Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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La buona fede ed il bilanciamento degli interessi nella composizione negoziata della crisi di impresa (di Francesco Salerno, Professore Associato di Diritto commerciale, Università di Foggia)


La procedura di “composizione negoziata” introdotta dal d.l. n. 118/2021 ha orientato le tematiche della crisi di impresa nella prospettiva del contemperamento dei contrapposti interessi, indirizzando verso comportamenti solidali e di buona fede tali da consentire il superamento della crisi per effetto della consensuale rideterminazione delle condizioni dei rapporti. Evidenziando questi propositi della disciplina, il contributo segnala altresì le prospettive di ampliamento dei poteri dell’autorità giudiziaria, quale inevitabile corollario dei contesti normativi che affidano la soluzione dei conflitti a criteri di equità e di buona fede.

Parole chiave: composizione negoziata – bilanciamento interessi – rinegoziazione – equità – correttezza – buona fede.

Good faith and balancing of interests in the negotiated settlement of business crises

The “negotiated settlement” procedure introduced by Law Decree 118/2021 has oriented the issues of business crises in the perspective of balancing opposed interests, encouraging behaviours of solidarity and good faith to allow the overcoming of the crisis as a result of the consensual redetermination of business conditions. The paper highlights these aims of the legislation, also indicating the perspectives of broadening the powers of the judicial authority, as an inevitable corollary of regulatory contexts that assign the solution of conflicts to criteria of equity and good faith.

 Keywords: negotiated settlement – balancing of interests – renegotiation, – fairness – correctness – good faith.

SOMMARIO:

1. La rinegoziazione dei rapporti nel contesto pandemico e quale strumento per il superamento della crisi di impresa - 2. I comportamenti richiesti alle parti nell’ambito della composizione negoziata: i doveri del debitore - 3. Segue. I doveri dei creditori con particolare riguardo ai soggetti bancari e finanziari - 4. Segue. I doveri di tutte le parti coinvolte nella trattativa - 5. La buona fede nella rinegoziazione dei contratti e nel concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio - 6. Considerazioni conclusive - NOTE


1. La rinegoziazione dei rapporti nel contesto pandemico e quale strumento per il superamento della crisi di impresa

L’introduzione da parte del d.l. n. 118/2021 della disciplina della composizione negoziata della crisi, poi trasfusa dal d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83, nel Titolo II del Codice della crisi dell’impresa e dell’insolvenza [1] (c.c.i.i.), è stata seguita da commenti che ne hanno indagato – tra l’altro – gli aspetti di differenziazione rispetto alla composizione assistita [2], il rapporto con i pregressi interventi riformatori attuativi della legge n. 155/2017 [3], i profili denotanti favor debitoris [4] e la spiccata connotazione partecipativa [5]. A meritare menzione sono stati però anche i temi della solidarietà e del contemperamento degli interessi [6], che, dopo essere stati portati alla ribalta dalle situazioni di iniquità provocate dalla pandemia Covid-19 [7], la nuova disciplina ha valorizzato (anche) nella prospettiva del superamento della crisi di impresa. Invero, dopo aver stravolto l’equilibrio di numerosi rapporti negoziali, l’e­sperienza epidemiologica ha dato risalto alla sostanziale incapacità delle tradizionali regole civilistiche – prime fra tutte quelle riguardanti la risoluzione per eccessiva onerosità e l’inimputabilità dell’inadempimento determinato da forza maggiore [8] – di fornire una convincente risposta a tutta una serie di situazioni necessitanti di una riduzione ad equità, facendo emergere – tra l’altro – l’assenza nell’ordinamento di regole in grado di indirizzare le parti verso una ridefinizione secondo buona fede delle condizioni del rapporto [9]. Un’assenza per la verità avvertita già in precedenza, come dimostra la pendenza di disegni di leggi volti ad introdurre ipotesi di obbligatoria rinegoziazione dei rapporti [10] e che gli stravolgimenti provocati dalla pandemia hanno fatto emergere in tutta la sua significatività, una conferma di ciò potendosi in particolar modo desumere dalla numerosità delle iniziative d’urgenza intraprese allo scopo di ottenere, d’imperio da parte del giudice, la rideterminazione dei contenuti contrattuali nella prospettiva di ristabire l’equilibrio del rapporto asseritamente venuto meno [11]. In questo contesto, attento al problema del ripristino dell’equilibrio nei rapporti sulla base di criteri di correttezza ed [continua ..]


