Il presente saggio si propone di analizzare le posizioni assunte dalla giurisprudenza e dalla dottrina spagnola sul tema del lavoro dei riders, con particolare riferimento alla figura del Trade, su cui inizialmente si era concentrato il dibattito qualificatorio. L’assenza nel sistema spagnolo di figure intermedie tra autonomia e subordinazione diverse dal Trade ha comportato il riconoscimento di tutele attraverso una sostanziale espansione del concetto di subordinazione diversamente da quanto avvenuto in Italia con il ricorso alle collaborazione eterorganizzate.
The goal of this paper is to evaluate conflicting positions on the so-called “riders dilemma” within Spanish case-law and doctrine.
This work focuses in particular on the issue of whether the legal category of “Trade” should be extended also to include riders. In loose terms, the absence of an intermediate category between self-employment and subordination in Spanish labour law complicates the status of riders and its regulation.
As a consequence, Spain has dramatically extended the notion of “subordination’ within its case-law. On the contrary, as it will be indicated in the conclusions, Italy has qualified the legal status of riders in terms of “hetero-organised collaborations’(collaborazioni eterorganizzate).
1. Introduzione - 2. Il sistema tendenzialmente binario del diritto spagnolo: trabajo subordinado y autónomo - 2.1. Trabajo subordinado: gli elementi di definizione della tipologia statutaria - 2.1.1. (segue) L’ajenidad: le teorie dottrinali e la posizione della giurisprudenza - 2.1.2. (segue) La dependencia - 2.2. Trabajo autónomo y trabajo autónomo económicamente dependiente (TRADE) - 2.2.1. (segue) i tratti in comune al lavoro autonomo c.d. classico - 2.2.2. (segue) le differenze sul piano sostanziale - 2.2.3. (segue) il peculiare regime formale del TRADE - 2.2.4. L’eterodirezione e l’eterorganizzazione nella figura del TRADE: spunti comparatistici - 3. Ajenidad y dependencia nel caso del lavoro in piattaforma: lavoro subordinato o TRADE? - 4. Riflessioni conclusive sulla dependencia tecnológica, anche alla luce della sentenza della Cassazione n. 1663/2020: i riders sono, quindi, «più subordinati che non» - NOTE
La nozione di subordinazione, al pari di ogni paradigma giuridico, non può sperare di godere del dogma dell’immanenza. Sebbene notoriamente il diritto mostri un atteggiamento vischioso rispetto a qualsivoglia allontanamento dal rigore definitorio, un’operazione di adeguamento – ingenerata dall’evoluzione economica, sociale e tecnologica – si dimostra imprescindibile per accogliere le sfide di qualificazione delle nuove relazioni di lavoro. Nello specifico caso della subordinazione, la sua identificazione nei termini classici di sottomissione assoluta mal si adatta alle forme di lavoro emergenti. In particolare, si dimostra anacronistica nell’ambito di sistemi produttivi sempre più flessibili, decentralizzati ed esteriorizzati, in cui la maggiore professionalizzazione rende flebile la necessità di istruzioni particolareggiate e la distanza tra lavoro manuale e intellettuale viene sempre maggiormente ad erodersi. Ne deriva la necessità di accogliere sfumature al concetto di subordinazione, che – nel caso dell’economia delle piattaforme digitali – possono mostrarsi nel loro aspetto più attenuato: quello della mera programmazione del lavoro, rispetto alla quale, il potere di controllo del datore di lavoro rimane sullo sfondo e viene esercitato secondo meccanismi inediti. Occorre, dunque, misurarsi con una nozione temperata di subordinazione, rispetto alla quale il limite esterno invalicabile è rappresentato dal divieto di adulterazione del tipo. Siffatto confine, tuttavia, non potrà essere tracciato in astratto, prescindendo dalla verifica del concreto atteggiarsi della relazione lavoristica. Questo parrebbe essere il punto di contatto tra le risposte mostrate dai diversi sistemi giuslavoristici chiamati a confrontarsi sull’attenuazione del concetto di subordinazione. In particolare, il sistema italiano e quello spagnolo, oggetto di analisi del presente saggio, sembrerebbero, prima facie, aver risposto ai problemi di qualificazione delle nuove forme di lavoro in termini assai divergenti. L’ordinamento giuridico italiano ha concentrato il problema qualificatorio – anche nel caso del lavoro in piattaforma – sull’asse delle collaborazioni, sia coordinata ex art. 409 c.p.c. [2], sia eterorganizzata, ai sensi dell’art. 2 d.lgs. n. 81/2015 [3], come modificato da ultimo dalla l. n. 128/2019. Il [continua ..]
