Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Commercio globale, delocalizzazione e identità giuridica delle imprese multinazionali: profili di diritto commerciale e societario (di Matteo Ludovico Vitali, Prof. associato di diritto commerciale dell’Università di Parma)


Il presente saggio tratta, sotto il profilo del diritto commerciale e delle regole societarie, delle multinazionali, mentre solo sporadici cenni sono stati fatti alle altre aree del diritto interessate (diritto internazionale pubblico e privato; diritto del lavoro; diritto penale dell’e­conomia; diritto tributario). Si tratta di un tema particolarmente ampio che coinvolge oltre ad aspetti giuridici anche profili economici, sociologici e geo-politici. Per tale motivo – ratione materiae – si è inteso circoscrivere la trattazione ad alcuni aspetti soltanto che riguardano più strettamente la sfera del commercio internazionale e le regole del diritto societario domestico e internazionale. Per tale motivo, dopo alcune considerazioni generali, in relazione al fenomeno della globalizzazione, ci si è intrattenuti sulle tecniche contrattuali e societarie con cui le imprese possono intraprendere un processo di internazionalizzazione. In seconda battuta, si è rivolta l’attenzione all’identificazione delle regole applicabili ai gruppi multinazionali tenendo conto delle regole del diritto internazionale privato societario. Infine, si sono approfonditi alcuni aspetti in relazione alla responsabilità degli amministratori delle multinazionali e in particolare delle capo-gruppo: in tale contesto, si sono svolte alcune considerazioni sulla legge interna che regola la c.d. responsabilità «da direzione e coordinamento» e le tecniche con cui in altri sistemi giuridici si giunge, in taluni casi e a determinate condizioni, ad affermare la responsabilità della capo-gruppo per gli atti posti in essere dalle società controllate («piercing the corporate veil», «multinational enterprise liability»). Alcune riflessioni, dalla prospettiva delle multinazionali, sono state infine dedicate al tema della «Corporate Social Responsibility» con particolare riguardo alla recente proposta di direttiva che ne dovrebbe regolare alcuni importanti aspetti quali quelli relativi al regime di responsabilità. Nell’ultimo paragrafo sono formulate alcune conclusioni e proposte di lettura.

A company and commercial law perspective of global commerce, delocalization and legal identity of multinational companies (MNEs)

This essay is focused on multinational enterprises (MNEs) from a commercial and company law point of views, while other areas of laws interested by this matter have been only occasionally mentioned (international public and private law; employment law; criminal law and white-collar crimes; tax law). The topic is linked with several areas besides the legal one, the MNEs being an object of speculation by economists, sociologists and geopoliticians. However, ratione materiae, after some thoughts about the globalization and its recent evolution, I’ve firstly taken into consideration contractual techniques used by companies to start an internationalization process. Secondly, I tackled the topic of foreign direct investments: I’ve therefore analyzed the problems surroundings the identification of the corporate rules applicable to international groups of companies by referring to the tools of international private law and then the responsibility of the holding companies, comparing the Italian rules about groups’liability with the regime applicable by other jurisdictions. In the latter case I made reference to common law doctrines as the well-known «piercing the corporate veil» and the «multinational enterprise liability». The «Corporate Social Responsibility» is at the center of the stage in the final part of the work: its rise and problems about the identification of the best way to regulate it (in the alternative between soft law and mandatory rules) are tackled with reference to the conduct of MNEs; then I comment the recent directive proposal to govern the CSR. In the last part of the work I draw some conclusions and make some suggestions.

Keywords: globalization, multinational companies – MNEs, international commerce – lex mercatoria – uniform sources of law – groups of companies – direction and coordination of companies – piercing the corporate veil – Corporate Social Responsibility – CSR – interest of the company – stakeholders – human rights.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Globalizzazione, ruolo del diritto commerciale e “tecniche” di espan­sione nei mercati internazionali - 3. In particolare: i contratti commerciali internazionali quale mezzo di presenza “indiretta” sui mercati esteri - 4. La presenza “diretta” sui mercati esteri: gli «FDI» e le definizioni di «multinazionale» - 5. Le regole applicabili alle «multinazionali» e il ruolo del diritto internazionale privato - 6. La responsabilità delle multinazionali: dal regime della responsabilità da «direzione e coordinamento» al (mancato) superamento del “velo societario” - 7. «Corporate Social Responsibility» e la recente proposta di direttiva per l’adozione di una «due diligence strategy» - 8. Conclusioni con cenni all’art. 2395, ai portatori di «interessi omogenei» e alla nuova disciplina della «class action» - NOTE