2. I comportamenti richiesti alle parti nell’ambito della composizione negoziata: i doveri del debitore

Detto il principio di riferimento vediamo ora le condotte di buona fede riferibili a ciascun soggetto. Iniziando dal debitore, l’illustrazione dei relativi doveri è rinvenibile nel­l’art. 16, comma 4, c.c.i.i. [16], che, adattando al caso della composizione negoziata quanto in generale previsto dall’art. 4, comma 2, c.c.i.i. [17], specificamente richiede, da un lato di «rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente», dal­l’altro di gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori». Per quanto specifiche le due previsioni sono sprovviste di contenuti innovativi, limitandosi di fatto a riproporre precetti di buona fede da tempo acquisiti al contesto concorsuale. Iniziando dalla prima, che l’im­prenditore in crisi debba rappresentare in modo trasparente la propria situazione è infatti regola generale desumibile, tra l’altro, dalle disposizioni che stabiliscono che l’imprenditore in liquidazione giudiziale che occulti i propri beni o esponga passività inesistenti è imputabile di distrazione (art. 322, comma 1, lett. a), c.c.i.i.); dalle norme che prevedono l’invalidazione del concordato preventivo come pure del concordato nella liquidazione giudiziale qualora successivamente all’omologa il debitore risulti aver occultato i propri beni o artatamente sovradimensionato la misura delle passività (artt. 120, comma 1, e 251, comma 1, c.c.i.i.); dalle regole in tema di piano attestato di risanamento e di accordi di ristrutturazione, che impongono all’imprenditore in crisi di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione che sarà poi valutata dal­l’attestatore (artt. 56 e 57 c.c.i.i.). Analogamente, non rappresenta una novità la sollecitazione ad una gestione dell’impresa non pregiudizievole per i creditori. Invero, che l’imprenditore che abbia perso (o stia per perdere) la normale solvibilità debba gestire l’impresa con finalità conservative è regola così tanto nota da aver indotto la dottrina ad affermare che nelle società in crisi i soggetti che realmente affrontano il rischio della gestione sarebbero proprio i creditori, «ai quali devono di conseguenza essere attribuiti, proprio attraverso le [continua ..]