Il sistema lavoristico spagnolo, al pari di quello portoghese e a differenza di quello francese e italiano, si fonda sulla presunzione di «lavoralità». Quest’ultima è contenuta nell’art. 8 E.T. che, testualmente, stabilisce «Se presumirá existente entre todo el que presta un servicio por cuenta y dentro del ámbito de organización y dirección de otro y el que lo recibe a cambio de una retribución a aquel». Detta presunzione – iuris tantum – deve essere letta avendo riguardo all’art. 1.1. dello stesso statuto che individua la tetralogia degli elementi essenziali alla definizione della relazione lavorativa subordinata: voluntariedad (volontarietà), l’ajenidad en los resultados (l’alienità dei frutti), la dependencia en su realización (la dipendenza) e la retribución de los servicios (la retribuzione) [16]. In ordine alla terminologia statutaria utilizzata per identificare il rapporto di lavoro non vi è uniformità di vedute. Secondo alcuna dottrina, essa può essere definita nei termini di trabajo por cuenta ajena, contrapponendola al trabajo por cuenta propria [17]. Siffatta nomenclatura, in realtà, non è da altra dottrina condivisa in quanto rifletterebbe solo uno degli elementi che individua il rapporto subordinato ossia l’ajenidad [18]. Così come la distinzione tra trabajo asalariado e non asalariado qualificherebbe la relazione unicamente rispetto all’elemento retributivo. Parrebbe, quindi, più corretto contrapporre il trabajo autónomo al trabajo subordinado, ossia giuridicamente dipendente, che verrebbe indiziato dall’esistenza di ordini esterni sull’esecuzione o realizzazione del lavoro, ossia per il «condicionamientos jurídicos en su realización» [19]. La logica binaria appena esposta entra in crisi a causa dell’evoluzione economica e sociale che da impulso a nuove forme di lavoro che faticano ad essere ricondotte naturalmente nell’una piuttosto che nell’altra categoria. Ciò porta da un lato alla «Huida del derecho del Trabajo» [20], ossia al tentativo di eludere la presunzione di subordinazione, affermando, [continua ..]
Al fine di individuare la relazione di lavoro subordinato si ricorre ad un sistema di cerchi concentrici complementari [27], a partire da quello più esterno rappresentato dalla presunzione di «lavoralità» ex art. 8 E.T. che comporta la generale riconduzione di tutte le relazioni sotto l’egida statutaria. L’ambito di applicazione si restringe, poi, attraverso la verifica della sussistenza dei requisiti indicati dall’art. 1.1. E.T., mediante una definizione generale di tipo includente, cui si affianca quella di tipo particolare, sempre includente, che accoglie i rapporti speciali espressamente menzionati dall’art. 2 dell’E.T. Il limite esterno, invece, viene tracciato in termini escludenti in via generale dall’art. 1.3. E.T., paragrafo g) [28] e in termini particolari attraverso l’elencazione individuata dal resto dell’art. 1.3. E.T. [29]. Per quanto concerne il primo criterio generale includente, esso riflette una tecnica definitoria positiva che qualifica il lavoro subordinato come attività libera, retribuita, dipendente e per conto di altri. Tenendo in disparte la volontarietà [30] e la retribuzione [31] che non mostrano connessioni dirette con il tema trattato in questa sede, l’analisi si concentrerà sull’inquadramento generale dei requisiti di dependencia e ajenidad.