1. Premessa

Un gruppo di residenti di un piccolissimo villaggio dello Zambia (Chingola) ha recentemente intrapreso, di fronte a una corte inglese, un’azione finalizzata a far valere la negligenza di una società del Regno Unito (Vedanta Resources Plc) per danni illeciti («torts») provocati dalla sua società controllata, operativa in quello Stato africano (Konkola Copper Mines Plc; “KCM”). Alla base dell’iniziativa, gli attori hanno lamentato il fatto che i rifiuti tossici della locale miniera di rame – di proprietà della controllata KCM e da quest’ultima gestita con il supporto organizzativo e finanziario della capogruppo – avessero provocato l’inquinamento della falda acquifera e dei corsi d’acqua dell’area limitrofa, provocando sia danni personali ai residenti della comunità locale, sia alle proprietà private [1]. Sull’altra sponda dell’oceano Atlantico, la comunità degli indigeni guatemaltechi Mayan Q’eqchi ha promosso, dinanzi alla Superior Court of Justice dell’Ontario, tre distinte azioni per responsabilità nei confronti della multinazionale canadese Hudbay Minerals Inc. e di due società da questa controllate (HMI Nickel Inc. e CGN), lamentando la violazione dei diritti umani in relazione allo sfruttamento di una miniera nei pressi di Elstor in Guatemala e sostenendo la responsabilità diretta della capogruppo per la condotta delle sue controllate [2]. Nel 2020, l’azionista di controllo di una società di real estate di Singapore – che aveva effettuato significativi investimenti finalizzati allo sviluppo immobiliare nella città di Qingdao in Cina – ha promosso, davanti all’International Centre for Settlement of Investment Disputes – ICSID, un’azione nei confronti del governo della Repubblica Popolare Cinese, in ragione del sequestro – a suo dire illegittimo ed ingiustificato – eseguito da quest’ultimo sugli assets della società attrice [3]. Avanti al medesimo organismo di soluzione delle dispute relative agli investimenti esteri presso la Banca Mondiale, pende, dal gennaio 2021, un’ulteriore vicenda che vede contrapposti una società olandese, controllata da una multinazionale statunitense, da una parte, e il governo peruviano, dall’altra parte, nell’ambito di un’operazione [continua ..]


2. Globalizzazione, ruolo del diritto commerciale e “tecniche” di espan­sione nei mercati internazionali

Il fenomeno della globalizzazione – intesa da un punto di vista economico quale crescente integrazione dei mercati mondiali – è emerso con prepotenza a partire dagli anni ’90 del secolo scorso in seguito al crollo del “blocco” sovietico. Le sue radici sono tuttavia più lontane, posto che forme d’interconnes­sione tra i mercati e tendenze espansionistiche delle imprese al di là dei confini nazionali si sono registrate fin dal periodo antecedente le guerre mondiali. Successivamente il fenomeno ha assunto in modo progressivo connotati sempre più simili a quelli da cui oggi pare essere caratterizzato: ciò si è in particolare verificato al termine del secondo conflitto mondiale e, ancora, negli anni ’80, con un’alternanza tra i protagonisti di tale tendenza che ha visto in successione un rilevante ruolo ricoperto dalle imprese europee, statunitensi e giapponesi [10]. Al di là dei fattori politici ed economici a sostegno dell’allarga­mento progressivo dei mercati e alle valutazioni fondate sul c.d. paradigma «OLI» [11], un contributo determinante per la loro integrazione è senz’altro dipeso anche dall’innovazione e dalla tecnologia, due elementi che hanno raggiunto livelli di sviluppo non prevedibili sino a qualche anno fa [12]. È il caso della c.d. «intelligenza artificiale» (“AI”) che, inizialmente applicata alla gestione di complesse unità produttive e delle scorte di magazzino ha, più di recente, trovato spazio nell’ambito del commercio internazionale (essendo, ad esempio, alla base del funzionamento di piattaforme di e-commerce basate su complessi algoritmi per la selezione dei gusti dei consumatori [13]), per espandersi, infine, in altri settori quali le valute virtuali («cripto-currencies»), l’uso del c.d. «block-chain», i sistemi di pagamento, il diritto della proprietà intellettuale, l’analisi legata alla gestione dei fattori di rischio legale (e non solo) e la «corporate governance» delle imprese [14]. L’espansione delle attività d’im­presa a livello globale ha trovato un altro supporto significativo nella gestione dei flussi informativi (c.d. «Big Data»): non più solo strumento per penetrare sui mercati, ad esempio, attraverso la conoscenza [continua ..]


