Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Quel che resta degli obblighi di segnalazione nel Codice della crisi (di Maurizio Sciuto, Professore Ordinario di diritto commerciale, Università di Macerata)


Il contributo si occupa degli obblighi di segnalazione degli indici rivelatori della crisi di impresa da parte dei cd. creditori qualificati. Si evidenzia come la disciplina contenuta nel Codice del Crisi delle Impresa abbia attenuato di molto la portata di tali obblighi rispetto al testo originario del d.lgs. n. 14/2019 e al quadro normativo tracciato a livello europeo dalla cd. Direttiva Insolvency.

Parole chiave: Crisi di impresa – obblighi di segnalazione – creditori qualificati.

The Remains of the Warning Duties

The article deals with the warning duties by the so-called “qualified creditors”. Italian Law (Codice della Crisi e dell’Insolvenza, d.lgs. n. 14/2019) have greatly attenuated the scope of these duties compared to the original text of the law and the regulatory framework drawn up at European level by the so-called Insolvency Directive.

Keywords: Business crisis – warning duties – qualified creditors.

SOMMARIO:

1. Gli “obblighi di segnalazione”: un cammino tormentato dalla Direttiva Insolvency al Codice, passando dai suoi decreti correttivi - 2. Gli obblighi di segnalazione nell’architettura logica e normativa degli strumenti di allerta - 3. L’obbligo di segnalazione dell’organo di controllo - 4. L’obbligo di segnalazione dei creditori pubblici qualificati - 5. L’obbligo di segnalazione delle banche ed intermediari finanziari di informazioni già date - 6. Tanto rumore per nulla - NOTE


1. Gli “obblighi di segnalazione”: un cammino tormentato dalla Direttiva Insolvency al Codice, passando dai suoi decreti correttivi

La disciplina degli obblighi di segnalazione (all’imprenditore ed eventualmente, se avente forma societaria, al suo organo di controllo) di “situazioni che potrebbero comportare la probabilità di insolvenza” (come si esprime, al vertice, l’art. 3.1 dir. UE 2019/1023, appresso indicata come “Direttiva”), si inserisce nella complessiva disciplina degli strumenti di allerta (precoce) che esprime, a sua volta, una delle cifre più caratterizzanti della recente evoluzione europea del diritto della crisi e, di risulta, del diritto concorsuale italiano. La considerazione dell’intera materia, e così anche una valutazione di come essa abbia trovato definitiva (?) espressione nel diritto nazionale attraverso il recente d.lgs. 27 giugno 2022, n. 83, l’ultimo di una serie di decreti correttivi del d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi e dell’Insolvenza, appresso indicato come il “Codice”) [1], non può perdere di vista, quale necessario parametro e punto di riferimento, quello che è l’obiettivo generale e fondamentale nella complessiva architettura del sistema delineato a livello europeo: l’obiettivo di prevenire tempestivamente l’insolvenza o comunque la sua degenerazione, come descritto dalla Direttiva già nel suo Considerando n. 22: “Quanto prima un debitore è in grado di individuare le proprie difficoltà finanziarie e prendere le misure opportune, tanto maggiore è la probabilità che eviti un’insolvenza imminente o, nel caso di un’impresa la cui sostenibilità economica è definitivamente compromessa, tanto più ordinato ed efficace sarà il processo di liquidazione. È opportuno pertanto dare informazioni chiare, aggiornate, concise e di facile consultazione sulle procedure di ristrutturazione preventiva disponibili e predisporre uno o più strumenti di allerta precoce per incoraggiare i debitori che cominciano ad avere difficoltà finanziarie ad agire in una fase precoce. Gli strumenti di allerta precoce che assumono la forma di meccanismi di allerta che indicano il momento in cui il debitore non ha effettuato taluni tipi di pagamento potrebbero essere attivati, ad esempio, dal mancato pagamento di imposte o di contributi previdenziali. Tali strumenti potrebbero essere sviluppati sia dagli Stati membri o da entità private, a [continua ..]


