Variazioni su Temi di Diritto del LavoroISSN 2499-4650
G. Giappichelli Editore

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Elementi di transnazionalità nel rapporto di lavoro: il difficile bilanciamento tra “pluralità” del fenomeno e “singolarità” delle tutele (di Susanna Palladini, Prof. associato di diritto del lavoro dell’Università di Parma)


Il contributo presenta il tema del lavoro nelle multinazionali, fenomeno in espansione a seguito del processo di globalizzazione che ha investito l’organizzazione delle imprese. Gli aspetti legati alla ricerca di una regola (o di più regole) in grado di governare in maniera equilibrata un sistema complesso che rischia di penalizzare i singoli lavoratori – asserviti spesso alle ragioni del mercato e del commercio – vengono anticipati e ricollegati ad una lettura che riconduce alla possibile individuazione di un ordinamento transnazionale del lavoro, in grado di produrre regole consuetudinarie ma cogenti, al fine di garantire la diffusione dei diritti fondamentali nella dimensione del­l’impresa multinazionale.

Elements of transnationality in the employment relationship: hard balance between “plural” framework and “singular” protection

The essay analyzes recent development about labor discipline in multinational companies, a phenomenon that is expanding as a result of the globalization process that has affected the organization of work. The aspects related to the search for a rule (or more rules) capable of governing in a balanced way a complex system that risks penalizing individual workers – enslaved to the reasons of the trade and market – are anticipated and linked to a reading that leads to the possible identification of a transnational labor order, capable of producing customary but imperative rules, in order to guarantee the diffusion of fundamental rights in the dimension of the multinational enterprise.

Keywords: labor law – multinational company – labor protection – corporate social responsibility – transnational regulation – soft/hard law.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Strumenti di disciplina delle tutele del lavoro a diffusione globale - 3. Diritto del lavoro transnazionale tra norme di applicazione necessaria e lex mercatoria - 4. Effettività delle tutele - NOTE


1. Introduzione

L’attenzione crescente alla dimensione transnazionale dei fenomeni sociali ed economici non ha mancato di interessare anche il diritto del lavoro, che già da tempo si interroga sulle possibili alternative ad uno schema di regolamentazione della prestazione, resa all’interno di un contesto legato ad organizzazioni produttive che superino i confini nazionali [1]. Lo sviluppo dell’economia capitalista su scala globale ha modificato in modo radicale il sistema produttivo, permettendo alle imprese di “mobilitare” strutture, personale, e partners commerciali su diverse aree geografiche, mantenendo, ed anzi inaugurando, in luogo della prossimità fisica, svariati e, per certi versi, ancora inesplorati modelli di collegamento funzionale [2]. Gli avanzamenti tecnologici, la riduzione dei costi di trasporto, l’eliminazione delle barriere commerciali e i differenziali salariali hanno poi reso possibile ed economicamente vantaggiosa la frammentazione della produzione, ed oggi che il fenomeno sembra aver raggiunto un punto di equilibrio, si impone una più accurata valutazione circa l’opportunità di una sua regolamentazione [3]. La diffusione del commercio tra economie non solo nazionali, ma, appunto, globali (su cui vd. il contributo di M.L. Vitali, in questo fascicolo), ha determinato specifici mutamenti anche per quanto riguarda il mondo del lavoro, che è andato via via perdendo di centralità di fronte all’imperante dominio delle dinamiche economiche. A fronte di questo, si è potuto assistere ad una sorta di “polarizzazione degli effetti”, diversificati tra lavoratori del Sud e lavoratori del Nord del mondo: i primi, hanno conosciuto una stagione di miglioramento delle condizioni di vita e contrattuali, mentre i secondi hanno beneficiato di un generale innalzamento della qualità professionale della prestazione. A questo processo si è però accompagnato, per i primi, la crescente “proletarizzazione” della forza lavoro, con tutto il corredo di intensificazione del lavoro ed eterogeneità delle condizioni occupazionali tipico di tale situazione [4]; mentre, per i secondi, a preoccupare è stato il rischio di esclusione dal mercato per i lavoratori meno qualificati, con l’innesco di allarmanti squilibri determinati dalla concorrenza al ribasso, in qualche modo provocata proprio [continua ..]


2. Strumenti di disciplina delle tutele del lavoro a diffusione globale

Per quanto ridimensionato – in concomitanza con la recente emergenza sanitaria che ha prodotto alcune inaspettate politiche di neo-protezionismo correlate al riavvio delle singole economie nazionali “bloccate” dai ricorrenti provvedimenti di sospensione delle attività e del lavoro – il commercio “globale” fra Stati non pare destinato ad una regressione che coincida con la sua scomparsa, garantendosi perciò la ripresa del dibattito sugli strumenti normativi che si offrono per contrastare fenomeni più o meno profondi di dumping sociale. La difesa dei diritti dei lavoratori trova nell’impatto con le regole che governano il commercio plurime proclamazioni di intenti, che stentano però a divenire cogenti in ragione del farraginoso coordinamento tra organizzazioni che rappresentano i primi (in particolare, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro – OIL) e i sistemi diffusivi del secondo (principalmente l’Organizza­zione Mondiale per il Commercio – WTO), che si traduce nell’assenza non solo di effettive verifiche, ma altresì di sanzioni efficaci allorquando sia riscontrato il mancato rispetto degli standards di tutele convenuti [15]. A questa prima considerazione, va aggiunta quella che riguarda la numerosità, ad oggi, dei documenti a vario titolo adottati e che riportano impegni di estensione e di conformità delle condizioni dei lavoratori coinvolti nei processi produttivi di volta in volta interessati dall’atto [16]; e che oltretutto divide lo spazio economico tra quello su cui interferisce il diritto comunitario, da quello che partecipa di regole internazionali [17]. Sia che essi provengano da sistemi or­dinamentali (come i trattati o gli accordi tra Stati, bilaterali o plurilaterali), sia che derivino da politiche proprie degli attori del commercio globale che si dotano di autoregolamentazione, ciò che si coglie è la progressiva erosione del rilievo del ruolo normativo statuale, soccombente di fronte al limite della extraterritorialità della legge interna. Se, da un lato, ciò può preoccupare in ragione della «polarizzazione, deregolazione, decentramento e disorganizzazione sociale» [18] che scaturisce dalla privatizzazione delle regole, dall’altro però apre alla sperimentazione di nuovi strumenti di disciplina, correlati in primis alla loro [continua ..]