L’ajenidad coincide, nella sua accezione giuridica stretta e tradizionale, con «il trasferimento della titolarità» [32]. Non esiste nella dottrina spagnola una visione univoca del concetto di ajenidad ed è utile ripercorrere le principali teorie [33] che definiscono in termini di “alterità” la relazione tra datore di lavoro e lavoratore. a) Teoria dell’alienazione del rischio [34] Il rapporto di lavoro vede contrapporsi il lavoratore – che svolge la prestazione e riceve una remunerazione – e il datore di lavoro che corre i rischi per la perdita o i danni della cosa o del servizio assunto. Il lavoratore è, dunque, estraneo al rischio d’impresa e percepisce il proprio salario indipendentemente dai risultati conseguiti dall’imprenditore [35]. Questa teoria sembra essere suffragata normativamente dall’art. 1.3 lettera f) E.T., che esclude la ricorrenza della relazione lavorativa statutaria nel caso in cui «La actividad de las personas que intervengan en operaciones mercantiles por cuenta de uno o más empresarios, siempre que queden personalmente obligados a responder del buen fin de la operación asumiendo el riesgo y ventura de la misma». Si obietta tuttavia che non si tratta di un criterio univocamente valido, considerato quanto previsto dalla legge 27 maggio 1992 n. 12 per il contratto di agenzia [36] . b) Teoria dell’alienazione dei frutti I frutti non sono attribuiti a chi effettivamente compie il lavoro ma al datore di lavoro, che è autorizzato a dirigere e controllare l’attività al fine di garantire l’importo e qualità del risultato. È come se il lavoratore cedesse anticipatamente il frutto della sua prestazione, cioè il bene realizzato o il servizio offerto, superando le teorie civiliste dell’accessione, specificazione e occupazione [37]. La naturale conseguenza di questa teoria è, dunque, che il rapporto tra dependencia e ajenidad è di tipo simbiotico. c) Teoria dell’alienazione in equità Questa tesi si basa su una nozione estesa di frutti, arrivando a ricomprendervi qualsivoglia risultato produttivo [38]. In questi termini, il datore di lavoro si appropria direttamente dei beni materiali ovvero si occupa della designazione del [continua ..]
La dependencia è definita come la soggezione del lavoratore all’organizzazione e alla direzione dell’impresario (art. 1.1. E.T.) [49] È il «somentimiento del trabajador a los poderes del empresario» [50], l’«inserción en el círculo rector y disciplinario empresiarial» [51]. La dependencia è, quindi, storicamente intesa come la conseguenza dell’ajenidad nella misura in cui, essendo i frutti della prestazione dell’imprenditore, sarà quest’ultimo ad avere la direzione del lavoro e il controllo sullo stesso. In tal senso, è inconcepibile la dependencia senza l’ajenidad [52]. Come ricordato nel paragrafo introduttivo, il concetto di dipendenza non può definirsi in modo rigido perché risente dell’evoluzione dell’organizzazione del lavoro. Sono, pertanto, da ritenersi superate le teorie che riconoscevano alla dipendenza un significato puramente economico ovvero squisitamente tecnico. Ne risulta che, ai fini dell’integrazione della dipendenza, non si dimostra imprescindibile né la soggezione economica né agli ordini tecnici dell’impresario. Ciò non significa che la piena autonomia e libertà di decisione rispetto alle indicazioni dell’imprenditore, qualificabili come meri obiettivi, escludano la relazione subordinata [53], dovendo esserci almeno una «acomodación o adaptatión de la actividad laboral a los objetivos y programas de la organización productiva» [54]. La relación è, pertanto, tendenzialmente laboral se la prestazione si qualifica nei termini di esclusività [55] e di personalità [56]; se viene svolta in un luogo di lavoro prestabilito [57], secondo un orario fisso [58] e con una retribuzione minima; se le ferie devono essere concordate e non meramente comunicate [59] e, soprattutto, se si riscontra la vigilanza dell’imprenditore sul risultato dell’attività d’impresa e il relativo esercizio di un potere di natura disciplinare [60]. Gli indici appena menzionati avrebbero quindi natura sussidiaria, mutuando il linguaggio utilizzato dalla giurisprudenza italiana. La loro presenza, dunque, è certamente [continua ..]
L’art. 1.1. E.T. fa riferimento, nella qualificazione della relazione lavorativa c.d. statutaria, a un concetto di dipendenza in accezione meramente tecnica, ossia la c.d. subordinación juridíca. Orbene, nell’ordinamento giuridico spagnolo la nozione di dipendenza può assumere anche un significato puramente economico quando ricorre la figura del trabajador autónomo económicamente dipendente (TRADE) [64]. Questa peculiare relazione di lavoro si caratterizza per una forte soggezione economica del lavoratore dall’impresa cliente. Proprio la spiccata dipendenza economica del lavoratore alla piattaforma aveva portato la giurisprudenza spagnola a definire il rapporto di lavoro dei riders nei termini di TRADE, escludendo, quindi, la subordinazione in senso tecnico. Si rende, dunque, necessario tracciare i profili di questa nuova zona grigia, a partire da quelli distintivi rispetto al trabajo autónomo. Quest’ultimo è definito come la realizzazione, in forma abituale, personale, diretta e per conto proprio, senza l’organizzazione e la direzione altrui, un’attività economica e professionale a scopo lucrativo che occupi o meno lavoratori dipendenti [art. 1.1. della c.d. LETA (la Ley 7567/2007)]. Si tratta di una definizione operata per esclusione [65], ossia mediante individuazione dell’area del lavoro autonomo appunto escludendo le relazioni che si connotano per eterodirezione ed eterorganizzazione, al pari di quanto accade nell’ordinamento italiano con l’art. 2222 c.c. Nell’ordinamento spagnolo, il lavoro autonomo, a differenza del lavoro subordinato, non conosce gradazioni. Si identifica in un concetto rigido dai contorni netti e precisi. In questi termini non può parlarsi di attenuazione dell’autonomia, quanto piuttosto di alterazione della subordinazione. Ciò porta ad escludere che il TRADE rappresenti una forma una forma affievolita di lavoro autonomo poiché, è bene ribadirlo, non si incide in alcun modo sulle modalità di realizzazione della prestazione. Come emerge dalla definizione offerta dall’art. 11 LETA, il TRADE svolge, al pari di un lavoratore autonomo, un’attività economica e professionale di tipo abituale, personale, ma, ed in questo se ne distanzia, [continua ..]