2. Gli obblighi di segnalazione nell’architettura logica e normativa degli strumenti di allerta

Tanto ricapitolato sulla tormentata evoluzione della normativa inerente ai meccanismi di allerta e agli obblighi di segnalazione in particolare, può essere utile, e forse in qualche modo rivelatore, riflettere, prima ancora che sul contenuto della nuova disciplina (in buona misura già in vigore per effetto degli interventi normativi appena menzionati, dunque ancor prima del resto del Codice), sulla sua stessa collocazione nel testo normativo, come operata dall’ul­timo decreto correttivo. Gli artt. da 25-octies a 25-undecies del Codice, infatti, si trovano in coda a quel Titolo del Codice (il II della Parte prima, successivo solo alle “Disposizioni generali”) che, secondo l’ultimo decreto correttivo, dovrebbe occuparsi ex professo della materia dell’allerta precoce; una collocazione rivelata già dalla rubrica del Titolo: “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”. Il dato pare meritare una rilevanza che va oltre quella topografica, soprattutto se si nota che l’ordine espositivo del Codice, più che casuale, risulta in certo modo innaturale, perché contrastante con l’ordine logico della complessiva materia; ordine peraltro già tratteggiato, già al vertice, dalla Direttiva europea, che dei meccanismi di allerta va ad occuparsi già nel suo incipit, e cioè al suo art. 3 (secondo solo alle “Definizioni”) che colloca i “meccanismi di allerta” proprio in cima alla previsione degli “strumenti di allerta”. Che questa sia una disarmonia notevole, e non solo estetica, si è avveduto, già fra i primi, lo stesso Consiglio di Stato (Adunanza della Commissione speciale del 1° aprile 2022), nel Parere espresso su quest’ultimo schema decreto legislativo. In tale Parere il Consiglio di Stato si duole infatti di ciò, che “Il consolidamento della legislazione emergenziale nel Codice della crisi, certamente necessario, avrebbe dovuto comportare non solo un consolidamento formale, ma anche l’utilizzo di una modalità di redazione – tendenzialmente omogenea al Codice – nel rispetto di criteri ormai consolidati di qualità della regolazione, in senso formale e sostanziale, finalizzata alla semplificazione, chiarezza, coerenza e certezza delle regole [continua ..]


3. L’obbligo di segnalazione dell’organo di controllo

Si valutino ora, dunque, i diversi obblighi di segnalazione previsti dal nuovo testo normativo (art. 25-octies ss.), principiando da quello spettante all’or­gano di controllo societario (art. 25-octies: norma, come sopra detto, introdotta, seppure in termini non coincidenti, già con il primo decreto correttivo del­l’agosto 2021, d.l. n. 118/2021, art. 15). Dal punto di vista soggettivo (di chi è tenuto alla segnalazione) colpisce innanzitutto una constatazione, ricavabile: dall’appropriata accezione del termine “organo” (non predicabile per il revisore o la società di revisione); dal rinvio agli articoli in materia di doveri e responsabilità del collegio sindacale (art. 2403 e 2407, c.c., richiamati dall’art. 25-octies); e, ancora, dalla disciplina della s.r.l. che come noto distingue espressamente fra “organo di controllo” e “revisore” (art. 2477, c.c., che già nella rubrica distingue, a sua volta, fra “sindaco” e “revisione legale dei conti”). E cioè che dal novero dei soggetti tenuti all’obbligo di segnalazione – in questo caso individuato nel (preposto o nei preposti all’)organo di controllo – sia stata espunta la figura del “revisore contabile o della società di revisione”, già prevista dall’art. 14 dell’originario testo del Codice. Una tale scelta legislativa: a) non solo marca una evidente contrazione della portata precettiva della precedente norma, escludendo dai soggetti tenuti all’obbligo di segnalazione il revisore o la società di revisione (ove nominati, beninteso); b) ma allontana la disciplina nazionale dal precetto europeo, posto che l’art. 3 della Direttiva indica (seppure, parrebbe esemplificativamente), fra i “terzi in possesso di informazioni rilevanti sul debitore”, proprio la figura del “contabile”, e non già dell’organo di controllo; e ciò, si direbbe, pour cause, dal momento che la nuova norma del Codice; c) finisce con il ricomprendere fra quelli che secondo la Direttiva dovrebbero essere i “terzi in possesso di informazioni rilevanti sul debitore”, quello che invece è l’organo di controllo interno della società. Quest’ultima notazione (c) rileva non tanto perché – si potrebbe pur dire – poco interessa e tanto meno [continua ..]


4. L’obbligo di segnalazione dei creditori pubblici qualificati

L’obbligo di segnalazione previsto a carico dei creditori pubblici qualificati, come ora previsto dall’art. 25-novies del Codice, è anch’esso già in vigore (il 1° gennaio 2022) per essere stato introdotto dall’art. 30-sexies del d.l. n. 152/2021, a sua volta introdotto dall’allegato alla n. 233 del 29 dicembre 2021 in sede di conversione del d.l. Il meccanismo di allerta, pur articolato nella sua disciplina a seconda dei diversi creditori coinvolti, è comunque lineare nella sua logica: entro sessanta giorni dal superamento di una determinata esposizione debitoria nei confronti dell’INPS, o dell’INAIL, o dell’Agenzia delle entrate o dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, ciascuno di tali “creditori qualificati” dovranno avvisare l’imprenditore, ed eventualmente il suo organo di controllo, del superamento della soglia prevista, “invitandolo” a presentare una istanza di accesso alla procedure di composizione negoziata. Si tratta di una disciplina francamente poco significativa e svuotata rispetto alla sua portata originaria e, anche in questo caso, capace di generare falsi positivi oltre che, per certi, incertezze. In primo luogo, se per gli obblighi di segnalazione imposti all’organo di controllo non sembra potersi percepire un apparato sanzionatorio specifico ed ulteriore rispetto a quello già contenuto nello statuto normativo generale dei suoi doveri e responsabilità, nel nuovo art. 25-novies risulta persino svanita ogni sanzione; e in primis quella, severa, già prevista dall’art. 15 dell’ori­ginario testo del Codice (inefficacia del titolo di prelazione spettante sul credito che avrebbe dovuto occasionare la segnalazione), che tante preoccupazioni che aveva destato in capo ai creditori pubblici qualificati, e al suo personale. In secondo luogo, le stesse soglie di indebitamento rilevante previste dalla legge appaiono, per la verità, ben poco indicative, di per sé, di un particolare squilibrio patrimoniale o economico-finanziario: in effetti, soglie di soli € 5.000-15.000 per mancate retribuzioni, o di € 5.000 per mancato versamento di contributi previdenziali o assistenziali, o di € 5.000 di mancato versamento Iva (purché – si è da ultimo rettificato nel “nuovissimo” comma 2 lett. c), come riformato nell’agosto 2022 [2] – [continua ..]