3. Segue. I doveri dei creditori con particolare riguardo ai soggetti bancari e finanziari

Passando ai creditori in generale, mentre l’art. 16 c.c.i.i. non contiene alcuna specifica indicazione, l’art. 4, comma 4, c.c.i.i., tra l’altro esplicitando la riferibilità della previsione (anche) alla composizione negoziata, richiede agli stessi di «collaborare lealmente» con il debitore, con l’esperto e con gli organi designati, mantenendo riservatezza sulle informazioni e sulla situazione. Per la genericità dei contenuti la norma non sollecita commenti, limitandosi a riproporre con altri termini, evocativi della collaborazione e della lealtà, il generale dovere di buona fede e correttezza. Previsioni specifiche sono invece rinvenibili nell’art. 16, comma 5, c.c.i.i. [19], con riferimento alla particolare categoria dei creditori bancari e finanziari, ai quali – con contenuto innovativo, implicante comportamenti espressivi di solidarietà e che comunque sembrano andare al di là della buona fede – la norma richiede di «partecipare alle trattative in modo attivo e informato», negando loro, al contempo, la possibilità di interrompere i finanziamenti a motivo della composizione negoziata, l’accesso alla stessa non potendo difatti costituire «di per sé» causa di sospensione o revoca degli affidamenti concessi. Nella sua prima parte la disposizione richiama in qualche modo la disciplina degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa [20] nonché quella delle convenzioni di moratoria [21], che come noto consentono di ampliare l’efficacia di questi accordi ai creditori informati dell’avvio delle trattative e messi in condizione di parteciparvi in buona fede ricevendo informazioni pertinenti ed adeguate. La prospettiva è però esattamente invertita, dal momento che, mentre nel caso degli accordi di ristrutturazione e delle convenzioni di moratoria la partecipazione alle trattative è raffigurata quale prerogativa dei soggetti creditori, nel senso che nessuna estensione dell’efficacia può essere promossa qualora il debitore non abbia assolto l’onere di informativa e di invito alla partecipazione, nell’art. 16, comma 5, c.c.i.i., la partecipazione alle trattative è rappresentata invece quale dovere dei soggetti bancari e finanziari. Un dovere la cui portata potrebbe peraltro dimostrarsi di non facile determinazione, sia dal punto di vista [continua ..]


4. Segue. I doveri di tutte le parti coinvolte nella trattativa

A chiusura dei doveri delle parti [23] e riproponendo i contenuti dell’art. 4, comma 7, d.l. n. 118/2021, l’art. 16, comma 6, c.c.i.i., richiede a «[t]utte le parti coinvolte nella trattativa» di «collaborare lealmente e in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto e rispettan[d]o l’obbligo di riservatezza sulla situazione dell’imprenditore, sulle iniziative da questi assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative». Alle stesse parti la norma richiede inoltre di «da[re] riscontro alle proposte e alle richieste che ricevono durante le trattative con risposta tempestiva e motivata». Ribadendo con altri termini le medesime esigenze di solidarietà sociale e di protezione dell’altrui sfera giuridica alla base della generica nozione di buona fede, queste previsioni sollevano questioni analoghe a quelle in generale poste dalla predetta nozione circa la pratica delimitazione dei relativi contenuti. Cosa debba intendersi per collaborare in modo leale e sollecito, dipenderà quindi dalla valutazione della coscienza sociale in un determinato momento, senza possibilità di una predefinita e generale determinazione della condotta pretendibile né delle sanzioni irrogabili in caso di inosservanza, di certo essendovi solo la sanzionabilità dei comportamenti dolosi o gravemente colposi, anche perché comunque coperti dalle previsioni dell’art. 2043 c.c., e per tutto il resto potendosi invece solo dire che la pretendibilità dei comportamenti potrebbe in effetti scontare incertezze così tanto significative da risultare tutto (troppo) opinabile. Né la delimitazione dei comportamenti pretendibili mi pare più agevole riguardo all’altra previsione, relativa al dovere di riscontrare le proposte e le richieste ricevute durante le trattative «con risposta tempestiva e motivata», il discorso potendo anzi in questo caso complicarsi in modo ulteriore. Una tardività nel riscontro, ad esempio, potrebbe pregiudicare il buon esito della procedura anche qualora determinata da situazioni contingenti (una imprevista assenza di personale, il contemporaneo coinvolgimento in numerose analoghe vicende, ecc.) del tutto indipendenti dalla buona fede: dovendosi evidentemente dubitare, nonostante la delusione delle aspettative ragionevolmente maturate dal debitore, della [continua ..]