3. In particolare: i contratti commerciali internazionali quale mezzo di presenza “indiretta” sui mercati esteri

In questo quadro s’inserisce a pieno titolo il ruolo assunto dal diritto commerciale, evolutosi nel corso dei secoli con l’elaborazione di strumenti e di regole diretti, da una parte, a velocizzare gli scambi al di là dei confini nazionali (cambiale; floating charge) e, dall’altra parte, a offrire forme di tutela sempre più efficaci sia per gli investitori, pronti a impegnare capitale di rischio al di fuori del proprio contesto domestico, sia per quei soggetti – tendenzialmente ricompresi nell’ampia nozione di «stakeholders» [19] – che entrano, a vario titolo, in contatto con le imprese che operano su mercati internazionali. È proprio per fare fronte a tale esigenze che il diritto commerciale ha assunto fin dalle sue origini – in particolare con lo sviluppo della lex mercatoria quale sistema di regole inizialmente autonomo e la sua successiva internalizzazione nei siste­mi municipali [20] – una dimensione transnazionale a cui ha contribuito, da una parte, la formulazione di regole uniformi accettate e applicate dagli operatori economici di giurisdizioni diverse; e, dall’altra parte, la creazione di enti organizzati e complessi a base collettiva, caratterizzati dalla responsabilità limitata dei soci e – quanto meno a partire dal XVIII secolo – anche dallo scopo di lucro, di cui la moderna società per azioni, che trova le sue radici nelle grandi compagnie d’Olanda e d’Inghilterra, rappresenta un significativo esempio [21]. La penetrazione dei mercati ad opera delle imprese si è realizzata, dunque, non solo grazie a convenzioni internazionali di diritto uniforme – come la «Convenzione di Vienna del 1980» che regola la compravendita di beni mobili [22] – bensì con la diffusione sempre più capillare di modelli contrattuali atipici che, circolando dapprima all’interno dei gruppi multinazionali, si diffondono poi nei mercati di tutto il globo, in quanto utilizzati dalle singole entità controllate dalla c.d. «casa-madre» [23]. Sotto tale profilo, l’internazionalizzazione delle imprese attraverso una delocalizzazione “contrattuale” (in luogo che “fisica”) fa emergere la rilevanza di alcuni temi di vertice quali il rapporto tra “impresa forte” e “impresa debole”, ricorrente nelle ipotesi in [continua ..]


4. La presenza “diretta” sui mercati esteri: gli «FDI» e le definizioni di «multinazionale»

Se, da una parte, il ricorso agli schemi contrattuali descritti nel precedente paragrafo consente lo sfruttamento di mercati esteri mitigandone, allo stesso tempo, i rischi per le imprese, esso tuttavia non comporta – di per sé – l’assun­zione della qualifica di «multinazionale» in capo all’impresa che li adotta. Anzi, è proprio l’utilizzo dello strumento contrattuale – nei termini anzidetti – che consente all’impresa di prescindere dalla propria “presenza fisica” sui mercati stranieri pur garantendo forme più o meno significative d’influenza indiretta su di essi. Per assumere le caratteristiche di quelle imprese a cui – nel linguaggio comune – ci si riferisce con il termine di «multinazionale», si ritiene generalmente necessario che esse effettuino investimenti – tramite, risorse proprie, capitale di rischio raccolto ad hoc o ricorso al debito – per stabilire una presenza diretta sui mercati stranieri tramite un investimento a cui ci si riferisce con l’acronimo «FDI» (e per esteso con il termine «Foreign Direct Investment») [33]. Tale modus operandi può rappresentare l’esclusiva modalità di internazionalizzazione dell’impresa ovvero essere combinata con gli schemi contrattuali di cui si è detto [34]. Anche in questo caso, tuttavia, bisogna intendersi: infatti, né la letteratura economica né quella giuridica – per menzionare due ambiti in cui il fenomeno delle multinazionali è trattato – offrono una definizione universalmente accolta d’«impresa multinazionale»; il che pare anche naturale, trattandosi di un fenomeno complesso e sfaccettato, dotato di confini variabili in dipendenza di vari fattori quali la natura stessa – economica, aziendalistica o giuridica – della nozione, ma anche l’ambito e il settore di attività in cui l’impresa opera. Se si fa infatti eccezione per quanto previsto da alcuni ordinamenti in punto di disciplina dei «gruppi» d’imprese e di una nozione di «controllo» (sulla quale la prima generalmente si basa e alla quale possono ricondursi i modelli più complessi di multinazionali organizzate, per l’appunto, in gruppi «verticali» o «orizzontali» d’imprese localizzati in [continua ..]


