Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Tre funzioni della dignità della persona (di Giorgio Resta, Professore ordinario di Diritto privato comparato dell’Università di Roma Tre)


Il contributo ha lo scopo di fornire una breve introduzione comparata al concetto legale di dignità dell’individuo. Si evita pertanto, in maniera intenzionale, di addentrarsi in una nozione, che ha catturato l’attenzione di molti filosofi e teorici del diritto. Piuttosto, l’intento è quello di isolare e contrapporre concezioni di dignità concorrenti, che sembrano riflettersi nelle soluzioni adottate dai tribunali nazionali e internazionali. L’attenzione sarà focalizzata su tre ambiti principali: a) la “giuridificazione” della dignità; b) le diverse funzioni della dignità come diritto fondamentale; c) il conflitto tra dignità e libertà.

Three Uses of Human Dignity

This paper is aimed at providing a short comparative introduction to the law of human dignity. Intentionally, it will not delve into the details of the notion of dignity, which has captured the attention of many philosophers and legal theorists. Rather, it will isolate and contrast competing conceptions of dignity, which seem to be reflected in the solutions adopted by national and international courts. The attention will be focused on three main issues: a) the “juridification” of dignity; b) the different functions of dignity as a fundamental right; c) the conflict between dignity and liberty.

SOMMARIO:

1. La “giuridificazione” della dignità - 2. Tre modi di impiegare il concetto di dignità - 3. La dignità come dovere di rispetto e tutela - 4. La dignità come dovere di protezione - 5. La dignità e il diritto a condizioni di vita “dignitose” - NOTE


1. La “giuridificazione” della dignità

La dignità umana è stata a lungo considerata come un concetto eminentemente morale, filosofica o religioso [1]. Oggigiorno essa ha acquisito lo status di norma giuridica vincolante, e viene spesso indicata come la pietra angolare della costruzione dei diritti umani [2]. Il dovere di rispettare la dignità di ogni individuo è dichiarato solennemente da numerose Dichiarazioni [3] e Convenzioni internazionali [4], nonché da molte Costituzioni nazionali [5] e dalla Carte sovranazionali [6]. Anche in quei contesti nazionali, in cui la dignità non compare esplicitamente menzionata, sono i Tribunali che l’hanno spessa invocata come principio nella risoluzione delle controversie. Particolarmente significativa, da questo punto di vista, è l’espe­rienza francese degli ultimi due decenni [7]; ma colpisce anche la moltiplicazione dei riferimenti alla dignità nella giurisprudenza della Corte suprema degli Stati Uniti [8]. In poche parole, la dignità ha subìto un impressionante processo di “giuridificazione” (nel senso del Verrechtlichung tedesco), avendo gradual­mente perso il ruolo di precetto puramente morale e acquisito non solo quello di valore fondamentale [9] ma anche di norma giuridica vincolante [10]. E tuttavia, non è né facile definire la “dignità”, né puntualizzarne il contenuto oggettivo [11]. Secondo alcuni studiosi, vaghezza e indeterminatezza sono caratteristiche distintive della nozione di dignità, con l’effetto di renderla un «concetto inutile» [12] o di poterla utilizzare come «argomentazione inconfutabile» [13], una formula magica atta a eludere qualsiasi argomentazione razionale, facendo appello proprio al pathos della dignità. Per quanto questa preoccupazione possa occasionalmente dimostrarsi fondata, in particolare nel campo della bioetica, dove la “dignità” viene talvolta usata come un freno del dibattito [14], il quadro non è sempre così cupo. Più di cinquant’anni di confronto giudiziale con la dignità non sono passati invano. L’osservazione della giurisprudenza nazionale e internazionale sulla dignità umana può aiutare a individuare alcuni orientamenti [15].