Al pari di un lavoratore autonomo, il TRADE deve «Disponer de infraestructura productiva y material propios, necesarios para el ejercicio de la actividad e independientes de los de su cliente, cuando en dicha actividad sean relevantes económicamente (lettera c)». In realtà questa previsione può perdere forza scriminante quando le prestazioni non necessitano, per la loro realizzazione, di un complesso apparato organizzativo. Ciò significa che tal elemento assume un valore differenziato a seconda del tipo di attività svolta. Ne consegue che la sua valutazione debba essere operata caso per caso. Può, difatti, accadere che la struttura organizzativa sia propria dell’imprenditore-cliente ma che si riveli secondaria rispetto alla qualità dell’attività prestata. Alla previsione di una struttura produttiva propria del TRADE, segue, quale sub-specie del lavoratore autonomo, l’assunzione del relativo rischio d’impresa, che comporta la percezione di «una contraprestación económica en función del resultado de su actividad, de acuerdo con lo pactado con el cliente y asumiendo riesgo y ventura de aquélla. (lettera e)».
Il TRADE non deve «tener a su cargo trabajadores por cuenta ajena [71] (lettera a1)», a differenza di quanto previsto all’art. 1.1. LETA per i lavoratori autonomi c.d. classici. L’esclusione concerne qualsivoglia tipologia contrattuale di lavoro, ivi compresa quella di lavoro temporaneo. Peraltro, a differenza di quanto accade per il lavoratore autonomo, la qualità di TRADE non è cumulabile con quella di imprenditore [72]. Questi requisiti non devono sussistere unicamente al momento dell’instaurazione della relazione con l’imprenditore o il cliente ma devono persistere per tutta la durata del contratto. In difetto, la conseguenza non è la risoluzione del rapporto quanto l’applicazione del regime del lavoro autonomo. Ci sono delle eccezioni rispetto al divieto appena menzionato che consentono al TRADE di assumere il ruolo di impresario nei termini previsti dall’art. 1.2. del E.T [73]. Così come l’art. 11 della LETA consente in alcune peculiari evenienze di assumere un unico lavoratore subordinato ossia nel caso di: 1) gravidanza a rischio ovvero durante l’allattamento di un bambino di età inferiore a 9 mesi; 2) durante la maternità ovvero permesso per adozione ovvero ancora per ricongiungimento familiare [74]; 3) nel caso in cui il lavoratore abbia a proprio carico un minore di sette anni; 4) per prendersi cura di un famigliare o affine entro il secondo grado che sia in una situazione di dipendenza ovvero 5) di incapacità legale uguale o superiore al 33 per cento, incapacità, debitamente riconosciuta. Nelle ipotesi indicate ai numeri 3, 4 e 5 il lavoratore può essere assunto con un contratto che individui un numero di ore equivalente alla riduzione effettuata dal TRADE con il limite del 75% della giornata di un lavoratore a tempo pieno, computato su base annuale. Questo comporta l’estensione al lavoratore del disposto dell’art. 12 E.T. La possibilità di assumere un lavoratore dipendente è circoscritta al mantenimento delle situazioni summenzionate (ad es. il raggiungimento del settimo anno di età per il minore ovvero nel caso di incapacità per una durata massima di dodici mesi). Anche qualora ricorrano due o più degli eventi suddetti, il limite dell’unico lavoratore [continua ..]
