Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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L'oggetto del contratto di lavoro privato e l'equivalenza delle mansioni (di Enrico Gragnoli (Prof. ordinario di diritto del lavoro dell’Università di Parma))


Il saggio analizza la riforma legislativa in tema di jus variandi valutandone le conseguenze sulle forme di protezione della professionalità dei lavoratori e soffermandosi in particolare sui principi che regolano i criteri di determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto di lavoro.

Si sofferma, inoltre, sul compito, affidato alla contrattazione collettiva, di circoscrivere il potere unilaterale di variazione delle mansioni mettendo in evidenza il vuoto che si determinerebbe in assenza di una prescrizione legale come limite all’esercizio di un potere privato nel caso in cui la contrattazione collettiva non intervenisse.

The object of the private employment contract and the equivalence of tasks

The essay analyzes the legislative reform on ius variandi, assessing its impact on the different forms of protection of workers’ professional skills, in particular focusing on the principles governing the criteria for the determination or determinability of the object of the employment contract.

It focuses also on the function of limiting the unilateral power to change workers’ tasks attributed to collective bargaining agreements, highlighting the void that would result in the absence of a statutory limitation as restriction on the exercise of a private power in case the collective bargaining did not take place.

1. La determinazione delle mansioni e l’intervento del contratto collettivo nazionale Nel nuovo contesto aperto dal d.lgs. n. 81/2015, con l’identificazione delle mansioni equivalenti affidata, almeno in apparenza, al contratto collettivo [1], destinato a limitare l’esercizio del potere di modificazione dei compiti in senso cosiddetto orizzontale [2], si aprono interrogativi significativi non solo sull’e­quilibrio fra i diritti del prestatore di opere e le prerogative del datore di lavoro, ma sulla nozione di professionalità, sulla sua residua tutela e sull’oggetto del contratto [3]. L’intento del legislatore storico è accentuare lo spazio di iniziativa dell’impresa, secondo una logica sviluppata dal d.lgs. n. 23/2015 e nella convinzione per cui ciò potrebbe aprire migliori prospettive di efficienza delle aziende [4] e, in via mediata, consentire l’espressione di una sorta di domanda inespressa di manodopera, reperibile nel sistema economico e suscettibile di facilitare un migliore andamento occupazionale [5]. Ci si può chiedere quale impatto applicativo possa avere la revisione del­l’art. 2103 c.c., inerente a questioni sulle quali, almeno negli ultimi periodi, la sensibilità sociale è stata assai meno sviluppata di quella inerente il regi­me sanzionatorio in tema di licenziamenti. Non è scontata la scelta di rimettere all’art. 2103 c.c. la soluzione di questioni organizzative suscettibili di avere un rilevo macroeconomico, seppure indiretto. Nella prassi, non solo nelle aziende in crisi, nonostante sia rimasta l’idea di una valorizzazione del patrimonio di competenze del dipendente [6], il negoziato individuale è arrivato da tempo a esiti simili a quelli incoraggiati dal decreto n. 81/2015 e le sue innovazioni non sembrano sconvolgenti, rispetto alle risposte reperite nell’eser­cizio della loro autonomia dai datori e da una netta maggioranza di prestatori di opere [7], i quali, per esempio, a proposito degli accordi volti a evitare recessi [8], non mettono in discussione una precisa gerarchia [9] fra il valore della prosecuzione della loro collaborazione e la difesa del livello qualitativo delle loro mansioni [10]. Le conseguenze teoriche del nuovo art. 2103 c.c. sono significative, perché investono non solo l’idea stessa di professionalità e le forme della sua protezione [11], ma la determinazione e la modificazione del fare convenuto e del­l’oggetto del negozio individuale, tanto che, si è detto, “scompare quello che era stato nell’art. 13 St. lav. il concetto ‘cardine’ introdotto a tutela della professionalità (…), il limite sostanziale che ha circoscritto in modo incisivo l’esercizio dello ius variandi (…): il principio di [continua..]

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