2. Tre modi di impiegare il concetto di dignità

Sembra esserci un ampio consenso sul fatto che la dignità, in sostanza, implica il rispetto e il riconoscimento del valore intrinseco posseduto da qualsiasi individuo, in virtù semplicemente del suo essere persona [16]. Tuttavia, questo contenuto minimo è sufficientemente duttile da condurre a risultati diversi nelle fattispecie concrete, a seconda della particolare concezione di dignità adottata nello specifico sistema giuridico specifico [17]. La nozione di dignità, in altre parole, è allo stesso tempo universale, basandosi su un valore condiviso dell’u­manità, e specifica per un determinato contesto, derivando il suo significato dalla cornice culturale e istituzionale in cui è inserita [18]. Al fine di costruire una tassonomia preliminare di come la dignità viene impiegata dagli studiosi e dai giudici, può essere utile scioglierne il contenuto nelle sue tre funzioni principali: a) la dignità come diritto negativo; b) la dignità come fonte del dovere pubblico di protezione; c) la dignità come fonte del dovere pubblico di garantire prestazioni di sicurezza sociale. Si tratta di una tassonomia di grande utilità per l’indagine comparata, poiché i sistemi giuridici tendono a enfatizzare una o più di queste “funzioni” e ignorarne altre, a seconda delle scelte valoriali generali (libertarismo contro comunitarismo; livello di laicizzazione, ecc.) [19] e le caratteristiche istituzionali del sistema (come la presenza di strumenti di ricorso costituzionale, la dottrina della state-action, ovvero l’idea che le garanzie costituzionali limitino il potere coercitivo dello Stato nei confronti dell’individuo) [20]. Ad un estremo, vi sono sistemi giuridici – quello tedesco ne è ottimo esempio [21] – che fanno contestuale affidamento a tutte queste funzioni e considerano la dignità come un «valore fondamentale» [22]; all’estremo opposto, troviamo sistemi giudici che adottano una lettura ristretta della dignità come sinonimo di libertà o che addirittura ignorano completamente la nozione. Sebbene non sia infrequente in questo ambito il “prestito” di concetti legali [23], non si devono trascurare le alterazioni sostanziali che l’uso del concetto di dignità possono [continua ..]


3. La dignità come dovere di rispetto e tutela

La concezione più diffusa della dignità si basa sulla tradizione liberale delle libertà negative. In questa prospettiva, la dignità implica una «norma di non interferenza», in base a cui il potere pubblico è tenuto ad astenersi da atti che neghino il valore intrinseco dell’individuo o interferiscano con l’autonomia personale [25]. Secondo la terminologia tedesca, questo è il cosiddetto «dovere di rispetto e tutela», solennemente enunciato nell’art. 1 della Legge fondamentale della Repubblica Federale («sie zu achten»). Tale compito è direttamente previsto nella famosa «formula obiettiva», sviluppata in perfetto stile kantiano dal famoso studioso costituzionale Günter Dürig [26] e adottata dalla Corte costituzionale tedesca in dozzine di casi [27]. Secondo questa formula, «gli individui non devono essere semplicemente trattati come oggetti della volontà altrui». Quando viene violato un tale dovere? Un primo importante gruppo di casi riguarda l’autonomia personale. La dignità viene violata se lo Stato nega la libertà dell’individuo di compiere scelte fondamentali che incidono sulla sua sfera personale o che toccano la sua identità [28]. Particolarmente rilevanti da questo punto di vista sono le decisioni riguardanti il ​​corpo umano e il dominio della sessualità. La giurisprudenza della Corte suprema degli Stati Uniti sulla rilevanza costituzionale della privacy offre numerosi esempi di tale uso della nozione di dignità [29]. Il caso Lawrence v. Texas [30], che ha invalidato le leggi statali sulla sodomia, è certamente tra i più famosi. Sia la Corte europea dei diritti dell’uomo [31], sia la Corte suprema del Canada [32] hanno anche fatto riferimento al principio di dignità nella risoluzione delle controversie relative al diritto alla morte [33]. In questo campo, il nesso tra dignità, identità e scelte personali è chiaramente evidenziato, anche a livello letterale, dalla legge italiana del 2017 sul testamento biologico [34]. In una seconda e diversa prospettiva, il dovere di rispettare la dignità viene infranto nei casi che comportano la violazione dell’integrità fisica e psicologica della persona. Deriva [continua ..]


