Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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La dignità sociale come fondamento delle democrazie costituzionali (di Adriana Apostoli, Professoressa ordinaria di Diritto costituzionale dell’Università degli Studi di Brescia)


Il valore della dignità umana è emerso dal costituzionalismo novecentesco come un principio che trascende la dimensione statuale comprovando la vocazione universale dei diritti umani. Nella Costituzione italiana la dignità è stata ancorata saldamente a una dimensione sociale, attraverso la valorizzazione di un fitto intreccio di principi innovativi fra loro complementari, dall’uguaglianza sostanziale, in connessione con il principio solidarista, sino al principio lavorista, posto a fondamento della stessa democrazia repubblicana. La crisi valoriale del costituzionalismo innescata dalla spinta neoliberista del capitalismo globalizzato, dopo avere paralizzato la costruzione dell’Europa dei diritti, ha fatalmente penetrato anche il nostro ordinamento, frustrando l’ambizione di portare a compimento il programma costituzionale e, con esso, la piena garanzia dei diritti sociali.

Social dignity as a base in constitutional democracy

The value of the human dignity emerged from twentieth-century constitutionalism as a principle that goes beyond national levels, proving the universal vocation of human rights. In the Italian Constitution the dignity is more firmly anchored to a social aspect, through complementary innovative principles from essential equality to solidarity, till labor, founding the republican democracy itself.

The crisis of constitutionalism values triggered by the neoliberal global capitalism, once paralyzed the attempt of a Europe of rights, has penetrated our constitutional law. This crisis further frustrates the ambition to reach the constitutional achievement of social rights effective guarantee, as the inexorable progress of “substantial inequality” between the citizens demonstrates.

SOMMARIO:

1. Il valore della dignità umana nel costituzionalismo contemporaneo - 2. La dimensione sociale della dignità nella Costituzione italiana - 3. L’intreccio tra dignità e principi fondamentali (in primis quello lavorista) nella Carta costituzionale - 4. La crisi costituzionale della dignità sociale - NOTE


1. Il valore della dignità umana nel costituzionalismo contemporaneo

Uno dei tratti distintivi del costituzionalismo democratico del secondo dopoguerra è rappresentato dall’aver posto la dignità umana tra i valori su cui è costruita l’aspirazione universalistica delle posizioni dei singoli [1]. Nel fluire di questa corrente storica, la dignità umana è emersa dagli orrori delle guerre e dei totalitarismi novecenteschi venendo a rappresentare l’emble­ma stesso della vocazione universale dei valori del costituzionalismo. È in quel contesto, infatti, che la dignità è stata massimamente violata e svilita tramite la degradazione dell’uomo a semplice mezzo. Se nel costituzionalismo li­berale l’accento era posto sull’endiadi organizzazione (nel senso di limitazione) del potere e garanzia di libertà individuale, oggi il fulcro e il fine del costituzionalismo diviene la promozione della dignità della persona umana. In altre parole, la dignità umana permette di cogliere «lo spirito e l’essenza dell’intera Costituzione» [2]. È quindi a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale che la dignità umana trova la propria dimensione giuridica facendo ingresso, in posizione “superprimaria”, nelle Costituzioni degli ordinamenti statuali, divenendo un «ineludibile denominatore comune» grazie al quale è stato possibile creare «un nuovo statuto della persona e un nuovo quadro dei doveri costituzionali» [3]. In questo contesto storico la Carta ONU del 1945 e la Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948 hanno sin da subito contribuito a sottrarre il valore della dignità umana al monopolio di quegli ordinamenti che, in quello stesso arco temporale, l’avevano inclusa tra i propri principi fondamentali (la Costituzione francese del 1946, quella italiana e, naturalmente, la Legge fondamentale tedesca), facendo di essa un valore più che mai globalizzato [4]. Guardando agli attuali esiti di questo processo di virtuosa globalizzazione valoriale, si può dire che alcuni contenuti “minimi” della dignità umana si sono rivelati più facilmente esportabili al di fuori dell’alveo originario, mentre ve ne sono altri che paiono più strettamente legati all’esperienza dello stato democratico-sociale europeo di cui la dignità è, come si è [continua ..]


2. La dimensione sociale della dignità nella Costituzione italiana

Nella Costituzione italiana la valorizzazione della dignità umana risiede dunque nell’art. 2, nella parte in cui esso afferma che «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità». Ciò di cui l’organizzazione statale abbisogna è infatti «una definizione propriamente “sociale” della dignità che possa sostenere e legittimare diritti umani di persone concrete, in condizioni storiche, politiche e sociali date» [9]; altrimenti detto, i Costituenti hanno «specificamente considerato le varie posizioni dell’”uomo situato”» [10]. La «complementarietà tra la dignità e il finalismo della persona e il suo riconosciuto legame sociale» è infatti stringente: è un legame che bilancia i diritti inviolabili con i doveri inderogabili (art. 2), la libertà con l’eguaglianza (art. 3), i diritti civili con quelli politici; principi che sono tutti naturalmente intralciati da «“ostacoli” alla loro realizzazione nella struttura sociale data» e che richiedono il concreto intervento della Repubblica per poter essere effettivamente attuati [11]. L’imprescindibile collegamento nella Costituzione del “48 tra diritti inviolabili dell’uomo, diritti-doveri di solidarietà e garanzia della dignità risale all’ordine del giorno Dossetti: i principi allora affermati erano «quello dell’an­teriorità della persona umana rispetto allo Stato, quello del rango parimenti primario dei valori della dignità umana e i valori di socialità-solidarietà e quello relativo all’anteriorità dei diritti della persona e delle comunità sociali rispetto allo Stato» [12]. È pertanto sufficiente soffermarsi sull’articolo 2 – nel quale coesistono appunto il principio solidaristico e quello personalistico – per tastare le radici e la vocazione “costituente” della dignità. In un obiter dictum di una pronuncia del 1999, il Giudice delle leggi ha sancito che i diritti inviolabili dell’uomo tutelati dall’articolo 2 della Carta sono [continua ..]


