Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Dignità, lavoro e legalità o meglio legalità, lavoro, dignità (di Maura Ranieri, Professoressa associata di Diritto del lavoro dell’Università Magna Græcia di Catanzaro)


Il contributo analizza le relazioni intercorrenti tra legalità, lavoro e dignità in una prospettiva che tiene conto del carattere proteiforme della legalità, delle interrelazioni esistenti con la normativa di contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso, nonché, della necessità di considerare il tema tanto dal lato del prestatore di lavoro, quanto dal lato del­l’impresa. In particolare, l’Autrice si sofferma, dapprima, sul passaggio dal lavoro irregolare alla fattispecie penale dello sfruttamento lavorativo; successivamente, invece, esamina alcuni istituti cui è possibile ricorrere in specifiche situazioni ovvero amministrazione giudiziaria e controllo (giudiziario e volontario) dell’impresa. La disamina svolta consente al­l’Autrice di porre in rilievo alcune lacune e criticità che persistono nel contrasto all’ille­galità del e nel lavoro e di individuare taluni possibili correttivi.

Dignity, work and legality or rather legality, work, dignity

The essay deals with the relationship between legality, work and dignity in a perspective that takes into account the multiform character of legality, the interrelations with the legal framework of the contrast to the organised mafia crime and the need to consider the subject from the point of view of the employee and the enterprise. At first, the author focuses on the transition from the undeclared work to the criminal case of the labour exploitation; afterwards the author explores some legal tools which may be used in specific situations, namely the judicial administration and the enterprise control (judicial or voluntary). The examination carried out allows the author firstly to highlight loopholes and criticism that persist in the contrast to the illegality of work and within the work and secondly to identify possible corrective measures.

SOMMARIO:

1. Lavoro regolare e lavoro dignitoso: i termini di una (moderna) sineddoche - 2. Dal dedalo del lavoro irregolare alla via tortuosa dello sfruttamento lavorativo - 3. Amministrazione e controllo dell’impresa: tra opportunità e criticità - 4. Osservazioni conclusive - NOTE


1. Lavoro regolare e lavoro dignitoso: i termini di una (moderna) sineddoche

La triade dignità, lavoro, legalità può essere oggetto di approfondimento lungo diverse direttrici in ragione di variabili che spaziano dal campo di osservazione prescelto alla prospettiva interpretativa di chi quell’osservazione intende compiere. Ciò rende oltremodo utile dichiarare, sin dalle prime battute, l’ambito entro cui si tenterà di riflettere sul tema, così come la direzione, o per meglio dire, la cornice teorica entro cui tali riflessioni verranno collocate. Sicché se è evidente l’intenzione di scandagliare la suddetta triade in una prospettiva essenzialmente giuslavoristica, pare invece opportuno precisare che lo studio non si svolgerà sul piano tradizionale, e di certo più esplorato, delle categorie giuridiche (principio di dignità, principio di legalità, diritto/dovere al lavoro), bensì sul terreno meno arato, e a tratti impervio, dei nessi che intercorrono tra dignità, lavoro e legalità. A tal proposito, pur nella consapevolezza anche qui della molteplicità di assetti prefigurabili, è possibile muovere dall’esistenza di una relazione complessa che può, in modo diametralmente opposto, assumere le sembianze di un circolo vizioso o di un circuito virtuoso a seconda di se, come e quanto l’or­dinamento giuridico investa su di essa. Ma, tralasciando per il momento ogni deriva patologica, preme evidenziare come il radicamento e il funzionamento di un circuito virtuoso tra i tre termini passi da un duplice presupposto. Per un verso, infatti, il lavoro può essere elevato a trait d’union tra dignità e legalità, baricentro della suddetta relazione in maniera del tutto speculare a come «quel diritto che del lavoro porta il nome» [1] è riconosciuto quale prezioso barometro attraverso cui progettare modelli politici, economici e sociali [2]. Per altro verso se, su un piano generale, la legalità dell’ordinamento giuridico nazionale, e non solo, si misura sulla dignità tratteggiata dalla Carta costituzionale [3], su un piano più specifico, la legalità è «chiave di lettura del diritto del lavoro» [4] e, in egual misura, la legalità del e nel lavoro è premessa per lo svolgimento di un lavoro dignitoso. Vale a dire che il lavoro [continua ..]


2. Dal dedalo del lavoro irregolare alla via tortuosa dello sfruttamento lavorativo

Si è scritto, di recente, che «la storia del lavoro porta nel grembo l’inclin-azione allo sfruttamento e l’aspirazione a contenerlo» [23] e, infatti, per quanto la tensione tra legale e illegale, nonché la dilatazione dei confini di un’area a scapito dell’altra, sia innervata nell’evoluzione della disciplina giuslavoristica sin dalle origini, è pur vero che il tempo più recente ci consegna uno snodo concettuale, e regolativo, dirimente nella storia del diritto del lavoro. Il riferimento è al transito da una fattispecie che non c’è (il lavoro non conforme alla legge, replicando sul lavoro una nota espressione [24]) ad una fattispecie penale ovvero ad una fattispecie di reato inserita da quasi un decennio nel codice penale (art. 603-bis) e rubricata, per l’appunto, intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo. In un passato non poi così remoto, invero, la questione del lavoro illegale non trovava una collocazione sistematica attraverso la configurazione di una fattispecie giuridica né tantomeno, come anticipato, godeva di un solido bagaglio definitorio, come dimostra l’uso a tratti promiscuo del legislatore di un’espressione in luogo di un’altra [25] e gli sforzi della dottrina di metter ordine in un coacervo di declinazioni possibili [26]. Messaggi più rassicuranti, peraltro, non sono rinvenibili al di là dell’ordi­namento interno nazionali poiché, se pur non mancano interventi rilevanti in materia [27], non si può far a meno di evidenziare come una certa confusione qualificatoria si annidi anche nella dimensione sovranazionale e, in particolare, europea [28]. Tale confusione se, per un verso, ha concorso ad intensificare quanto già segnalato in merito al polimorfismo che l’illegalità può assumere nel lavoro, per altro verso, ha influito sulla molteplicità tipologica dei rimedi prospettati [29], se pur il periodo più vicino sia contraddistinto da una preminenza degli strumenti penalistici e repressivi culminati, su questo profilo specifico, con l’introduzione appunto del reato ex art. 603-bis c.p. La formulazione della fattispecie, oggetto di forti rimostranze da varie angolazioni [30], è stata rimaneggiata dal legislatore in occasione dell’approva­zione [continua ..]