4. La dignità come dovere di protezione

Concepita come un diritto negativo, la dignità è un concetto ampiamente condiviso, che rende il dialogo transnazionale tra le istituzioni giudiziarie una realtà concreta. La seconda funzione della dignità, quale cioè fonte di un dovere pubblico di protezione dei cittadini, è invece più problematica e risente dello specifico contesto nel quale viene richiamata. L’art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, una disposizione che prende letteralmente a modello l’art. 1 della Legge fondamentale tedesca, afferma: «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata.». Il dovere di protezione è dunque implicito in una concezione della dignità come diritto positivo, che richiedere al legislatore non solo di astenersi da qualsiasi interferenza con esso (il “rispettare”), ma anche di adottare misure concrete volte a prevenire le violazioni della dignità derivanti dall’azione di terzi (il “tutelare”). La conseguenza logica di questo modello è che l’impegno deciso a tutela della dignità può condurre, in una vasta gamma di situazioni, anche alla restrizione delle libertà altrui (in particolare, la libertà di parola, come esemplificato dalla decisione del 2104 del Consiglio di Stato francese, che vietò, in nome proprio della dignità, uno spettacolo del controverso artista Dieudonné M’Bala M’Bala [46], ma anche le libertà economiche) [47]. Questa è la base teorica dell’effetto orizzontale dei diritti fondamentali, che ha prodotto significativi risultati, in particolare nel settore della protezione dei diritti della personalità nei confronti dei mass media [48]. Non è possibile in questa sede indagare a fondo il problema, ma vorrei sottolineare due aspetti ad esso strettamente collegate. Il primo riguarda l’ambito soggettivo della dignità [49]. Se essa deve essere considerata un valore oggettivo fondamentale, e non solo un diritto, dovrebbe essere protetta indipendentemente dall’individuazione di un portatore di tale diritto [50]. Coerentemente con una tale lettura, il principio di dignità ha giocato un ruolo fondamentale in casi che riguardavano la violazione dei diritti di interi gruppi [51], così come la [continua ..]


5. La dignità e il diritto a condizioni di vita “dignitose”

Il dovere di protezione può essere esteso a un obbligo di più ampia portata in capo allo Stato per garantire che nessuno scenda al di sotto di condizioni di vita “dignitose”? L’art. 151 della Costituzione tedesca di Weimar del 1919, basato sulla concezione socialdemocratica della dignità, affermava un tale dovere [70], che oggi è accolto, quantomeno entro certi limiti, in diversi ordinamenti, e prima di tutto nella Costituzione italiana (artt. 3 e 41) [71]. Il Tribunale costituzionale tedesco ha notoriamente smantellato parti della riforma rosso-verde del mercato del lavoro, sostenendo che l’art. 1 della Carta di Nizza «impone allo Stato l’ob­bligo di garantire una sussistenza minima a ciascun individuo» [72]. Allo stesso modo, la Corte costituzionale italiana [73], il Consiglio costituzionale fran­cese [74] e la Corte suprema sudafricana [75] hanno dichiarato, in termini simili, che il principio di dignità impone che quello all’alloggio dignitoso sia garantito a tutti i cittadini come diritto sociale di rango costituzionale. Un tale uso del concetto di dignità può preoccupare coloro che temono che i tribunali esercitino una discrezionalità senza controllo sotto l’egida della dignità, interferendo con il ruolo del legislatore. In effetti, questo approccio può sembrare ancora una volta incompatibile con la prospettiva più libertaria del­l’idea di dignità. Ciononostante, non va trascurato il fatto che, in un’epoca di progressiva diminuzione delle protezioni sociali, la dignità può funzionare come l’ultima barriera contro il completo smantellamento della nobile utopia della «libertà dal bisogno» [76]. Questo è stato certamente uno dei messaggi più potenti contenuto negli ultimi lavori di Stefano Rodotà [77]. Un messaggio che merita di essere preso seriamente in considerazione in un momento di drammatiche disuguaglianze sociali e ricorrenti crisi di democrazia.


NOTE