutto estranea e contrastante con i principi della Costituzione. In particolare, la previsione dell’assenza di vincolo coniugale quale requisito concorsuale contrasta con il diritto di accedere in condizioni di eguaglianza agli uffici pubblici ai sensi dell’art. 51, terzo comma, della Costituzione, nonché con il diritto di contrarre matrimonio di cui agli artt. 2 e 29 della Costituzione e con il diritto a non essere sottoposti ad interferenze arbitrarie nella vita privata enunciato nell’art. 12 della Dichiarazione universale e nell’art. 12 della Cedu. Il diritto alla vita privata e familiare non appare, però, come un diritto assoluto. Invero, esso incontra tutt’oggi un limite nell’interesse all’efficienza dell’attività delle Forze armate. Pertanto, il diritto all’unità familiare non può legittimamente sorreggere un’aspettativa alla conservazione o all’attribuzione di un posto di lavoro vicino alla residenza familiare [2]. Qualora non sopraggiungano ulteriori elementi, sul diritto all’unità familiare prevarranno le esigenze di servizio e gli interessi dell’amministrazione militare. Tale ricostruzione giurisprudenziale non è però granitica. Invero, l’unità familiare è riconosciuta quale bene meritevole di particolare tutela in presenza di familiari in condizioni di debolezza [3]. Trova qui piena applicazione la tecnica del bilanciamento, più volte richiamata, che appare di centrale importanza nel ricostruire il novero dei diritti riconosciuti al personale delle Forze armate. Il diritto alla vita familiare impone in [continua ..]


6. Considerazioni conclusive

L’excursus sin qui svolto ha consentito di evidenziare come dall’entrata in vigore della Costituzione le evoluzioni concernenti l’ordinamento militare, nonché i diritti e doveri dei militari siano state molteplici. Tali evoluzioni, che hanno portato al riconoscimento agli appartenenti alle Forze armate dei medesimi diritti e doveri riconosciuti in Costituzione alla generalità dei cittadini, appaiono tutt’altro che concluse come dimostrano le recenti innovazioni in materia di libertà sindacale. Tuttavia, nonostante il progressivo ampliamento delle situazioni giuridiche alla cui titolarità sono ammessi i militari, permangono residui di specialità. Si pensi solo al divieto di sciopero o, ancora, al peculiare regime della libertà sindacale introdotto dalla legge n. 46/2022. Simili normative di recente introduzione devono essere oggetto di attenta riflessione, così come deve restare vigile lo sguardo sulle regolamentazioni previgenti al fine di vagliare la legittimità dei bilanciamenti effettuati dal legislatore. Come si è avuto modo di porre in evidenza esaminando la giurisprudenza della Corte costituzionale, le situazioni giuridiche di cui sono titolari gli appartenenti alle Forze armate non costituiscono situazioni giuridiche assolute e incomprimibili. Al contrario, occorre valutare volta per volta quali esigenze di buon andamento, efficienza e prestigio vengano in rilievo. Si tratta di operazioni valutative delicate a cui sono chiamati non solo il legislatore ed i giudici costituzionali, bensì più in generale gli operatori del diritto. Nello svolgere tale attività, che presenta sia contenuto valutativo che contenuto ermeneutico, occorre ispirarsi ad un principio di massima espansione della dignità umana e delle libertà costituzionali compatibilmente con le esigenze di difesa della Patria. Il perseguimento della massima tutela delle libertà fondamentali e della dignità umana appare, infatti, rispondente non solo allo spirito personalista della Costituzione, bensì anche allo spirito democratico che deve reggere l’ordinamento delle Forze armate e che garantisce un collegamento osmotico tra esercito e società [1].


NOTE