3. Amministrazione e controllo dell’impresa: tra opportunità e criticità

Dopo aver esaminato le ricadute che l’illegalità del e nel lavoro determina sul lato del prestatore di lavoro è indicato accertare se e quali reazioni l’ordi­namento giuridico appronta sul versante opposto, ovvero dal lato dell’impresa. Anche in tal caso la molteplicità delle risposte impone una selezione che, in continuità con quanto dichiarato circa la centralità della tutela dell’organizza­zione in cui la prestazione è inserita, suggerisce di analizzare alcuni istituti indirizzati all’impresa che condividono la stessa collocazione sistematica e la medesima finalità, pur attraverso modalità e percorsi non coincidenti. A riprova, difatti, del ruolo che le mafie svolgono nelle economie legali, degli spazi che occupano nei comparti del sistema produttivo e della rilevanza che il recupero dell’impresa riveste all’interno di una complessiva strategia di contrasto, il Codice Antimafia (d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159) prevede misure che vanno dal sequestro e dalla confisca dell’impresa (artt. 20 e 24) all’am­ministrazione giudiziaria e al controllo, giudiziario o volontario, della medesima (artt. 34 e 34-bis). Si tratta di misure di prevenzione patrimoniali affini ma distinte quanto a presupposti, procedimenti, modalità di attuazione e finanche effetti se si riflette, ad esempio, sul fatto che mentre la confisca – di cui il sequestro è «atto prodromico» [52] – determina un mutamento nella titolarità della proprietà del complesso aziendale, gli istituti ex artt. 34 e 34-bis preservano la titolarità dell’impresa. Tralasciando gli istituti maggiormente invasivi e le ripercussioni che si possono produrre sulle relazioni di lavoro [53], si intende focalizzare l’atten­zione su amministrazione e controllo dell’impresa che, al netto di talune recenti e clamorose vicende, risultano strumenti ancora poco adoperati [54]. L’amministrazione giudiziaria, che si colloca nella scia evolutiva della c.d. sospensione temporanea introdotta nel 1992 [55], persegue, come precisato dalla giurisprudenza, una finalità preventiva e non repressiva ovvero «non […] punire l’imprenditore che sia intraneo all’associazione criminale, quanto […] contrastare la contaminazione [continua ..]


4. Osservazioni conclusive

In chiusura di queste riflessioni è indefettibile cercare di ricomporre le tessere di un mosaico policromo, quale appare quello risultante dall’intreccio legalità, lavoro, dignità. Un primo dato incontrovertibile è la centralità e l’attualità della tematica cui però consegue la drammatica e amara constatazione dell’incompiutezza del progetto costituzionale su questo versante. Vale a dire che dalla situazione lavorativa dei raccoglitori stagionali di arance della piana di Rosarno a quella dei riders che si assembrano in piazza XXVI maggio, in piazza Sant’Eustorgio o in qualunque altra via della metropoli lombarda e, dal lato opposto, dalla piccola azienda agricola calabrese alla ramificazione locale di una multinazionale il lavoro legale, e dunque dignitoso, è la questione all’ordine del giorno a prescindere, poi, che a svolgere attività di intermediazione sia un caporale di provincia, spesso anch’esso migrante, o piccole società di intermediazione. Questa consapevolezza si arricchisce, come argomentato, di due osservazioni cruciali che dall’analisi fenomenologica conducono a scelte di politica del diritto e, dunque, a norme, istituti e fattispecie. Da un lato, infatti, si è mostrata la significativa presenza delle mafie moderne nei settori nell’economia legale, di modo che ogni riflessione intorno al lavoro dignitoso non può astenersi da tale dato. D’altro canto, non è per nulla marginale che gli interventi legislativi più recenti in materia sperimentino connessioni con la normativa di contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso se non, addirittura, trovino una comune collocazione sistematica, come l’analisi di alcune disposizioni del Codice Antimafia ha mostrato. Dall’altro lato, si è appurata la limitatezza di qualsiasi ragionamento che si esaurisca in una prospettiva esclusiva: sia quella datoriale o, come molto più di frequente è accaduto, quella del prestatore di lavoro. In altre parole, una strategia che aspiri ad essere compiuta, prima ancora che efficace ed efficiente, deve te­nere insieme le parti del rapporto e i diritti contrapposti, oltre a tentare di com­por­re interessi privati ed esigenze pubbliche all’interno del quadro costituzionale. Alla luce di ciò, si rinsalda l’urgenza di assicurare [continua ..]


NOTE