5. Le regole applicabili alle «multinazionali» e il ruolo del diritto internazionale privato

Al di là dell’aspetto definitorio e degli schemi operativi utilizzabili, l’iden­tificazione delle multinazionali passa anche attraverso l’individuazione delle regole societarie applicabili agli enti che intendano essere presenti sui mercati internazionali. In via preliminare e sotto questo profilo, vanno richiamati il ruolo delle fonti del diritto internazionale privato e – con specifico riferimento allo spazio all’Unione Europea – il principio di «libertà di stabilimento» (artt. 49 e 54 TFUE), posto che sulle regole delle une e sull’applicazione dell’altro si fondano gran parte delle operazioni che implicano la collocazione dell’atti­vità imprenditoriale nell’ambito di più giurisdizioni. Non c’è dubbio, infatti, che le questioni concernenti la costituzione di sedi secondarie sul territorio domestico e il trasferimento della sede all’estero da parte di società italiane siano di estremo interesse al fine di valutare, da una parte, l’opportunità d’in­traprendere un processo d’internazionalizzazione e, dall’altra parte, l’impatto che, su di esso, possa avere l’applicazione sia delle regole societarie interne (rispetto ad enti stranieri), sia di quelle dell’ordinamento domestico (nei confronti degli enti stranieri) nell’ambito di una vera e propria tensione “concorrenziale” tra le regole di giurisdizioni diverse [45]. Quanto al primo aspetto, diventa dunque inevitabile richiamare a questo proposito l’art. 25 della riformata legge di diritto internazionale privato italiano (legge n. 218/95) che, con la sua formulazione, ha aperto la strada all’ap­plicazione delle regole dettate dalle giurisdizioni straniere in punto di costituzione delle società. In particolare, la norma prevede (i) il principio per cui le società (così come tutti gli altri enti pubblici o privati, anche se privi di natura associativa) vengono regolate dalla legge dello stato nel cui territorio si è perfezionato il procedimento di costituzione (c.d. «Grundungstheorie») (comma 1, prima parte); (ii) la regola – dettata al fine di contemperare il criterio sub (i) – per cui la legge italiana trova comunque applicazione se la «sede dell’ammi­nistrazione» dell’ente è collocata in Italia [continua ..]


6. La responsabilità delle multinazionali: dal regime della responsabilità da «direzione e coordinamento» al (mancato) superamento del “velo societario”

L’identificazione delle multinazionali passa non solamente attraverso l’ana­lisi delle regole che ne determinano la localizzazione ma, altresì, tramite l’in­dividuazione della disciplina che ne determina l’agire, definendone anche la responsabilità. Da questo punto di vista, mi pare proficuo svolgere qualche riflessione riguardo alle ipotesi di holding di partecipazioni che – al fine di espandersi in altri mercati – si siano dotate di un’organizzazione articolata in varie entità societarie localizzate in diverse giurisdizioni fino a formare un “gruppo” multinazionale [54]. La prospettiva considerata è ancora una volta quella societaria, sebbene la questione stia assumendo sempre maggiore rilevanza, anche con riguardo ad altri settori del diritto, come dimostrano diversi fattori: l’intenso dibattito relativo alla responsabilità della capogruppo per reati commessi dalle entità controllate [55], la formulazione di linee guida (elaborate a livello internazionale) per il contenimento di reati quali la corruzione [56] e, ancora, l’attenzione (anche mediatica) nei confronti di procedimenti penali che, recentemente, hanno coinvolto managers di una nota multinazionale italiana con sentenze di assoluzione ex art. 530 c.p.c. [57]. Inoltre, la circostanza che la dimensione “naturale” del gruppo sia proprio quella internazionale ha comportato negli anni situazioni di grande incertezza nell’approccio giurispru­denziale seguito dai tribunali in materia di responsabilità delle imprese multinazionali, vuoi in ragione della dottrina, propria di alcuni ordinamenti di common law, del c.d. «forum non conveniens» tale per cui i giudici possono rigettare le richieste di risarcimento dichiarando che la questione sia sottoposta al giudizio di tribunali di altre giurisdizioni (casi Amoco Cadiz e Bhopal) ma anche in ragione del carattere politico delle controversie [58]. Tralasciando questi non trascurabili profili ci si vuole di seguito concentrare sulle regole societarie applicabili per valutare la condotta delle società (e dei loro amministratori) a capo di gruppi multinazionali le cui entità sono dislocate in diverse giurisdizioni. In via generale, il discorso non può prescindere dal ricordare che forme evolute di organizzazione quali le società di capitali – [continua ..]


