Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

08/12/2018 - Ancora sulla distinzione tra lavoratori in trasferta e lavoratori trasfertisti

argomento: Editoriale

È estranea alla disciplina dell’art. 51, sesto comma, del testo unico delle imposte sui redditi, secondo l’interpretazione autentica del decreto legge 22 ottobre 2016, n. 193, art. 7 quinquies (convertito dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225), l’ipotesi dei lavoratori che non svolgono fuori sede “in via continuativa” la loro prestazione ovvero che non ricevono “in misura fissa” un’indennità o maggiorazione di retribuzione, in ragione delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, a prescindere dall’effettività della trasferta e indipendentemente dal luogo ove essa si è svolta.

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La sentenza applica l’art. 7 quinquies del decreto legge n. 193 del 2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 225 del 2016, norma che è molto chiara nello stabilire che solo la “contestuale esistenza” delle tre condizioni ivi previste (mancata indicazione nella lettera di assunzione della sede di lavoro, svolgimento in continua mobilità della attività lavorativa e corresponsione della indennità in misura fissa e continuativa) consente la applicazione della disciplina (retributiva e contributiva) del c.d. trasfertismo, perché, in caso contrario, ai sensi del capoverso dello stesso art. 7 quinquies, deve trovare applicazione la disciplina (retributiva e contributiva) della trasferta.

Peraltro, la sentenza fa propri i principi enunciati dalle Sezioni unite della Suprema Corte tramite la sentenza 15 novembre 2017, n. 27093, secondo cui “in materia di trattamento contributivo della indennità di trasferta, l’espressione , dell’art. 11 della legge n. 467 del 1984 e dell’art. 51, sesto comma, del testo unico delle imposte sui redditi, nonché dell’art. 48, sesto comma, dello stesso testo unico (nel testo risultante dalle modificazioni introdotte dal decreto legislativo m. 314 del 1997) deve essere intesa nel senso per cui l’eventuale carattere continuativo della corresponsione del compenso per la trasferta non ne modifica la assoggettabilità al regime contributivo e fiscale meno gravoso di quello stabilito in via generale per la retribuzione imponibile. L’art. 7 quinquies del decreto legge n. 193 del 2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 225 del 2016, che ha introdotto una norma retroattiva autoqualificatasi di interpretazione autentica del sesto comma dell’art. 51 del testo unico delle imposte sui redditi è conforme ai principi costituzionali di ragionevolezza e di tutela del legittimo affidamento e della creazione di certezza delle situazioni giuridiche, oltre che all’art. 117, primo comma, Cost., sotto il profilo del principio di preminenza del diritto e di quello del processo equo, consacrati dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.

In particolare, nel caso analizzato dalla sentenza in esame, non sono stati ravvisati né il requisito della “continua mobilità del dipendente” (giacché i prestatori operavano anche presso la sede aziendale), né il requisito della corresponsione “di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa” (giacché la indennità di trasferta era corrisposta dal datore solo per i giorni di effettivo lavoro “fuori sede”).