Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

08/12/2018 - La soluzione di una complessa questione di legittimità costituzionale sulla natura delle somme versate al lavoratore dopo l’adozione di un ordine di reintegrazione

argomento: Editoriale

La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, quarto comma, St. lav., nel testo oggi vigente, dopo le modificazioni apportate dalla legge n. 92 del 2012, per contrasto con il principio di razionalità, nella parte in cui qualifica come risarcitoria e non come retributiva la natura della somma versata dal datore di lavoro in relazione al periodo di tempo compreso fra l’adozione di un ordine giudiziale di reintegrazione e la sua successiva modificazione, in una successiva fase del giudizio. Infatti, se l’ordine di reintegrazione ripristina, sul piano giuridico, il contratto, la concreta attuazione dell’ordine non può prescindere dalla collaborazione del datore di lavoro e, qualora questi non ottemperi all’ordine, il comportamento, illecito istantaneo a effetti permanenti, perpetua le conseguenze dannose del licenziamento. Ne deriva una obbligazione di risarcimento del danno (massima redazionale).

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La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata da Trib. Trento 26 luglio 2016, ord. Il caso è interessante; una lavoratrice ha ottenuto un ordine di reintegrazione ai sensi dell’art. 18, quarto comma, St. lav., nell’ambito di un procedimento a cognizione sommaria, rimanendo però soccombente nel giudizio di opposizione. Fra la fine del procedimento a cognizione sommaria e la decisione del giudizio di opposizione, la lavoratrice ha percepito una somma pari a quella che sarebbe stata la sua retribuzione, seppure senza svolgere attività lavorativa, per il rifiuto opposto dal datore di lavoro, a fronte dell’offerta della prestazione. Il datore di lavoro ha chiesto con un procedimento monitorio la restituzione di tutte le somme versate e non vi è stata contestazione su quelle attinenti al periodo di tempo anteriore all’adozione del provvedimento di reintegrazione. Si discute di quelle relative al lasso di tempo successivo e l’ordinanza riteneva che giustizia sostanziale richiedesse l’attribuzione a tali importi della natura retributiva, con l’applicazione dell’art. 2126 cod. civ., mentre ciò trova ostacolo nell’espresso tenore letterale della disposizione, che fa riferimento alla natura risarcitoria. Essa sarebbe compatibile con la restituzione dell’importo, a seguito del venire meno dell’originario provvedimento di reintegrazione. La tesi dell’ordinanza non è stata accolta. Infatti, si è detto che se l’ordine di reintegrazione ripristina, sul piano giuridico, il contratto, la concreta attuazione dell’ordine non può prescindere dalla collaborazione del datore di lavoro e, qualora questi non ottemperi all’ordine, il comportamento, illecito istantaneo a effetti permanenti, perpetua le conseguenze dannose del licenziamento. Ne deriva una obbligazione di risarcimento del danno.