7. «Corporate Social Responsibility» e la recente proposta di direttiva per l’adozione di una «due diligence strategy»

Una delle più recenti tendenze a livello giuridico e socio-finanziario consiste nell’evocare, con sempre maggior frequenza, la c.d. «responsabilità sociale d’impresa», quale (nuovo) presidio finalizzato a tutelare interessi “diversi” rispetto a quelli della stessa impresa e dei suoi investitori. Generalmente ci si riferisce a tale fenomeno con le due espressioni di «Corporate Social Responsibility» («CSR») o di «Corporate Citizenship» [87]. La prima volta a enfatizzare una sorta di responsabilità delle imprese dal punto di vista sociale e nei confronti della sfera “sociale” toccata direttamente o indirettamente dalla sua attività; la seconda quasi ad alludere al fatto che anche le imprese hanno una cittadinanza rispetto al (o ai) territori in cui operano e, per non perderla, devono orientare il proprio agire in modo socialmente orientato. Si tratta, a ben vedere, di due espressioni equivalenti, di “due facce della stessa medaglia” – da una parte i “doveri” e, sul rovescio, la “responsabilità” – che si riferiscono, entrambe e tuttavia, a una funzione dell’impresa di stampo «sociale» [88]. Dal punto di vista del diritto societario, il fenomeno è strettamente collegato al noto e storico dibattito – a cui si può solamente accennare – relativo all’individua­zione dei confini dell’interesse sociale, concetto difficilmente definibile ma inquadrabile entro i confini elastici di “strumento concettuale” e – proprio in ragione di tale sua natura – già al centro di vivaci discussioni in merito al suo inquadramento che hanno occupato gran parte del secolo scorso grazie all’ela­borazione teorica di grandi maestri del diritto commerciale e tutt’ora oggetto di contraddittorio tra più voci della dottrina [89]. Nell’evoluzione del dibattito dottrinario sul punto si è assistito a un progressivo spostamento dell’attenzione dal tema d’origine, essenzialmente legato all’individuazione degli scopi che la società per azioni deve perseguire, a nuovi profili con cui l’interesse sociale si deve oggi confrontare tra cui la CSR rappresenta senza dubbio un esempio particolarmente significativo. Sotto il primo profilo, si è posta dunque [continua ..]


8. Conclusioni con cenni all’art. 2395, ai portatori di «interessi omogenei» e alla nuova disciplina della «class action»

Riletti alla luce delle considerazioni svolte nelle precedenti pagine, gli esempi riportati in apertura mostrano in misura ancora più significativa la portata dei problemi sollevati dalle multinazionali. Pur avendo limitato il campo dell’indagine al diritto dell’impresa e societario e circoscritto l’esame alla localizzazione delle multinazionali e al loro agire si è avuto modo di affrontare molti profili d’analisi. Si può dunque provare a trarre qualche conclusione rispetto ai quesiti che si sono formulati in apertura: (i) con riguardo all’identificazione delle multinazionali si può ritenere che: (a) quanto meno dalla prospettiva del diritto societario e commerciale, l’aspetto definitorio non sia essenziale: piuttosto, è necessario avere riguardo all’attività d’impresa e all’attuazione dell’oggetto sociale, elementi tramite i quali i confini nazionali possono essere travalicati sia in via indiretta (tramite il ricorso a schemi contrattuali, ormai standard, del diritto del commercio internazionale), sia in via diretta (tramite l’esecuzione di investimenti e, generalmente, la creazione di una struttura societaria complessa, spesso a più “livelli”, e riconducibile al concetto del gruppo societario); (b) sia nel primo sia nel secondo scenario si pongono questioni relative alle regole applicabili: nell’ipotesi, infatti, della presenza indiretta, la principale questione si risolve nell’individuazione della disciplina applicabile ai rapporti contrattuali che vengono posti in essere tra le imprese per iniziare una politica di penetrazione dei mercati internazionali: è forse questo l’ambito maggiormente toccato, negli ultimi anni, dalla globalizzazione e dalle sue evoluzioni. Al di là del ruolo che assumono, a livello comunitario, strumenti normativi quali direttive e regolamenti, sono senz’altro le convenzioni di diritto materiale uniforme e le regole di diritto internazionale privato per determinare la legge applicabile, ad offrire un supporto di fronte alla progressiva delocalizzazione delle regole applicabili come si è visto nel caso della lex mercatoria; (c) nel caso, invece, della presenza diretta delle imprese sui mercati internazionali, vengono in rilievo in modo particolare gli aspetti concernenti la disciplina dei gruppi: la circostanza che le società controllate operino [continua ..]


NOTE