La legge prescrive, poi, alcuni requisiti formali decisamente più rigorosi per il TRADE rispetto al lavoratore autonomo. Difatti, mentre per quest’ultimo l’art. 8 LETA stabilisce un principio di libertà di forma nella contrattazione, nel caso del TRADE è necessaria la formalizzazione per iscritto del contratto e l’iscrizione nel registro. Si potrebbe, quindi, concludere, prima facie che siffatta previsione, assegni un vero e proprio carattere pubblicistico alla relazione. In verità, occorre guardare all’ambito di applicazione soggettivo dell’obbligo, oltre che alla sua valenza. In ordine al primo elemento, la pubblicità è limitata ai soli iscritti e il suo scopo viene individuato nel «de quen puedan solicitar la expedición de un certificado sobre los asientos del Registro quel es afcten» [76]. Quanto al valore della formalizzazione occorre chiedersi se sia prevista ad soleminitatem ovvero ad probationem. Sul contrasto è intervenuto il Tribunale supremo che ha riconosciuto il valore meramente probatorio della forma scritta richiesta per il contratto e, al contempo, ha negato la valenza costitutiva della pubblicazione nel registro. La forma scritta, dunque, ha l’unico obiettivo di agevolare la prova dell’integrazione dei requisiti richiesti dalla legge per la figura del TRADE [77]. Sul punto è poi tornato il legislatore spagnolo nel 2011 [78], mancando, tuttavia, di prendere posizione in ordine al valore della forma. Ciò che la riforma, invece, precisa è la conseguenza della mancata formulazione per iscritto del contratto che viene individuata nella trasformazione del contratto a tempo indefinito, senza, però, incidere sulla validità del contratto o sulla qualificazione nei termini di lavoro autonomo economicamente dipendente [79]. Il lavoratore può sollecitare la formalizzazione del contratto mediante una richiesta formale e qualora l’impresa-cliente si rifiuti ovvero non risponda entro un mese, può attivare il meccanismo giudiziale previsto dall’art. 11-bis LETA [80]. Il lavoratore, rivolgendosi al Tribunal de lo Social, può ottenere il riconoscimento della qualità di TRADE, anche se detta sentenza, di carattere dichiarativo, non produce effetti per il momento [continua ..]
Una volta tentato di definire il TRADE, occorre comprendere, nell’ambito di una valutazione comparatistica, se esista nel sistema giuslavoristico italiano una figura che possa definirsi omologa. Si tratta di un raffronto che ha ad oggetto la zona grigia rappresentata dalla parasubordinazione, che nell’ordinamento italiano è occupata dalle collaborazioni coordinate e continuative di cui all’art. 409 c.p.c. nonché da quelle eterorganizzate ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 81/2015, come modificato di recente. Se si assume come unico profilo di confronto la previsione dell’assorbente requisito economico del 75%, si deve concludere che non vi sia alcun punto di contatto tra la zona grigia spagnola e quella italiana. La questione potrebbe, pertanto, essere liquidata in termini dicotomici per cui alla dipendenza economica spagnola si contrappone quella giuridica italiana. Questo requisito, difatti, non è prescritto espressamente nelle collaborazioni coordinate e continuative ex art. 409, n. 3 c.p.c. ed era anche incompatibile con la previsione normativa dell’art. 2 del d.lgs. 81/2015, nella parte in cui imponeva l’esclusività della collaborazione. Per quanto concerne quest’ultime, il legislatore italiano è intervenuto con la legge 8 novembre 2019, sostituendo la previsione di esclusività con quella di prevalenza. Quest’ultima potrebbe essere identificata quantitativamente nei termini del 75% indicato dalla LETA. O quantomeno non vi sono apparenti ragioni per escludere che il 75% degli introiti possa integrare la prevalenza cui l’art. 2 citato fa riferimento. Ne risulta, per l’effetto, che non si possa decretare una radicale incompatibilità strutturale tra le collaborazioni eterorganizzate e il TRADE sulla base del requisito di dipendenza economica. Del pari può concludersi rispetto alle collaborazioni ex art. 409 c.p.c., dal momento che la norma, espressamente qualificatoria, nulla prevede in ordine alla prevalenza-esclusività dell’attività svolta. In altri termini, nessuna delle collaborazioni suddette può dirsi ostativa rispetto all’integrazione, in astratto, del requisito di dipendenza economica peculiarmente ricollegato al TRADE. La comparazione perciò deve spostarsi sull’altro profilo di confronto, quello della dipendenza [continua ..]