5. La buona fede nella rinegoziazione dei contratti e nel concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio

Esaurito l’esame dei doveri esplicativi di buona fede e correttezza riferibili alle parti coinvolte, rimane a questo punto da dire, prima di concludere, che la disciplina della composizione negoziata menziona espressamente la buona fede (anche) nella parte riguardante la rinegoziazione dei contratti nonché in quella relativa al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Iniziando dalla rinegoziazione dei contratti, è sufficiente ai nostri fini ricordare che l’art. 10, comma 2, d.l. n. 118/2021, ha inizialmente previsto la possibilità per l’esperto di invitare le parti a rideterminare in buona fede il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata, periodica o differita «se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da SARS-CoV-2», stabilendo altresì, e si trattava dell’aspetto più interessante, che in mancanza di accordo e su domanda dell’imprenditore «il tribunale, acquisito il parere dell’esperto e tenuto conto delle ragioni dell’altro contraente, può rideterminare equamente le condizioni del contratto, per il periodo strettamente necessario e come misura indispensabile ad assicurare la continuità aziendale [omissis]». Il riferimento all’eccessiva onerosità «effetto della pandemia» denunciava però in modo chiaro la vocazione transitoria di questa previsione. Peraltro, la norma poteva apparire «di primo acchito, pericolosa», le scelte relative al mantenimento del contratto ed alle relative condizioni contrattuali integrando difatti decisioni rispetto alle quali «difficilmente il giudice chiamato a valutare il nuovo equilibrio tra le prestazioni potrà avere le informazioni nonché le competenze (conoscenza del settore di mercato, dell’anda­mento della domanda, degli sviluppi del processo tecnologico) necessarie per prendere decisioni adeguate» [24]. Ben spiegando, tutto questo, che al momento della trasposizione della disciplina a seguito del d.lgs. n. 83/2022, la possibilità di una rideterminazione da parte del giudice non è stata riproposta nell’art. 22 c.c.i.i., mentre l’eventualità di prestazioni divenute eccessivamente onerose a seguito di circostanze sopravvenute è stata ripresa dall’art. 17, comma 5, c.c.i.i., con la menzione della (sola) [continua ..]


6. Considerazioni conclusive

Lette in modo unitario le previsioni in esame possono assumere rilievo sistematico ai fini della identificazione di principi di fondo. Proponendosi di evidenziare, senza altre pretese, i passaggi più di altri incentrati sul tema della buona fede, le considerazioni che precedono danno invero conferma di come la disciplina della composizione negoziata affidi alla correttezza dei comportamenti la ricerca di un equilibrio tra contrapposti interessi. Da tempo, del resto, il contemperamento degli interessi fa parte del tessuto normativo del nostro ordinamento, la stessa giurisprudenza costituzionale avendo più volte affrontato il problema del bilanciamento [26] che, nel caso della crisi, non può che risolversi nel raffronto tra l’interesse alla soddisfazione dei creditori e l’in­teresse (di carattere generale in quanto riferibile a tutti gli stakeholders, inclusi i normali fornitori ed in genere i titolari di contratti di durata, oltre che complessivamente al sistema) alla continuazione dell’impresa [27]. Soddisfazione dei creditori cui la disciplina della composizione negoziata presta particolare attenzione durante le trattative – testimoniandolo le regole, cui si è fatto cenno [28], che richiedono all’imprenditore insolvente di gestire l’impresa «nel prevalente interesse dei creditori» – assumendo invece connotati recessivi nel caso in cui le trattative non abbiano avuto buon esito, come in particolar modo desumibile dalla disciplina del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, per la cui omologazione l’art. 25-sexies, comma 5, c.c.i.i., (riproponendo i contenuti dell’art. 18, comma 5, d.l. n. 118/2021) non richiede che la proposta del debitore garantisca la migliore soddisfazione possibile, magari anche ricorrendo a qualche altro strumento messo a disposizione dalla normativa [29], accontentandosi invece che la stessa «non arrec[hi] pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale [30] e comunque assicur[i] un’utilità a ciascun creditore». A fronte della possibile omologazione di un concordato retto da questi criteri e senza la prospettiva di esprimere, con il voto, il proprio eventuale dissenso, non è quindi da escludere che i creditori possano essere indotti ad accettare ogni sforzo pur di addivenire ad un accordo: l’assenza di [continua ..]


NOTE