Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Gli adeguati assetti organizzativi introdotti dalla riforma della Crisi d´impresa e gli impatti sugli stakeholder (di Andrea Di Cesare, Dottore commercialista, docente a contratto di Crisi di impresa e sicurezza sociale, Università Politecnica delle Marche)


Vengono sviluppate considerazioni sulle novità normative che introducono il concetto degli adeguati assetti organizzativi ampliando le responsabilità degli amministratori nella adeguata gestione aziendale tesa al presidio dei rischi, analizzando gli impatti su alcuni dei principali stakeholder: gli istituti di credito e i lavoratori. Viene quindi posto in rilievo il ruolo che questi ultimi possono svolgere nell’ambito della gestione dell’insolvenza alla luce della riforma operata dal d.lgs. n. 14/2019.

Parole chiave: Adeguati assetti organizzativi – Crisi d’impresa – CCII – Reporting, Merito creditizio – Classificazione dei crediti – Risk approach – Calendar provisioning – Early warning indicators – Forward looking.

The adequate organizational structures introduced from business crisis reform and their impact on the stakeholders

Considerations are developed on regulatory changes that introduce the concept of adequate organizational structures by expanding the responsibilities of managing directors in adequate company management aimed at managing risks, analyzing impacts on some of the main stakeholders: credit institutions and workers. The role that the latter can play in the management of insolvency is therefore highlighted in the light of the reform made by Legislative Decree no. 14 of 2019.

Keywords: Adequate organizational structures – Business crisis – CCII – Reporting – Creditworthiness – Credit Classification – Risk approach – Calendar provisioning – Early warning indicators – Forward looking.

SOMMARIO:

1. Cenni introduttivi: l’art. 2086, comma 2, c.c. - 2. Responsabilità dell’organo amministrativo - 3. Sistema di assetti e reporting - 4. La classificazione dei crediti e il calendar provisioning - 5. Il forward looking - 6. Lo sviluppo delle competenze nella ritrovata centralità della prospettiva lavorista - NOTE


1. Cenni introduttivi: l’art. 2086, comma 2, c.c.

Il regolatore dopo numerosi aggiustamenti e correttivi al testo della Riforma della Crisi di impresa (d.lgs. n. 14/2019) è ormai giunto alla definitiva cancellazione degli strumenti dell’allerta precoce che inizialmente rappresentavano l’elemento di maggiore novità alla Riforma stessa. Il regolatore è dunque intervenuto per focalizzarsi su strumenti utili a monitorare l’insorgenza di situazioni di squilibrio e prevenire l’emersione di contesti di crisi aziendale. In particolare, il novellato del secondo comma dell’art. 2086 del codice civile, introdotto dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (codice della crisi di impresa e dell’insolvenza o, per brevità, c.c.i.i.) e già in vigore a partire dal 16 marzo 2019, pone a carico dell’imprenditore che operi in forma societaria o collettiva il dovere di garantire all’interno della società la presenza di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile che sia coerente e adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Il regolatore evidenzia, inoltre, un altro concetto fondamentale di novità, ovvero che tale assetto debba essere adeguato a consentire una rilevazione tempestiva della crisi d’impresa; non si limita quindi a definire la natura organizzativa di tale assetto ma evidenzia lo scopo che ne deve derivare, qualificando come concludente il comportamento dell’imprenditore che, utilizzando nel continuo tali strumenti predittivi e di monitoraggio, deve attivarsi senza indugio per il superamento dello stato di crisi, anche con l’adozione e l’attua­zione di eventuali strumenti previsti dall’ordinamento utili al recupero della continuità aziendale. È noto che gli artt. da 375 a 384 del c.c.i.i., entrati in vigore dal marzo 2019, introducono importanti modifiche connesse al presidio degli adeguati assetti organizzativi. In particolare, l’art. 377 c.c.i.i., introducendo modifiche agli artt. 2257, 2380-bis, 2409-novies e 2475 c.c., pone enfasi sulla responsabilità degli amministratori che sono tenuti ad operare nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 2086 c.c. Le prime autorevoli interpretazioni alla lettura del nuovo secondo comma dell’art. 2086 c.c. focalizzano l’attenzione sugli obblighi in capo all’impren­ditore di porre in essere adeguati assetti organizzativi già nella fase di sviluppo ordinario [continua ..]