5. L’obbligo di segnalazione delle banche ed intermediari finanziari di informazioni già date

L’obbligo di segnalazione delle banche ed intermediari finanziari previsto dall’art. 25-decies, corrisponde, inalterato, a quello già previsto dall’art. 14, ultimo comma, del testo originario del Codice. Si tratta, in primo luogo, di un obbligo di segnalazione la cui autonoma carica precettiva, e valenza informativa, può misurarsi solo nei termini di una duplicazione di un’informazione già data: ed infatti ha ad oggetto non già elementi da comunicarsi comunque ed imperativamente, ma solo la ripetizione, a favore dell’organo di controllo (sempre che esistente), di una comunicazione – quella avente ad oggetto le “variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti” – che risulti già data al “cliente”, cioè all’organo amministrativo della società (“nel momento in cui comunicano…. ne danno notizia anche…”). Anche in questo caso, nessuna specifica sanzione assiste l’obbligo della banca; seppure, in via più generale ed indiretta, non possa escludersi che in sede giudiziale possa valorizzarsi la condotta omissiva della banca nella prospettiva di un ipotetico concorso in alcuno dei diversi reati “fallimentari” nei quali, a torto o a ragione, gli intermediari vengono talvolta coinvolti. Inoltre, a seguito della segnalazione, nessun obbligo conseguente viene imposto all’imprenditore (ed eventualmente al suo organo di controllo): se non quello – che si direbbe però imposto dal generale dovere di diligenza e dalla sua specificazione negli artt. 3 del Codice – di prendere atto della segnalazione e di valutarne la rilevanza nell’ambito della più complessiva, e comunque doverosa, attività di rilevazione di un possibile stato di crisi. E ciò eventualmente anche in sede di quella “auto-diagnosi” che ai sensi del nuovo art. 25-undecies può essere effettuata tramite il programma informatico disponibile sulla piattaforma telematica nazionale di cui all’art. 13, verificando – e allora considerando lo stato attuale degli affidamenti e della esposizione bancaria – la sostenibilità del debito e la perseguibilità di un piano di risanamento.


6. Tanto rumore per nulla

Per concludere, occorre constatare che della severa ed ambiziosa disciplina degli obblighi di segnalazione già prevista agli artt. 15 e 16 della versione originaria del Codice – quale perno e propulsore delle procedure di allerta, che a loro volta potevano addirittura concludersi, in caso di protratta inerzia del debitore, con una segnalazione dell’OCRI al pubblico ministero, affinché questi, a sua volta, provocasse l’apertura di una liquidazione giudiziale – davvero restano, ad oggi, scarse vestigia. Quel che resta, infatti, è solo un blando apparato di obblighi, privi di specifica sanzione, volti a procurare la comunicazione all’imprenditore, ed eventualmente al suo organo di controllo, di alcuni dati – talora già noti e spesso di per sé poco o punto significativi – da aggiungere a tutti gli altri che vanno comunque presi in considerazione nella complessiva e continuativa attività di individuazione della sussistenza dei presupposti per accedere (e comunque mai coattivamente) ad una procedura di composizione negoziata. Ma un tale sistema di segnalazioni obbligatorie non toglie che ogni iniziativa volta ad una precoce reazione alla crisi incipiente resta, in definitiva, nella piena disponibilità e rimessa alle valutazioni – insomma alla buona volontà – dell’imprenditore. Il quale tuttavia, come noto, almeno in Italia suole distinguersi, piuttosto, per una certa renitenza ad ammettere, e poi a rendere pubblico, il suo stato di crisi o tanto meno di insolvenza; e forse troppo ottimistico sarebbe credere che una tale indole possa essere vinta solo grazie alla promessa di misure premiali consistenti nella minimizzazione degli eventuali interessi o sanzioni tributarie. Degli “incentivi” (premiali o afflittivi) che invece, secondo la Direttiva, avrebbero dovuto sollecitare i “terzi”, invece, non resta traccia, così che l’ultimo decreto correttivo, giustificato dall’esigenza di dare attuazione alla Direttiva, l’abbia tradita più di quanto non facesse il testo originario del Codice. Tanto rumore per nulla, insomma, avrebbe sentenziato il poeta. Ma viene il sospetto che sia stato persino per peggio di nulla.


NOTE