Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Invecchiamento della popolazione e prospettive demografiche per il diritto e mercato del lavoro (di Marcantonio Caltabiano, Professore ordinario di Demografia, Università degli Studi di Messina)


Nell'ultimo secolo la popolazione italiana è stata interessata da un significativo invecchiamento, divenuto sempre più intenso nel corso degli ultimi quarant'anni. L'invecchiamento è stato causato dalla combinazione tra bassa fecondità ed elevata sopravvivenza, seguite alla transizione demografica. Questo lavoro analizza il processo di invecchiamento della popolazione italiana attraverso i principali indicatori demografici e ne delinea le prospettive future. Si presentano poi le conseguenze dell’invecchiamento sulle strutture familiari e sulla società, focalizzando l’attenzione sull'impatto sul mercato del lavoro e sul sistema pensionistico. Si conclude ricordando la necessità di un cambiamento radicale nel mondo del lavoro per rendere l’invecchiamento della popolazione sostenibile anche nei prossimi decenni, senza caricare eccessivamente le generazioni future.

Population aging and demographic perspectives for labor law and labor market

In the last century, and especially in the last forty years, the Italian population has aged considerably. This aging was a direct consequence of the combination of low fertility and high survival that characterized the so-called demographic transition. This study analyzes the aging of the Italian population, through its main demographic indicators, and its future trends. The consequences of population aging on family and society are then presented, focusing especially on its impact on the labor market and the pension system. As concluding remark, we recall that a cultural change in society is necessary to make population aging sustainable also in the coming decades without overloading future generations.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Cause e dinamiche e dell’invecchiamento della popolazione - 3. I cambiamenti nella condizione della popolazione anziana in Italia negli ultimi decenni - 4. Riflessioni conclusive - NOTE


1. Premessa

Il tema dell’invecchiamento è salito alla ribalta negli studi demografici in Italia ormai da una trentina d’anni, ricevendo sempre maggiore attenzione [1]. Questo perché l’Italia – che fino agli anni ’60 del XX secolo era uno dei paesi con meno anziani d’Europa ed aveva un surplus di popolazione giovane, al­l’origine, insieme a molti altri fattori, di importanti flussi emigratori verso l’estero – è oggi uno dei paesi più vecchi del mondo. Questo cambiamento è il frutto di un lungo processo di transizione, che prosegue tuttora e che sta causando non solo radicali modifiche alla struttura per età della popolazione, ma anche, come era prevedibile, importanti mutamenti alla società italiana nel suo insieme. Qui si cercherà di dare una visione complessiva dell’evoluzione dell’in­vecchiamento della popolazione italiana, evidenziandone i legami con il declino delle nascite (invecchiamento “dal basso”) e l’aumento della sopravvivenza alle età adulte ed anziane (invecchiamento “dall’alto”) e le sue peculiarità, quali le notevoli diversità tra aree anche geograficamente vicine, frutto di una complessa combinazione di fattori. Si descriverà poi l’impatto del cambiamento demografico sulla vita e il ruolo dell’anziano nella società e le sue conseguenze sul mondo del lavoro e sul sistema pensionistico, concludendo con una riflessione sulle prospettive future sull’invecchiamento della popolazione italiana.


2. Cause e dinamiche e dell’invecchiamento della popolazione

Nell’ultimo secolo la popolazione italiana ha subito una radicale trasformazione della sua struttura per età, diventando una delle più vecchie del mondo. Il cambiamento è stato dapprima lento, poi, a partire dal 1970, sempre più veloce [2]. Al censimento del 1921 la popolazione italiana mostrava una struttura marcatamente giovane, caratterizzata da un gran numero di bambini e ragazzi (0-19 anni), una popolazione adulta numerosa (20-64 anni), specialmente sotto i cinquant’anni, e una popolazione anziana (oltre i 65 anni) numericamente ridotta. Pochi individui arrivavano alle età anziane: gli ultrasessantacinquenni erano circa il 7 per cento della popolazione, gli ultraottantenni meno dell’1 per cento [3]. Nei decenni seguenti si è verificato un cambiamento radicale del regime demografico della popolazione italiana: si è passati da un regime detto antico, caratterizzato da forte natalità, forte mortalità e bassa speranza di vita, ad un regime nuovo a bassa mortalità, bassa fecondità e alta speranza di vita [4]. Questa trasformazione, chiamata dagli studiosi di popolazione transizione demografica, ha avuto come conseguenza una netta mutazione della struttura per età della popolazione: le nascite sono calate e si è vissuto più a lungo, così che il rapporto numerico tra le classi di età è mutato significativamente. Infatti, ai nati sempre meno numerosi hanno iniziato a corrispondere generazioni di anziani sempre più consistenti, provocando un fortissimo invecchiamento della popolazione [5]. L’invecchiamento è avvenuto in maniera graduale. Inizialmente, la riduzione della mortalità ha interessato soprattutto bambini e ragazzi, ampliandone il numero e ringiovanendo quindi la popolazione italiana [6]. In un secondo momento anche le età anziane sono state interessate dal declino della mortalità, specialmente dal secondo dopoguerra (tab. 1). Tuttavia, anche se sempre più individui raggiungevano le età adulte e anziane (tab. 1 e 2), l’invecchia­mento della popolazione era parzialmente compensato dai livelli di fecondità ancora vicini ai due figli per donna (il livello minimo per avere un ricambio generazionale alla pari). La velocità e l’intensità dell’invecchiamento sono stati determinati soprattutto dal [continua ..]


