Il saggio indaga la storia interna del potere di controllo del datore di lavoro – sulla attività del lavoratore – nella sua evoluzione diacronica dal codice civile al codice della privacy, passando per lo statuto dei lavoratori ed il Jobs Act.
Parole chiave: Lavoro subordinato – svolgimento dell’attività lavorativa - potere di controllo - fonti.
The essay analyzes the internal history of the employer’s power of control – over the worker’s activity – in its diachronic evolution from the civil code to the privacy code, considering the Statute of workers and the Jobs Act.
Keywords: Employee work – worker’s activity – power of control – legislation.
1. Potere di controllo del datore di lavoro fra tradizione e innovazione: definizione ed impostazione del tema di indagine - 2. Segue. Storia interna dell’istituto - NOTE
Il potere di controllo del datore di lavoro sulla attività del lavoratore concorre – con il potere direttivo e con quello disciplinare – ad integrare la subordinazione, elemento essenziale, come tale indefettibile, del rapporto di lavoro subordinato [1]. Condivide, coerentemente, la disciplina della esecuzione dello stesso rapporto – a partire dal principio di correttezza e buona fede – e, con essa, la tutela risarcitoria per le violazioni. Il potere di controllo sull’attività dei lavoratori, infatti, viene (recte: veniva) dal datore di lavoro esercitato – non solo direttamente o attraverso l’organizzazione gerarchica (artt. 2086 e 2104 c.c.) – ma anche tramite guardie giurate, personale di sorveglianza, estraneo alla stessa organizzazione, impianti di controllo occulto a distanza. Tale assetto normativo – radicato nel codice civile – è risultato, tuttavia, inidoneo – a prevenire e reprimere alcune cattive pratiche di controllo dell’attività del lavoratore, che negano qualsiasi tutela per la sua libertà. dignità e riservatezza – anche a voler prescindere dalla giurisprudenza, che ne ha aggravato (se possibile!) la inidoneità. Controllo sulla attività dei lavoratori – affidato, appunto, a guardie giurate oppure a personale di vigilanza occulto, ignoto agli stessi lavoratori – si coniugava, in tale prospettiva, con il controllo a distanza – mediante impianti audiovisivi ed altri strumenti – eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro [2]. Nella stessa prospettiva soccorreva, tuttavia, la giurisprudenza, che limitava la tutela risarcitoria – per responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, in dipendenza della violazione di quella normativa – al danno alla persona fisica del lavoratore, che ne derivi, con esclusione di qualsiasi rilievo per la lesione della sua dignità [3]. Al contrasto delle cattive pratiche di controllo datoriale prospettate – che hanno formato oggetto, almeno in parte, (anche) di indagine conoscitiva della Commissione lavoro del Senato, coeva alla discussione sul disegno di legge Brodolini (AS 738, 5° legislatura, cit. in nota) [4], che ha condotto all’approvazione dello statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970) – provvede lo stesso Statuto, laddove [continua ..]
Resta, in principio, la disciplina codicistica del controllo del datore di Lavoro sulla attività dei lavoratori. Tuttavia, risulta, ora, derogata – dallo statuto dei lavoratori (artt. 2-4), sin dal suo testo originario – per prevenire e reprimere le ricordate cattive pratiche di controllo datoriale. Resta, pertanto, il potere del datore di lavoro di controllare – direttamente o tramite l’organizzazione gerarchica aziendale – l’attività dei lavoratori. Risulta invece, vietato demandare lo stesso controllo a guardie giurate, personale di vigilanza – estraneo alla organizzazione gerarchica aziendale ed ignoto ai lavoratori – come il controllo a distanza, parimenti occulto, mediante impianti audiovisivi od altri strumenti. Si tratta, infatti, delle cattive pratiche di controllo datoriale, che lo statuto dei lavoratori intende prevenire e reprimere, assoggettandoli a divieti o condizionalità (vedi infra). Per quanto riguarda le guardie giurate, infatti, ne risulta stabilito [11] l’impiego – da parte del datore di lavoro – soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale con divieto contestuale di adibirle alla vigilanza sull’attività lavorativa. Coerente il divieto contestuale per le guardie giurate – di accedere nei locali dove si svolge tale attività, durante lo svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al comma 1 (tutela del patrimonio aziendale, appunto) – fermo restando, tuttavia, che il controllo della guardia giurata non può riguardare – neanche al difuori dei locali aziendali – né l’adempimento né l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, essendo l’inadempimento stesso riconducibile all’attività lavorativa, che è sottratta a suddetta vigilanza, ma deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili all’inadempimento dell’obbligazione, e ciò anche nel caso di prestazioni lavorative svolte al di fuori dei locali aziendali [12]. Ne risulta la restituzione delle guardie giurate ai loro compiti istituzionali [13]. Per la violazione della disposizione in esame (art. 2 stat. lav., appunto) è comminata la sanzione penale della ammenda e/o dell’arresto e la [continua ..]