2. Responsabilità dell’organo amministrativo

Nel sistema delineato dalla nuova disciplina l’organo amministrativo è quindi investito del dovere di porre in essere adeguati assetti societari a presidio della continuità aziendale (art. 377 c.c.i.i.). Nello specifico, l’art. 378 c.c.i.i. ha inserito il sesto comma dell’art. 2476 c.c. prevedendo un rafforzamento della responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa, tanto che gli stessi rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. Tuttavia, ogni atto posto in essere nella gestione dell’impresa è potenzialmente idoneo a incidere sulla conservazione del patrimonio della società e l’amministratore non può essere ritenuto responsabile se la sua condotta, con riferimento al momento in cui è stata posta in essere, dunque ex ante, ed in relazione alle conoscenze ed elementi in quel momento disponibili, sia da ritenere conforme alla diligenza. D’altra parte, non sfugge che la gestione dell’im­presa comporta fisiologicamente un alto margine di rischio e richiede il riconoscimento di un ampio potere discrezionale in capo all’organo amministrativo in relazione alla scelta delle operazioni da intraprendere [7]. È noto infatti che, in virtù della cosiddetta “business judgement rule”, gli amministratori non possono essere chiamati a rispondere circa l’opportunità e la convenienza delle scelte gestionali da essi assunte che a posteriori si siano rivelate errate e dannose, potendo essere ipotizzata una responsabilità a loro carico solo nei casi in cui emerga che gli amministratori medesimi le abbiano adottate senza avere diligentemente valutato in via preventiva – se necessario, con adeguata istruttoria – i relativi margini di rischio, così da non esporre l’impresa a perdite altrimenti prevenibili [8].


3. Sistema di assetti e reporting

Come evidenziato anche recentemente dal Tribunale di Cagliari [9] la giurisprudenza appare concorde nell’affermare che la mancata adozione di adeguati assetti da parte dell’organo amministrativo di una impresa in crisi costituisca una grave irregolarità che impone la revoca dell’organo amministrativo e la nomina di un amministratore giudiziario [10]. Ritiene il citato Tribunale che altrettanto grave sia la mancata adozione di adeguati assetti di una impresa in situazione di equilibrio economico finanziario. Gli adeguati assetti, infatti, sarebbero funzionali proprio ad evitare che l’impresa scivoli inconsapevolmente verso una situazione di crisi o di perdita della continuità, consentendo all’organo amministrativo di percepire tempestivamente i segnali che preannunciano la crisi, consentendogli in tal modo di assumere le iniziative opportune. D’altro canto, una volta manifestatasi la crisi, la gravità della adozione di adeguati assetti si affievolisce e viene in massimo rilievo, invece, la mancata adozione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per fronteggiarla. In altri termini, la violazione della obbligazione di predisporre adeguati assetti è più grave quando la società non si trova in crisi, anche perché, del resto, proprio in tale fase essa dovrebbe avere le risorse, in primis economiche, per predisporre con efficacia le misure organizzative, contabili, amministrative. Appare dunque evidente che non si dovrebbe discutere di adeguati assetti finalizzati alla rilevazione della crisi, bensì di assetti gestionali che interessino tutte le fasi dell’impresa e ne pervadano l’operare nel continuo, supportando l’imprenditore nella preservazione e nell’accrescimento del valore. È del tutto evidente che tali assetti debbano essere intesi come l’insieme di strumenti che permettano agli organi amministrativi e alle funzioni di vertice dell’impresa di avere a disposizione, periodicamente, adeguata reportistica informativa che consenta di assumere con tempestività decisioni consapevoli basate sulla reale situazione aziendale e che permettano un’efficace e continuativo presidio dei rischi. Ritenere che la predisposizione di adeguati assetti sia solo un complesso di adempimenti formali utili esclusivamente a mettere a riparo gli organi aziendali e di controllo [11] da potenziali future [continua ..]


4. La classificazione dei crediti e il calendar provisioning

Un sistema così rappresentato è in linea con le più evolute tecniche di monitoraggio ad oggi in fase di implementazione presso i principali istituti di credito a seguito dell’evoluzione delle linee guida EBA (European Banking Authority) che forniscono raccomandazioni e best practice in ambito di concessione e monitoraggio del credito con l’obiettivo di prevenire e limitare nuove NPE (Non Performing Exposure) [13]. Proprio al fine di interloquire correttamente con uno dei principali stakeholder aziendali, la banca, appare di fondamentale importanza comprenderne le regole a cui deve sottostare in termini di concessione e monitoraggio creditizio e di provisioning. La valutazione dei crediti, in accordo con i nuovi principi contabili IFRS9 e con le linee guida di applicazione degli stessi tiene conto della classificazione di questi lungo tre differenti Stage che identificano la variazione del rischio rispetto alla prima rilevazione. Dunque, a ciascuno Stage corrisponde una differente metodologia di calcolo del livello di provisioning da parte degli istituti di credito. Se nel c.d. “Stage 1” si fa riferimento a crediti e posizioni attive a basso rischio, che non mostrano un significativo deterioramento del livello di rischio, nello “Stage 2” vengono in rilievo le posizioni creditizie considerate a rischio più elevato, che ad esempio evidenziano deterioramenti della probabilità di default (PD) tra data di valutazione e data di accettazione/acquisizione, ovvero crediti con sconfinamenti da 30 giorni, posizioni cc.dd. forborne performing, posizioni con PD più elevate (cosiddetti crediti sensibili), rapporti cc.dd. unrated originati da più di 6 mesi. Diversamente, nel c.d. “Stage 3” saranno collocate le posizioni creditizie cc.dd. non performing (NPL), quali i Past-Due 90 giorni, le posizioni “ristrutturate”, quelle unlikeky to pay, le cc.dd. sofferenze. Da tale configurazione dei livelli di provisioning emerge che gli stessi sono crescenti al crescere dello stage di classificazione. Se lo stage 1 rappresenta la classificazione meno onerosa per la banca, il 2 costituisce una classificazione ancora in bonis e quindi con un livello di accantonamenti contenuto, sebbene i primi segnali di allerta impongano attenzione e uno scambio di informazioni con l’impresa che permetta di scongiurare il progressivo deterioramento allo stage 3. [continua ..]