L’inquadramento delle nozioni di subordinazione, autonomia e di lavoro autonomo economicamente dipendente si dimostra necessario per comprendere le soluzioni qualificatorie individuate dalla dottrina e giurisprudenza spagnola in tema di lavoro in piattaforma. A differenza della giurisprudenza italiana, che sembra escludere l’individuazione delle caratteristiche della subordinazione ai sensi dell’art. 2094 c.c.[84], quella spagnola ne sembra sempre più convinta, nonostante in un primo momento avesse riconosciuto la ricorrenza della figura del TRADE. D’altronde, a questa qualificazione fanno riferimento i contratti di lavoro stipulati dalle diverse piattaforme, oggetto di impugnazione nelle pronunce che verranno qui menzionate. Punto di partenza comune – riscontrabile non solo nella giurisprudenza spagnola [85] – è la presa d’atto che le note di ajenidad e dependencia non siano di agevole valutazione, considerato che si tratta di concetti giuridici dotati di notevole astrazione [86]. Devono, dunque, essere apprezzati scendendo nel piano delle concretezze [87], tenendo conto che, gli indici indicati nei paragrafi precedenti, potrebbero ricorrere in forma attenuata o, in alcuni casi, non ricorrere nella loro totalità, a seconda dell’attività che viene in rilievo [88]. La giurisprudenza, poi, nello scrutinio volto a qualificare la natura della relazione di lavoro, deve tenere in adeguato conto che ogni piattaforma e ogni relativo contratto di lavoro stipulato presenta profili peculiari che rendono inservibili soluzioni generaliste. a) proprietà dei mezzi organizzativi Primo terreno di scontro tra le diverse pronunce è l’individuazione dei mezzi indispensabili per l’esecuzione della prestazione e la loro relativa proprietà. Secondo un primo filone, sostenuto anche dall’avvocato generale nel caso di Uber, proprietaria degli elementi organizzativi indispensabili per lo svolgimento dell’attività è la piattaforma. Il lavoratore possiede unicamente mezzi accessori o complementari – consistenti nel mezzo di locomozione e nel telefono cellulare – che mancano di rilevanza rispetto al contributo dell’azienda che si sostanzia nella piattaforma [90]. È, difatti, l’applicazione ad organizzare il lavoro [91], [continua ..]
I due orientamenti giurisprudenziali esaminati presentano delle problematiche che ne rendono difficile la piena condivisione. Per quanto concerne la teoria del TRADE, essa si scontra con lo scoglio dell’eterorganizzazione del lavoro da parte della piattaforma, espressamente vietata dalla LETA, che ammette unicamente l’esistenza di direttive tecniche. D’altronde, tra le righe della sentenza del Tribunale Superiore Sociale di Madrid sopra citata, si legge che la figura del TRADE è incompatibile con qualsivoglia forma di dipendenza giuridica, anche attenuata, appartenendo al genus del lavoro autonomo. Invero, anche il riconoscimento in capo al rider di un rischio d’impresa, sembra difficile da sostenere, atteso che ad essere collocata sul mercato è la piattaforma, e riconosciuto, inoltre, che l’assegnazione delle consegne del rider è operata dalla stessa, la quale commina misure paradisciplinari nel caso di erronea o mancata consegna. In estrema sintesi, l’asserzione della completa mancanza della dependencia e ajenidad nel caso del lavoro in piattaforma parrebbe quantomeno forzata, perché significherebbe ammettere che si è in presenza di una relazione di lavoro puramente autonoma dal punto di vista giuridico, sebbene economicamente dipendente. Così opinando, si dovrebbe ammettere che il rider possa procacciarsi il lavoro. Invece, la prassi, emersa nelle istruttorie probatorie, individua una completa passività dello stesso che si limita ad attendere l’assegnazione della consegna da parte di un’applicazione sulla base di meccanismi che, peraltro, ad oggi non sono neppure pienamente intelligibili. D’altro canto, tuttavia, ammettere l’esistenza di una relación laboral, mantenendo il paradigma classico di dependencia, parrebbe altrettanto difficile [124]. Occorrerebbe, invero, secondo parte della dottrina spagnola, l’accoglimento di una nozione di dipendenza temperata [125]. Queste attenuazioni, tuttavia, non hanno ancora trovato uno spazio normativo, atteso che il legislatore evita di individuare nuove “zone grigie”, consapevole di quanto queste siano foriere di incertezze. D’altronde, gli ordinamenti, come quello italiano, che hanno allargato le maglie della subordinazione hanno, di fatto, cambiato il [continua ..]