3. Diritto del lavoro transnazionale tra norme di applicazione necessaria e lex mercatoria

Nella direzione indicata, di recupero di effettività alle regole e ai valori che si ricollegano al diritto del lavoro, viene ad essere centrale l’individuazione del meccanismo maggiormente funzionale allo scopo di assicurare il raggiungimento di tale obiettivo. Per garantire l’equilibrata regolamentazione del trattamento riservato al lavoratore, le tecniche legislative più diffuse si basano prevalentemente sull’uti­lizzo della norma inderogabile e della indisponibilità dei diritti, cui si aggiunge la previsione di un modello contrattuale “rigido”, e la previsione di tecniche di tutela dedicate [35]. L’esigenza di protezione del c.d. contraente debole, da cui i visti principi scaturiscono, può dirsi essenziale anche su scala globale; tuttavia, la proiezione su tale livello delle medesime soluzioni risulta non tanto ostacolata, quanto “prevaricata” dall’applicazione, ai singoli contratti di lavoro, delle legislazioni nazionali, rintracciate, nei rapporti con elementi di internazionalità, seguendo le regole del diritto internazionale privato. Il problema del conflict of laws si prospetta allorquando un rapporto di lavoro presenta ele­menti di estraneità rispetto all’ordinamento all’interno dal quale si è generato, e che può interessare le parti contraenti, così come il luogo di svolgimento della prestazione [36]. Nel nostro paese, l’individuazione a tali rapporti della legge applicabile è determinata da quanto previsto dalla legge n. 218/1995, che rinvia espressamente alla Convenzione di Roma del 1980; rinvio che però risulta sopravanzato dal Reg. (CE) n. 593/2008 (c.d. Regolamento Roma I) che si applica iure proprio ogni qualvolta debba essere individuata la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali. In estrema sintesi, e senza alcuna pretesa di completezza rispetto ad un tema vasto e che porterebbe lontano, se applicato alla valutazione del fenomeno del lavoro “scomposto” sulle aggregazioni d’im­presa multinazionali, il legislatore Ue ha ammesso il principio di libertà di scelta del diritto applicabile alle obbligazioni contrattuali nascenti da tale rapporto, a condizione che il livello di protezione concesso al lavoratore rimanga lo stesso di quello previsto dal diritto applicabile in mancanza di tale scelta. Dunque, «a differenza di quanto avviene [continua ..]


4. Effettività delle tutele

L’esitazione nel portare avanti una rimeditazione dell’agire delle imprese multinazionali, nei confronti dei diritti dei lavoratori in esse coinvolti, dovrebbe tramutarsi in sprone alla individuazione di una strategia di risoluzione dei problemi legati al benessere individuale e collettivo, introducendo condizioni che non limitino il mercato, ma lo indirizzino verso una crescita diffusa, che può apparire scontata nei paesi più evoluti, ma è invece da costruire negli ordinamenti più arretrati. Questo perché «il diritto del lavoro e i sistemi di welfare, cresciuti nell’ambito degli Stati nazionali ed esposti all’economia globale (e già in quella comunitaria) a permanenti giudizi comparativi in termini di efficienza, di costi e di produttività» [44] non devono diventare l’alibi per ritardare la promozione, anche percorrendo strade inusuali, dell’avanzamento della tutela del lavoratore e della sua occupabilità. Tra i possibili traguardi da raggiungere, certamente vi è quello di garantire al lavoratore coinvolto nell’impresa multinazionale un più agevole e meno costoso accesso alla giustizia. Nel parallelismo che si è cercato di delineare sopra tra lex mercatoria e lex transnazionale, dovrebbe essere superata la generale preclusione della remissione ad un arbitrato delle questioni attinenti al rapporto di lavoro. Se infatti, da un lato, in riferimento al commercio internazionale, la funzione di accertamento giudiziario è demandata con larga prevalenza ad arbitrati; dall’altro, al contrario, per i contratti individuali di lavoro resiste il principio di inarbitrabilità delle relative controversie. Per quanto si tratti di un principio che può dirsi di portata generale, vista la sua diffusione su quasi tutti i paesi sviluppati, ciò tuttavia non esclude che un suo ripensamento, suscitato dai ritorni positivi che potrebbero essergli riconosciuti, non sia invece da sollecitare. Le eventuali controversie transnazionali in materia di lavoro sono indirizzate al giudice nazionale, il quale si trova di fronte, molto spesso, a delicati problemi di diritto internazionale privato, non solo di non semplice composizione, ma nemmeno di riconosciuto equilibrio e soddisfazione delle conclusio­ni raggiunte [45]. Nell’ipotesi di contemplare un’eventuale lex transnazionale quale cornice di [continua ..]


NOTE