3. L’intreccio tra dignità e principi fondamentali (in primis quello lavorista) nella Carta costituzionale

Come già messo in evidenza, il concetto di dignità sociale assume una veste di “cerniera” non solo tra i due commi dell’articolo 3 della Costituzione ma, più ancora, tra le due grandi tradizioni del costituzionalismo (di matrice liberale, l’una, e di matrice democratico-sociale, l’altra) che si incrociano continuamente in seno ai principi fondamentali e all’intera prima parte della Carta costituzionale. Infatti, la pari dignità sociale implica contemporaneamente differenti forme di tutela costituzionale: nell’ambito del primo comma dell’articolo 3, essa tutela anzitutto la pari dignità delle categorie sociali e cioè assicura che nessun ruolo, carica, posizione, “classe” o status dell’individuo possa di per sé giustificare l’attribuzione a quest’ultimo di una superiore importanza all’interno dell’ordinamento giuridico. In secondo luogo, la dignità sociale allude a una dimensione socio-eco­nomica legata indissolubilmente alle radici della nostra peculiare concezione di Welfare state, che permette di conciliare il dualismo persistente nella prima parte della Costituzione all’interno di una visione molto concreta della persona, tanto è vero che due delle tre disposizioni costituzionali che citano espressamente la dignità hanno riguardo ai rapporti economici. Nell’ambito del secondo comma dell’articolo 3, invece, l’implicito richiamo alla dimensione sociale della dignità umana è più profondo, poiché il riferimento ai fattori socio-economici della disuguaglianza è qui prevalentemente strumentale, nel senso che ha lo scopo di individuare gli ostacoli alla piena realizzazione della persona umana anzitutto nella sua dignità di politikòn zôon della costituenda comunità repubblicana. E il fattore unificante di questa comunità è, naturalmente, il principio solidaristico. La possibilità di effettiva realizzazione della dignità sociale è dunque strettamente collegata all’enunciazione costituzionale della solidarietà tra le persone; in quest’ottica si fa largo la nuova missione dell’essere umano, il quale, in virtù della dignità sociale che gli deriva dalla garanzia di una piena partecipazione alla vita economica, sociale e [continua ..]


4. La crisi costituzionale della dignità sociale

Come si è cercato di mettere in evidenza, la Carta del ’48 disegna un programma la cui realizzazione richiede un intervento attivo dei pubblici poteri, dal momento che l’effettivo godimento delle libertà e dell’egua­glian­za da parte di tutti i cittadini è subordinato alla rimozione degli ostacoli cui allude il secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione. Si pongono così le basi per una macchina statale molto solida, strumentale alla garanzia del «pieno sviluppo della persona umana» e dell’«effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione economica e sociale del lavoro» [49]. La forza precettiva della dignità sociale è oggi sotto attacco, principalmente per effetto delle note implicazioni del neocapitalismo globalizzato. La prospettiva che anima il tempo presente spinge infatti a una ridefinizione dell’ordine sociale che passa, anzitutto, attraverso l’abbandono del principio finalistico affermato dall’articolo 3 della Costituzione. La pari dignità sociale subisce un declassamento tanto nell’interpretazione del suo significato e delle sue implicazioni quanto nell’impegno profuso dagli attori politici per la sua attuazione, arrivando ad essere spesso unicamente intesa quale corollario del principio di eguaglianza. Eppure, proprio alla luce di quella strettissima connessione tra dignità, uguaglianza, principio solidarista e principio lavorista di cui si è ampiamente ragionato, dovrebbe essere ormai pacifico che qualsiasi svalutazione del valore costituzionale della dignità sociale implica fatalmente una crisi nell’attuazione del principio solidarista e lavorista e, più in generale, del programma sotteso dall’uguaglianza sostanziale. La cartina di tornasole per conoscere la reale consistenza della crisi della dignità sociale non può che essere il lavoro, sia per la straordinaria importanza che il sotteso principio assume nella nostra Costituzione, sia perché è proprio sulla concretezza del lavoro che si può misurare il successo o il fallimento della dignità sociale come ideale e come precetto [50]. Le tensioni e le usurpazioni che gravano sulla dignità (sociale e umana) sono ormai costanti, soprattutto quando la tutela dei diritti sia lasciata ai rapporti di forza tra due parti di cui una [continua ..]


NOTE