Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

24/01/2019 - La importanza della pensione complementare per la Unione europea

argomento: Novitá legislative

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di Valentina Zaccarelli, avvocato del foro di Modena

Introduzione

La libera circolazione delle persone è una delle libertà fondamentali garantite dalla Unione europea. Essa assume ancora più importanza quando a circolare sono i lavoratori, che si spostano da uno Stato membro a un altro per rispondere a offerte di lavoro.

Tuttavia, alcuni ostacoli limitano la mobilità dei lavoratori. Tra questi si ravvisano alcune legislazioni nazionali che disciplinano i regimi pensionistici complementari legati al rapporto di lavoro (cc. dd. pensioni professionali). In particolare, è scoraggiante la possibile perdita della pensione complementare nello spostamento da uno Stato membro a un altro.

Al fine di rimediare a queste limitazioni, la Unione europea ha adottato la direttiva 2014 / 50 / Ue, recepita dalla Italia con il decreto legislativo 21 giugno 2018, n. 88.

La previdenza complementare in breve.

La previdenza complementare è una forma di previdenza che si aggiunge alla previdenza obbligatoria, senza sostituirla.

Nello specifico, si tratta di una forma di previdenza volontaria alla quale il lavoratore sceglie di aderire. Possono aderirvi lavoratori subordinati, sia privati, sia pubblici; lavoratori autonomi; liberi professionisti; soci lavoratori di società cooperative; cittadini titolari di redditi diversi da quelli di lavoro e soggetti fiscalmente a carico di lavoratori.

La rendita è liquidata al momento del pensionamento quale rendita aggiuntiva alla pensione, costituita dai contributi versati.

A differenza della pensione obbligatoria, la pensione complementare è fondata su un sistema di finanziamento “a capitalizzazione individuale”. In altre parole, i versamenti confluiscono in conti individuali intestati ai singoli lavoratori e sono poi investiti nel mercato finanziario da gestori specializzati. Può trattarsi di azioni, di titoli di Stato, di titoli obbligazionari, di quote di fondi comuni di investimento, che nel tempo producono rendimenti variabili in funzione dell’andamento dei mercati finanziari e delle scelte di gestione.

Inoltre, rispetto alla pensione obbligatoria, la contribuzione è definita. Ciò significa il fatto che si sa quanto si versa e la prestazione finale dipende dalle somme versate e da quanto ha reso il loro investimento.

L’importanza della pensione complementare per la politica europea.

La libera circolazione delle persone è una libertà fondamentale per la Unione europea. Essa assume ancora più rilevanza quando a circolare sono i lavoratori, che si spostano da uno Stato membro all’altro per rispondere a offerte di lavoro.

Tuttavia, la mobilità dei lavoratori incontra degli ostacoli. Tra questi vi sono alcune legislazioni nazionali che disciplinano i regimi pensionistici complementari legati al rapporto di lavoro.

Il primo intervento in materia ha avuto luogo con la direttiva 98 / 49 / Ce, volta a salvaguardare i diritti alla pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all’interno della Comunità europea.

Di recente, è stata adottata la direttiva 2014 / 50 / Ue del Parlamento europeo e del Consiglio della Unione europea, volta ad agevolare in via ulteriore la mobilità dei lavoratori tra gli Stati membri migliorando la acquisizione e la salvaguardia dei diritti pensionistici complementari (cfr. considerando n. 5). La stessa direttiva specifica il fatto che gli Stati membri conservano la “piena responsabilità della organizzazione dei regimi” di previdenza complementare e, nello specifico, non sono tenuti a introdurre una legislazione che li istituisca (cfr. considerando n. 9).

Sono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva:

  • i regimi pensionistici complementari che non accettano nuovi iscritti attivi alla data di entrata in vigore della direttiva stessa;
  • i regimi pensionistici complementari oggetto di misure che comportano l’intervento di organi amministrativi istituiti dalla legislazione nazionale o di organi giurisdizionali al fine di mantenere o di ripristinare la loro situazione finanziaria;
  • i fondi di garanzia;
  • i fondi di compensazione;
  • i fondi di riserva;
  • il pagamento una tantum versato da un datore di lavoro a un lavoratore dipendente al termine del rapporto di lavoro non riferibile a un ente pensionistico (cfr. art. 2 della direttiva 2014 / 50 / Ue).

Inoltre, sono esclusi dall’ambito di applicazione i lavoratori che circolano all’interno di un solo Stato membro (cfr. considerando n. 6).

Il recepimento della direttiva europea da parte della Italia.

La Italia ha recepito la direttiva 2014 / 50 / Ue con il decreto legislativo 21 giugno 2018, n. 88, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 161 del giorno 13 luglio 2018.

Il decreto legislativo n. 88 del 2018 modifica la disciplina delle forme pensionistiche complementari contenuta nel decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, occupandosi, in particolare:

  • dei periodi di occupazione richiesti per mantenere il diritto alla iscrizione al regime pensionistico complementare;
  • del mantenimento della posizione individuale maturata presso la forma pensionistica complementare;
  • degli obblighi di informazione ai lavoratori.

Conclusioni

Un altro passo verso la parità di trattamento all’interno della Unione europea è stato compiuto.