3. I cambiamenti nella condizione della popolazione anziana in Italia negli ultimi decenni

Affrontiamo qui i cambiamenti nella condizione della popolazione anziana in Italia negli ultimi decenni, prima dal punto di vista della famiglia e delle relazioni sociali, poi da quello del mondo del lavoro. Nel secondo dopoguerra la struttura della famiglia italiana era quasi ovunque ancora quella tradizionale, con l’anziano solitamente coresidente o comunque mantenuto dai familiari. È nei quaranta anni seguenti che si avvia, lentamente, il processo di trasformazione delle strutture familiari. Sono soprattutto l’industrializzazione e l’urbanizzazione dell’Italia, avanzando da nord e ovest verso sud ed est, e poi la diffusione del lavoro femminile, a mutare la condizione dell’anziano. Esse segnano la fine della famiglia con più generazioni, specialmente in occasione dell’immigrazione in città dalle zone rurali del Nord e dalle regioni del Mezzogiorno e dell’ingresso nel lavoro salariato. In particolare, a partire dagli anni del boom economico, quando modernizzazione e industrializzazione diventano di massa, si accentua il passaggio dalla coresidenza dell’anziano con i figli alla prossimità residenziale [17]. La risposta alla necessità di una persona anziana che non è più autonoma diviene allora un avvicinamento a sé dell’anziano bisognoso [18], e quando ciò non è possibile, ad esempio quando i figli emigrano dalle campagne o dal Sud verso le città del triangolo industriale, restano comunque le rimesse in favore di genitori anziani. Questa trasformazione si accentua negli anni ’80 del XX secolo, da una parte con la maggioranza degli ultrasessantacinquenni che risiede da solo o con il coniuge, e dall’altra con la crescita delle famiglie di anziani sul totale (tabb. 6 e 7), così come mostrano le indagini svolte periodicamente dalla Banca d’Italia e dall’Istat [19]. In particolare, gli anziani “più giovani” vivono prevalentemente con il coniuge, e qualche volta con figli non sposati, mentre tra i “grandi” anziani (ovvero gli ultraottantacinquenni) le donne vivono prevalentemente da sole e gli uomini con il coniuge, a causa della maggiore sopravvivenza delle donne e dell’età al matrimonio più alta per gli uomini [20]. L’analisi delle tipologie familiari degli anziani per area geografica mostra come al Nord prevalgono gli [continua ..]


4. Riflessioni conclusive

La transizione demografica ha causato un radicale mutamento della struttura per età della popolazione italiana [37]. Si è passati dal 14% di ultrasessantenni sul totale della popolazione nel 1961 al 31% nel 2021. Questo cambiamento è accelerato fortemente negli ultimi trent’anni, a causa del prolungato declino delle nascite, e si è progressivamente diffuso dal Nord Ovest, dove è iniziato precocemente, verso il Mezzogiorno. La principale conseguenza di questo processo è stata una forte squilibrio numerico tra lavoratori attivi e pensionati, che ha spinto a successivi aumenti dell’età pensionabile e ad una più lunga permanenza degli individui nel mercato del lavoro [38]. Oltre a questo squilibrio, l’invecchiamento della popolazione ha determinato una riduzione del numero di potenziali occupati disponibili sul mercato del lavoro, che si intensificherà specialmente nei decenni a venire, a causa dell’ulteriore rapidissimo invecchiamento (al 2050 l’Istat prevede 41 anziani ogni 100 residenti) [39]. Tuttavia, non tutte le conseguenze di questo grande cambiamento sono state negative: l’aumento del numero di anziani nella popolazione è stato accompagnato da un significativo miglioramento della condizione dell’anziano. Si è allungata la vita media, per cui ad un sessantenne oggi restano in media oltre 20 anni di vita, rendendo gli italiani uno dei popoli più longevi del mondo [40]. Si sono allungati la vita attiva e il numero di anni vissuti in buona salute, tanto che si è modificata la soglia stessa della vecchiaia, oltrepassando ormai i 70 anni, età che tra pochi decenni è destinata a diventare quella minima per la pensione di vecchiaia [41]. Inoltre, condizioni di vita soddisfacenti nella terza età non sono più un’esclusiva solo di pochi e ricchi privilegiati, grazie all’au­mento generalizzato del reddito pro-capite [42]. Gli anziani di oggi in Italia sono quindi molto diversi da quelli del secondo dopoguerra: è emersa una nuova figura di anziano, mediamente più istruita e attenta al suo status e alle sue condizioni di salute, che si mantiene attivo facendo ginnastica e nuoto, partecipa alle attività di gruppi culturali e associazioni di volontariato, va in vacanza, avvicinandosi in tutto questo ai comportamenti degli anziani dei paesi [continua ..]


NOTE