5. Il forward looking

Dall’esame delle Linee guida EBA espresse nelle “Guidelines on loan origination and monitoring” (LOM) sembra corretto affermare che le stesse sono coerenti con il nuovo comma 2 dell’art. 2086 c.c. È previsto infatti che i modelli organizzativi societari (MOG) includano la presenza di un sistema di risk governance che permetta una visione predittiva aziendale (c.d. forward looking) che consenta una trasparente coesistenza di informazione a favore dell’a­zienda e dei principali stakeholders (fornitori, dipendenti, clienti, banche ed erario). In tale ottica è significativo che l’approccio forward looking indicato dall’EBA prevede l’utilizzo della seguente documentazione aziendale, indispensabile per una adeguata analisi prospettica: business plan strategico e operativo; budget d’esercizio e di tesoreria a 12/18 mesi; valutazioni d’impatto in caso di scostamenti dagli obiettivi prefissati (stress test); valutazione sulla prospettiva di continuità aziendale [17]. Nello specifico la sostenibilità finanziaria deve essere valutata nel medio periodo (ad esempio cinque anni), così che assumono rilievo alcuni indicatori utili quali il Debt Service Coverage Ratio (DSCR) e la posizione finanziaria netta (indice della struttura finanziaria), rispetto la natura degli asset patrimoniali. Da quanto sin qui esaminato emerge dunque che sia l’EBA che il regolatore nazionale convergerebbero in una evoluzione culturale che spinge gli attori economico finanziari verso la direzione di un maggiore e più efficace controllo dei rischi attraverso lo sviluppo di un “sistema di assetti e reporting”. In particolare ciò dovrebbe favorire lo sviluppo anche nelle PMI di una rinnovata cultura del controllo e di presidio dei rischi che, partendo da un approccio valutativo retrospettivo (c.d. backward looking) di analisi aziendale storica e di verifica della situazione corrente, evolva verso un approccio valutativo prospettico (c.d. forward looking), così da avere ogni elemento predittivo utile a gestire situazioni di potenziale squilibrio e prevenire, per quanto possibile, scenari di crisi aziendale.


6. Lo sviluppo delle competenze nella ritrovata centralità della prospettiva lavorista

Sulla base di quanto esposto, il nuovo “Sistema di assetti e reporting” potrebbe consentire alle imprese, anche di piccole e medie dimensioni, di conseguire un significativo salto culturale nello sviluppo di una cultura aziendale attenta alle analisi predittive e al presidio dei rischi. Seguendo tale prospettiva si ritiene di fondamentale importanza che le imprese comprendano la valenza e la portata del quadro evolutivo che ha l’o­biettivo di creare valore ed evitare esiti meramente liquidatori [18], anche in considerazione del progressivo venir meno dell’intervento pubblico, che finiva per altro verso per obliterare il conflitto di interessi tra creditori e lavoratori dell’impresa insolvente [19], la cui necessità di bilanciamento non è peraltro mai venuta meno [20]. Questo dovrebbe ad un tempo obbligare e consentire alle imprese di dotarsi di nuove expertise, sia investendo nella crescita formativa di risorse interne da dedicare alle nuove attività, che nella assunzione di nuove figure professionali non presenti in azienda. In tale ottica appare dunque prioritario sviluppare strategie di formazione efficaci, prevedendo il giusto trade off tra consulenza specializzata esterna [21] e progressivo sviluppo di competenze interne all’azienda utili al monitoraggio nel continuo del complessivo “Sistema di assetti e reporting”. Si tratta a ben vedere di un cambiamento culturale che passa anche dalla accresciuta consapevolezza che le professionalità e le competenze disponibili costituiscono quel “capitale umano” che è fattore strategico per la creazione di valore e il miglioramento delle performance. Sembra allora corretto affermare che nell’ambito delle nuove modalità di gestione e prevenzione della crisi di impresa il rapporto di lavoro può ricoprire un importante ruolo di risoluzione, così rimettendo al centro le relative potenzialità, in una ritrovata attenzione per la prospettiva giuslavoristica [22], che peraltro anche nella vigenza della disciplina pre-riforma non ha mai perso la necessaria centralità [23], anche nell’ela­borazione giurisprudenziale [24]. Per altro verso, si tratterebbe di un approccio che andrebbe a beneficio diretto degli stessi lavoratori, così preventivamente tutelati quali stakeholder a diretto contatto con l’impresa stessa, della quale [continua ..]


NOTE